martedì 30 ottobre 2018

pc 30 ottobre - ALL'ILVA DI TARANTO STAMATTINA

Sconcerto, confusione e rabbia questa mattina alle portinerie dell'Ilva di Taranto.
Ieri pomeriggio la grande maggioranza dei lavoratori ha appreso via web il proprio futuro. Per tanti operai il futuro che gli è apparso è nero, perchè, come dicevano stamattina: sono stati buttati fuori dalla Mittal.
Molti se lo aspettavano, ma apprenderlo non ha fatto che aumentare la propria preoccupazione e anche la rabbia, perchè su una cosa sono tutti d'accordo, sono in maggiorparte oscuri, non trasparenti i criteri con cui i lavoratori sono stati messi fuori dai loro reparti.
A prima vista c'è senz'altro un'epurazione. Operai attivi, conosciuti come attivisti sindacali sono fuori, e quelli messi fuori dicono: "Ci hanno trattato come merda umana". Altri, anche ammessi in Mittal, parlano di strage di ragazzi, dato che sono molti i giovani non passati alla Mittal.
Altri dicono che i nomi sono venuti dai reparti, e quindi, capi, sindacalisti (?) hanno indicato a Mittal gli operai da tenere e quelli da lasciare in AS. Altri ancora non riescono a comprendere come dei reparti praticamente dimezzati potranno continuare a funzionare; delle due l'una o faranno fare a metà operai il lavoro a doppio o pensano di usare una parte degli operai in cigs come manodopera flessibile, o, ancora, pensano di operare una redistribuzione di operai nei reparti con trasferimento, cambio di mansioni, ecc.
Un altro criterio che appare chiaro in alcuni reparti è che hanno tenuto i "5° livello" e mandato via dal 4° livello in giù. Ma anche qui alcuni dei "5° livello" sono di recente arrivo, non conoscono bene il lavoro, mentre operai da anni in fabbrica sono fuori.
I criteri tanto sbandierati anche dai sindacati sui carichi familiari appaiono in molti casi non rispettati. Come diceva un operaio: "ci sono stati alcuni colleghi che sono andati a piangere miseria e famiglia a
carico, senza dignità, pur di rimanere a lavorare. Ma ci sono anche operai con tre figli che comunque sono rimasti a casa".
Nella tenuta dei "5° livello" e l'allontanamento di figure operaie di livello inferiore ma che facevano un gran lavoro, emerge secondo noi una volontà di terziarizzazione che Mittal già fa in altri stabilimenti del suo gruppo. Certo alle cokerie, alle colate, alle acciaierie questo non è possibile, ma per manutenzione ed esercizio lo può essere.
Altri operai tra i rimasti fuori irridevano alla cosiddetta "formazione" a cui sarebbero sottoposti gli operai in cigs: "quale formazione! Sono 21 anni che sto qui", diceva uno di essi.

Sicuramente Mittal si prepara a gestire una fabbrica con più sfruttamento e meno operai, e in queste condizioni, a costruire una nuova fabbrica della morte, dato il nesso da sempre esistente, e all'Ilva dimostrato, tra produttività, intensificazione dello sfruttamento, infortuni e morti sul lavoro.

E' sul fronte del 'che fare' che gli operai appaiono oggi ancora un pò incerti. Mittal, sindacati (?) temono la reazione dei lavoratori. "Hanno allertato la questura" - diceva un operaio, e sia pure in modo non visibile e ostentato, si sono viste macchine della polizia stamattina circolare per le portinerie e vigilanti ad organico completo in assetto "accavallato".
Ma chiaramente la reazione operaia non è oggi. A chi dei nostri compagni presenti alle portinerie esprimeva la necessità di una risposta, giovani operai esclusi dicevano: "non ti preoccupare, aspettiamo due giorni, cerchiamo di capire meglio. Ma certo qualcosa faremo".

La maggiorparte degli operai esclusa entrava in fabbrica con la volontà di andarsene stamattina stessa, svuotare gli armadietti e via. Per domani hanno avuto il "giorno premio".
Oggi però non prevaleva certo disperazione o commozione su quello che potrebbe essere stato l'ultimo giorno di lavoro in quella fabbrica. Un pò perchè non ci credono ancora; ce ne sono ancora parecchi che non sono riusciti ad aprire internet ieri e, naturalmente, questo generava rabbia.
La frase del nostro comunicato che ha ottenuto più successo è stata la prima: "Selezionati via web come ad un mercato in buoni e cattivi, trattati come numeri e senza diritti sindacali, Una cosa indegna!".

