Già nelle ultime settimane le
sensazioni sulla partecipazione al corteo nazionale a Roma erano più
che positive. In pochi avrebbero però potuto immaginare cio' che nel
pomeriggio di sabato si è realmente materializzato per le vie della
capitale. Circa 15 mila persone in piazza compatte e determinate a
dire no al razzismo di Stato e convinte che con la lotta è possibile
fermare l'infame "decreto-sicurezza" di Salvini, e con esso
la norma "antipicchetti" contenuta nell'articolo 23. Una
mobilitazione che è cresciuta attraverso centinaia di assemblee nei
posti di lavoro e che ha portato a Roma migliaia di lavoratori in 152
autobus provenienti da tutta Italia. In piazza una marea di facchini
e lavoratori dei vari settori del SI Cobas come non si era mai vista.
Ma non solo: oltre ai movimenti che da sempre sono vicini e solidali
con le nostre lotte (movimento per il diritto all'abitare di Roma,
disoccupati napoletani, centri sociali e realtà antagoniste), forte
è stata la presenza di nuove realtà che si sono unite nelle ultime
settimane al percorso di costruzione della mobilitazione: su tutti
gli immigrati di Castelvolturno, la comunità bengalese di Roma, i
Rom di Messina e un nutrito spezzone
studentesco con in prima fila il collettivo del liceo Mamiani di Roma, unico istituto occupato della capitale. Il tutto nel più totale oscurantismo dei media, sia di stato che privati: mentre giornali e televisioni di ogni tipo puntavano le loro telecamere su qualche decina di fascisti che tentavano un blitz nel vicino quartiere di San Lorenzo per speculare su un episodio di cronaca nera, non una sola parola è stata detta, non una sola riga è stata scritta su una manifestazione che ha portato in piazza migliaia e migliaia di lavoratori.
studentesco con in prima fila il collettivo del liceo Mamiani di Roma, unico istituto occupato della capitale. Il tutto nel più totale oscurantismo dei media, sia di stato che privati: mentre giornali e televisioni di ogni tipo puntavano le loro telecamere su qualche decina di fascisti che tentavano un blitz nel vicino quartiere di San Lorenzo per speculare su un episodio di cronaca nera, non una sola parola è stata detta, non una sola riga è stata scritta su una manifestazione che ha portato in piazza migliaia e migliaia di lavoratori.
Si tratta di una censura praticamente
senza precedenti: ciò tuttavia ci sorprende poco, poichè è il
segno tangibile di quanto risulti scomoda la nostra iniziativa
nell'epoca del razzismo di stato e delle isterie securitarie pilotate
ed alimentate dai piani alti del potere. A dispetto del silenzio dei
media, il successo dello sciopero di venerdi era già stato un
importante banco di prova di quel che poi è accaduto l'indomani. Da
anni a questa parte è tutt'altro che scontata la partecipazione
massiccia agli scioperi proclamati su tematiche di carattere
generale, quindi politici: i lavoratori del SI Cobas in primis nella
logistica e nel settore della lavorazione carni, hanno invece
risposto ancora una volta in maniera decisa e compatta, con livelli
di adesione allo sciopero che quasi ovunque hanno rasentato il 100%,
dimostrando ancora una volta che questo movimento, per quanto agisca
in netta controtendenza rispetto al restante mondo del lavoro,
continua ad estendersi e a diffondere l'"anomalia" della
logistica verso dimensioni di conflitto ben più ampie: un dato che,
d'altronde è confermato anche nei magazzini del nord est, dove il
principale punto di riferimento dei lavoratori è l'ADL Cobas e dove
le percentuali di adesione allo sciopero sono state analoghe. Il
fatto che in diversi magazzini e luoghi di lavoro si sia registrata
una partecipazione anche da parte di lavoratori iscritti a sigle
sindacali che non avevano aderito allo sciopero, è un segnale chiaro
di richiesta di un'azione sindacale forte e coerentemente autonoma
dai teatrini della politica borghese e istituzionale: una necessità
che ora è percepita solo da una piccola minoranza di lavoratori
italiani, ma che tenderà a diffondersi sempre piu' man mano che
inizieranno a svanire le speranze e le illusioni su questo governo e
non appena le promesse dei 5 Stelle si sveleranno essere poco più
che aria fritta, tanto più a fronte dello spettro sempre più
concreto di una nuova crisi capitalistica internazionale di grandi
dimensioni. Nelle settimane che hanno preceduto lo sciopero abbiamo
assistito alla resa senza condizioni di quel che resta della
"sinistra" e del sindacalismo di base. Tra chi, pur
consapevole della gravità degli attacchi portati avanti dal governo
(suggellati coi fatti di Riace e di Lodi) rinuncia o e' titubante a
mettere in campo mobilitazioni perché consapevole di aver perso il
seguito e la fiducia dei lavoratori e delle classi oppresse, chi
scende in piazza guardandosi bene dal prendere posizione in maniera
chiara rispetto al governo nell'illusione di "incalzarne il
programma", e chi apertamente strizza l'occhio non più solo ai
5 Stelle ma persino alla Lega, stiamo di fatto assistendo alla fine
ingloriosa della quasi totalità delle aree politiche e sindacali
che, orfane di un riformismo che non c'è più, non hanno null'altro
da proporre ai lavoratori se non la capitolazione e la subalternità
al capitalismo, sia esso nella veste dell' "opposizione"
liberale, europeista e "antifascista", sia che si tratti di
rendersi a tutti gli effetti complici del razzismo di stato con la
scusa del "sovranismo", in chiave "anti- UE" o in
attesa che il governo elargisca qualche elemosina sotto forma di
reddito di cittadinanza.
