Si tratta infatti di Esc, Astra, Angelo Mai, la Torre, il Corto
Circuito e l’Intifada, spazi assegnati in Delibera 26 – che dal 1996 ha
consentito la proliferazione e l’esistenza dell’autogestione a Roma – la
cui riacquisizione forzosa è stata ordinata con la Delibera 140 durante
la Giunta Marino, è passata per le forche caudine del commissariamento
Tronca ed è finita nel pantano politico della Giunta Raggi.
Vale la pena ricordare forse che la
vicenda scaturisce da un’inchiesta per danno erariale nei confronti dei
dirigenti del Comune di Roma istruita da un giudice della Corte dei
Conti e ormai conclusa confermando la legittimità delle assegnazioni e,
in mancanza di titoli, di utilizzo da parte di soggetti sociali che ne
preservino l’integrità e l’utilizzo. Conferma inoltre l’impossibilità
della messa sul mercato di tali immobili e quindi l’illegittimità della
richiesta di canoni di mercato.
Malgrado ciò, la contestazione dei
debiti imputati agli spazi sociali tornano oggi ad essere l’escamotage
per minacciare lo sgombero e per costruire mediaticamente lo scandalo
del debito dell’autogestione nei confronti della città. Così come anni
fa hanno subito l’onta di esser confusi con affittopoli, oggi l’indebita
riscossione di canoni non dovuti minaccia di nuovo i laboratori di
partecipazione e autogoverno in territori aggrediti dalla deriva
razzista, fascista e criminale, dalla speculazione e dall’abbandono. I 6 spazi si aggiungono agli altri 22,
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