Lo Slai cobas sc ha comunque dato indicazioni chiare di non accettare la situazione; ha proposto subito l'impugnativa di questa selezione, ma ha innanzitutto detto: la via legale è una carta di riserva, dobbiamo reagire con la lotta e l'autorganizzazione. Non dobbiamo permettere che ci mandino tutti a casa, sappiamo poi quando è difficile metterci insieme. Ora che il ferro è caldo bisogna batterlo per far cambiare i piani al padrone e a chi lo ha consigliato e sussidiato. Ci dobbiamo ritrovare alla portineria, alla Direzione e ovunque è possibile per mostrare che a casa in queste condizioni non ci vogliamo andare. Possiamo partire anche con un centinaio. Perchè comunque sappiamo che una parte è difficile che viene, una parte vuole per ora rimanere in cigs e altri ancora aspettano gli eventi, hanno fiducia in chi gli dice di non preoccuparsi e non disperano di rientrare in quelli che la Mittal si dovrebbe riprendere.

Ora però il sentimento prevalente è non accettare e capire perchè loro fuori e altri no.
Anche quelli rientrati sono preoccupati ma chiaramente per ora gli va bene.

Sui sindacati, che stamattina erano totalmente assenti alle portinerie (in fabbrica, stiamo monitorando), sono francamente ripresi i soliti discorsi di critica sul fatto che non hanno avuto garanzie e sull'accordo stesso che hanno firmato.
La maggiorparte degli operai messi fuori sono iscritti a questi sindacati e siamo noi per primi che vogliamo che questi lavoratori chiedano ai loro sindacati conto dei criteri. Così come sono apparsi i soliti discorsi che "ora è tardi", dimenticando o facendo finta di non tener conto di chi prima, come noi e non solo, ha detto quello che sarebbe successo e ha chiamato i lavoratori a mobilitarsi, a non accettare prima che firmassero l'accordo che ora mostra le sue conseguenze. Come diceva un nostro attivista: "Ci sono operai che prima avevano detto che era presto e ora ci dicono che è tardi".

Comunque, questa mattina è stato solo lo Slai cobas sc alla fabbrica a dire: "Non ci stiamo!" e gli operai hanno apprezzato, e tra di essi diversi avevano un nuovo atteggiamento verso di noi.
Alcuni hanno saputo di Margherita, chiesto notizie ed espresso solidarietà. E faceva piacere che in una fabbrica ripulita alle portinerie e alle bacheche di tutti i comunicati sindacali, campeggiava forte e chiara alla portineria "A" il grosso striscione: "La lotta non si arresta. Solidarietà a Margherita".

Ecco: la lotta non si arresta! Questa è anche una parola d'ordine. Capire subito e ricominciare!
Da lunedì 6 novembre, dobbiamo dare una risposta. Il 7 novembre i padroni vengono a Taranto a fare la Conferenza stampa, non gliela lasceremo fare in pace e se si blindano comunque la nostra voce in fabbrica e in città ci sarà. Il 7 sera è convocata una prima riunione alla nuova sede dello Slai cobas sc (Taranto via Livio Andronico, 47 ang. via Polibio), per organizzarci, verificare subito possibilità di lotta, forme di lotta, ricorso legale.
Sono giorni che scriviamo: Abbiate fiducia! Fiducia in voi stessi, fiducia nella lotta, fiducia in noi dello Slai cobas sc.
C'è ancora alla portineria la scritta nostra: "Il piano Mittal non passerà!". certo avremmo voluto che questa parola d'ordine fosse stata già presa nelle mani degli operai, e siamo sicuri che l'accordo così com'è non sarebbe passato.

Ma in questa fabbrica ci sono stati anche organizzazioni sindacali e lavoratori che avrebbero dovuto essere con noi, perchè un'avanguardia ci vuole per fare la lotta.
Ma l'USB ha tradito i lavoratori, ha tradito i suoi iscritti, molti dei quali stamattina erano stati messi fuori da Mittal. E non venga adesso Rizzo a fare il fenomeno...
Anche Massimo Battista/Ranieri, i Liberi e pensanti, l'attuale Flmu/cub, che oggi "schamano" sui giornali e accusano chiaramente Mittal e sindacati di averli fatti fuori. Ma con la linea della chiusura dell'Ilva hanno aiutato Mittal e sindacati a farli fuori.

Ora, però, bisogna unire le forze per rovesciare questa situazione.

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