Sconcerto, confusione e rabbia questa mattina alle portinerie dell'Ilva di Taranto.
Ieri
pomeriggio la grande maggioranza dei lavoratori ha appreso via web il
proprio futuro. Per tanti operai il futuro che gli è apparso è nero,
perchè, come dicevano stamattina: sono stati buttati fuori dalla
Mittal.
Molti se lo aspettavano, ma apprenderlo non ha fatto che
aumentare la propria preoccupazione e anche la rabbia, perchè su una
cosa sono tutti d'accordo, sono in maggiorparte oscuri, non trasparenti i
criteri con cui i lavoratori sono stati messi fuori dai loro reparti.
A
prima vista c'è senz'altro un'epurazione. Operai attivi, conosciuti
come attivisti sindacali sono fuori, e quelli messi fuori dicono: "Ci
hanno trattato come merda umana". Altri, anche ammessi in Mittal,
parlano di strage di ragazzi, dato che sono molti i giovani non passati
alla Mittal.
Altri dicono che i nomi sono venuti dai reparti, e
quindi, capi, sindacalisti (?) hanno indicato a Mittal gli operai da
tenere e quelli da lasciare in AS. Altri ancora non riescono a
comprendere come dei reparti praticamente dimezzati potranno continuare a
funzionare; delle due l'una o faranno fare a metà operai il lavoro a
doppio o pensano di usare una parte degli operai in cigs come manodopera
flessibile, o, ancora, pensano di operare una redistribuzione di operai
nei reparti con trasferimento, cambio di mansioni, ecc.
Un altro
criterio che appare chiaro in alcuni reparti è che hanno tenuto i "5°
livello" e mandato via dal 4° livello in giù. Ma anche qui alcuni dei
"5° livello" sono di recente arrivo, non conoscono bene il lavoro,
mentre operai da anni in fabbrica sono fuori.
I criteri tanto
sbandierati anche dai sindacati sui carichi familiari appaiono in molti
casi non rispettati. Come diceva un operaio: "ci sono stati alcuni
colleghi che sono andati a piangere miseria e famiglia a
carico, senza
dignità, pur di rimanere a lavorare. Ma ci sono anche operai con tre
figli che comunque sono rimasti a casa".
Nella tenuta dei "5°
livello" e l'allontanamento di figure operaie di livello inferiore ma
che facevano un gran lavoro, emerge secondo noi una volontà di
terziarizzazione che Mittal già fa in altri stabilimenti del suo gruppo.
Certo alle cokerie, alle colate, alle acciaierie questo non è
possibile, ma per manutenzione ed esercizio lo può essere.
Altri
operai tra i rimasti fuori irridevano alla cosiddetta "formazione" a cui
sarebbero sottoposti gli operai in cigs: "quale formazione! Sono 21
anni che sto qui", diceva uno di essi.
Sicuramente Mittal si prepara a gestire una fabbrica con più
sfruttamento e meno operai, e in queste condizioni, a costruire una
nuova fabbrica della morte, dato il nesso da sempre esistente, e
all'Ilva dimostrato, tra produttività, intensificazione dello
sfruttamento, infortuni e morti sul lavoro.
E' sul
fronte del 'che fare' che gli operai appaiono oggi ancora un pò incerti.
Mittal, sindacati (?) temono la reazione dei lavoratori. "Hanno
allertato la questura" - diceva un operaio, e sia pure in modo non
visibile e ostentato, si sono viste macchine della polizia stamattina
circolare per le portinerie e vigilanti ad organico completo in assetto
"accavallato".
Ma chiaramente la reazione operaia non è oggi. A
chi dei nostri compagni presenti alle portinerie esprimeva la necessità
di una risposta, giovani operai esclusi dicevano: "non ti preoccupare,
aspettiamo due giorni, cerchiamo di capire meglio. Ma certo qualcosa
faremo".
La maggiorparte degli operai esclusa entrava
in fabbrica con la volontà di andarsene stamattina stessa, svuotare gli
armadietti e via. Per domani hanno avuto il "giorno premio".
Oggi
però non prevaleva certo disperazione o commozione su quello che
potrebbe essere stato l'ultimo giorno di lavoro in quella fabbrica. Un
pò perchè non ci credono ancora; ce ne sono ancora parecchi che non sono
riusciti ad aprire internet ieri e, naturalmente, questo generava
rabbia.
La frase del nostro comunicato che ha ottenuto più
successo è stata la prima: "Selezionati via web come ad un mercato in
buoni e cattivi, trattati come numeri e senza diritti sindacali, Una
cosa indegna!".