I 15 mila in piazza ieri a Roma sono la
dimostrazione più chiara di come sia possibile e necessario, qui ed
ora, ricostruire nel nostro paese un'ipotesi chiaramente classista,
anticapitalista ed internazionalista, chiudendo definitivamente i
conti con le macerie del passato, nella chiarezza dei contenuti e
delle parole d'ordine e liberi ed autonomi da ogni sterile
riproposizione di cartelli e ammucchiate, utili soltanto a tenere in
vita i residui di un ceto politico e sindacale che non ha più nulla
da offrire ai lavoratori e ai proletari.
Che un piccolo sindacato come il SI
Cobas sabato abbia dato vita alla più partecipata e combattiva
manifestazione degli ultimi anni (di certo la più grande dalla
nascita del governo giallo-verde) è un dato che dovrebbe quantomeno
far riflettere.
Per quel che ci riguarda, si tratta di
un successo che da un lato certifica che il SI Cobas oggi rappresenta
su scala nazionale la principale opposizione di classe a questo
governo razzista e reazionario, dall'altro, e al tempo stesso, ci
carica di nuovi compiti e responsabilità. Pur ritenendo per molti
aspetti la manifestazione di sabato un evento storico, riteniamo che
ci sia ancora tanto da lavorare per allargare i confini di questo
percorso: il nostro obbiettivo non è di certo essere i "primi
della classe" (in un quadro talmente disastrato e desertificato
si tratterebbe di un primato di cui andare ben poco fieri), quanto
quello di invertire i rapporti di forza reali e porre di nuovo
all'ordine del giorno il tema di una società libera dallo
sfruttamento del lavoro salariato.
Nelle prossime settimane continueremo
ad intensificare le azioni e le iniziative tese a contrastare i piani
repressivi e le misure anti-sciopero contenute nel
pacchetto-sicurezza, e a lottare per il ritiro di questo infame
provvedimento, e continueremo a smascherare la truffa del DEF, che
regala ulteriori privilegi ai padroni nel mentre spaccia qualche
misero obolo di stato come "reddito di cittadinanza", la
detassazione dei profitti come misure di redistribuzione della
ricchezza e i condoni fiscali come aiuti alle partite Iva.
La nostra opposizione al DL Sicurezza
la abbiamo ribadita già nella giornata di venerdì ai vertici del
ministero del lavoro, dove abbiamo strappato un incontro irrompendo
in presidio assieme ai movimenti per il diritto all'abitare durante
il vertice tra Cgil-Cisl-Uil e MISE sulla questione FCA, denunciando,
tra l'altro, l'ipocrisia del ministro Di Maio, che nel mentre si
siede ai tavoli coi padroni e i sindacati collusi (Cgil-Cisl-Uil,
cioè gli stessi che i 5 stelle attaccavano in campagna elettorale
definendoli dei carrozzoni utili solo a tutelare i propri privilegi
di apparato), poi si rifiuta di incontrare i cinque licenziati FCA di
Pomigliano ed è il responsabile politico del Daspo emesso nei loro
confronti la scorsa settimana a Roma (che ha reso impossibile ai
cinque di poter prendere parte alla manifestazione del 27).
Il 10 novembre saremo nuovamente in
piazza a Roma per la manifestazione nazionale contro il DL-sicurezza
promossa da numerosi movimenti e associazioni, ma lo faremo in
maniera autonoma e senza alcuna illusione che la lotta contro questo
governo possa beneficiare in alcun modo di scorciatoie o di "sponde
istituzionali" di sorta.
Ritiro immediato del DL Sicurezza
Contro il razzismo di stato, proletari
italiani e immigrati uniti nella lotta!
Per un fronte di lotta anticapitalista
e internazionalista!
SI Cobas nazionale
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