Lo Slai cobas sc ha comunque dato
indicazioni chiare di non accettare la situazione; ha proposto subito
l'impugnativa di questa selezione, ma ha innanzitutto detto: la via
legale è una carta di riserva, dobbiamo reagire con la lotta e
l'autorganizzazione. Non dobbiamo permettere che ci mandino tutti a
casa, sappiamo poi quando è difficile metterci insieme. Ora che il ferro
è caldo bisogna batterlo per far cambiare i piani al padrone e a chi lo
ha consigliato e sussidiato. Ci dobbiamo ritrovare alla portineria,
alla Direzione e ovunque è possibile per mostrare che a casa in queste
condizioni non ci vogliamo andare. Possiamo partire anche con un
centinaio. Perchè comunque sappiamo che una parte è difficile che viene,
una parte vuole per ora rimanere in cigs e altri ancora aspettano gli
eventi, hanno fiducia in chi gli dice di non preoccuparsi e non
disperano di rientrare in quelli che la Mittal si dovrebbe riprendere.
Ora però il sentimento prevalente è non accettare e capire perchè loro fuori e altri no.
Anche quelli rientrati sono preoccupati ma chiaramente per ora gli va bene.
Sui
sindacati, che stamattina erano totalmente assenti alle portinerie (in
fabbrica, stiamo monitorando), sono francamente ripresi i soliti
discorsi di critica sul fatto che non hanno avuto garanzie e
sull'accordo stesso che hanno firmato.
La maggiorparte degli operai
messi fuori sono iscritti a questi sindacati e siamo noi per primi che
vogliamo che questi lavoratori chiedano ai loro sindacati conto dei
criteri. Così come sono apparsi i soliti discorsi che "ora è tardi",
dimenticando o facendo finta di non tener conto di chi prima, come noi e
non solo, ha detto quello che sarebbe successo e ha chiamato i
lavoratori a mobilitarsi, a non accettare prima che firmassero l'accordo
che ora mostra le sue conseguenze. Come diceva un nostro attivista: "Ci
sono operai che prima avevano detto che era presto e ora ci dicono che è
tardi".
Comunque, questa mattina è stato solo lo Slai
cobas sc alla fabbrica a dire: "Non ci stiamo!" e gli operai hanno
apprezzato, e tra di essi diversi avevano un nuovo atteggiamento verso
di noi.
Alcuni hanno saputo di Margherita, chiesto notizie ed
espresso solidarietà. E faceva piacere che in una fabbrica ripulita alle
portinerie e alle bacheche di tutti i comunicati sindacali, campeggiava
forte e chiara alla portineria "A" il grosso striscione: "La lotta non
si arresta. Solidarietà a Margherita".
Ecco: la lotta non si arresta! Questa è anche una parola d'ordine. Capire subito e ricominciare!
Da
lunedì 6 novembre, dobbiamo dare una risposta. Il 7 novembre i padroni
vengono a Taranto a fare la Conferenza stampa, non gliela lasceremo fare
in pace e se si blindano comunque la nostra voce in fabbrica e in città
ci sarà. Il 7 sera è convocata una prima riunione alla nuova sede dello
Slai cobas sc (Taranto via Livio Andronico, 47 ang. via Polibio), per
organizzarci, verificare subito possibilità di lotta, forme di lotta,
ricorso legale.
Sono giorni che scriviamo: Abbiate fiducia! Fiducia in voi stessi, fiducia nella lotta, fiducia in noi dello Slai cobas sc.
C'è
ancora alla portineria la scritta nostra: "Il piano Mittal non
passerà!". certo avremmo voluto che questa parola d'ordine fosse stata
già presa nelle mani degli operai, e siamo sicuri che l'accordo così
com'è non sarebbe passato.
Ma in questa fabbrica ci sono
stati anche organizzazioni sindacali e lavoratori che avrebbero dovuto
essere con noi, perchè un'avanguardia ci vuole per fare la lotta.
Ma
l'USB ha tradito i lavoratori, ha tradito i suoi iscritti, molti dei
quali stamattina erano stati messi fuori da Mittal. E non venga adesso
Rizzo a fare il fenomeno...
Anche Massimo Battista/Ranieri, i Liberi e pensanti, l'attuale Flmu/cub, che oggi "schamano"
sui giornali e accusano chiaramente Mittal e sindacati di averli fatti
fuori. Ma con la linea della chiusura dell'Ilva hanno aiutato Mittal e
sindacati a farli fuori.
Ora, però, bisogna unire le forze per rovesciare questa situazione.
Nessun commento:
Posta un commento