Una missione che si è mossa su due
piani. Quello politico-diplomatico cementato dall'incontro con Modi e
quello del Vertice economico chiamato ampollosamente “Technology
summit”.
A questo summit hanno partecipato ben
145 esponenti italiani a rappresentare 54 aziende tra le più grandi
del nostro paese e tutti gli enti e le istituzioni italiane legate
agli affari e interessi di queste aziende, prima tra tutte la
Confindustria.
Gli investimenti italiani attuali in
India sono circa 6 miliardi. Lo scopo della visita governativa è
quello di mettersi in sintonia con la politica del governo Modi, che
va sotto il nome di “make in India”, inaugurata da Modi nel 2014
e che vuol essere un grande appello alle multinazionali di vario
ordine e tipo ad investire in India. Ed era quindi questo il vero
obiettivo della visita che ha richiamato le orde fameliche delle
multinazionali italiane.
Gli investimenti in India hanno in
questa fase un doppio aspetto e si inseriscono nello scenario attuale
del ruolo dell'India, nell'assetto imperialista e multipolare del
mondo.
Per le imprese italiane è la ricerca
di sbocchi di mercato, di profitti e di penetrazione tipica
dell'imperialismo; quello che non è esattamente come prima è però
il ruolo dell'India che utilizza gli
investimenti imperialisti per far crescere la sua economia, sempre deformata ma ciononostante in grado di far divenire l'India una presenza economica globale.
investimenti imperialisti per far crescere la sua economia, sempre deformata ma ciononostante in grado di far divenire l'India una presenza economica globale.
Non si tratta, vale a dire, del
tradizionale “scambio diseguale”.
Dal punto di vista dell'imperialismo
italiano, va detto che l'export italiano in India è cresciuto del
9,3% e del 12% nei primi nove mesi del 2018. Le aspettative sono di
un'ulteriore crescita. Questa ulteriore crescita avviene anch'essa
nel quadro di una contesa interimperialista, perchè se cresce
l'interscambio italiano, cresce ancor più la Francia, la Germania.
L'India beneficia di questa concorrenza, non è solo la vittima della
penetrazione, e lo sforzo della borghesia indiana e del suo governo è
quello di trasformare questa presenza in dipendenza che permetta
all'India di far crescere il suo ruolo, non solo economico ma
politico, militare nell'assetto geostrategico del mondo.
Siamo in tempi di guerra commerciale
dispiegata, come effetto della crisi e della risposta alla crisi –
basti pensare al ruolo della presidenza Trump e dell'azione
aggressiva di essa sul piano economico. Dietro al guerra commerciale
avanza e si alimenta la tendenza alla guerra imperialista tout court.
La contesa Usa/Cina occupa lo scenario
principale, ma tutte le potenze minori, India compresa, si vanno
posizionando in questa contesa globale.
A differenza della Cina che punta
sull'espansione del suo capitale eccedente essendo una potenza
imperialista abbastanza compiuta, l'India utilizza l'arma apparente
di consegnare il paese alle multinazionali imperialiste (con tutti
gli effetti sul piano interno che gli avvenimenti della guerra
popolare in India hanno messo in moto), per ricavarne un ruolo sempre
crescente negli affari internazionali, oltre che naturalmente per
inserire pienamente le multinazionali indiane nel primo livello della
contesa economica e della presenza nei diversi paesi del mondo e nel
mercato mondiale.
In questo senso è certo che il ruolo
dell'Italia cresce in India, nell'interesse reciproco. Questi
interessi che non sono solo economici ma politici e strategici, sono
il contesto di questa missione che possono quindi con facilità
gettare nell'oblio di un fatterello di cronaca nera la vicenda che
era stata importante dei due marò.
In questo sforzo l'imperialismo
italiano e le sue industrie hanno cercato in India di vendersi al
meglio.
Segnala il Sole 24 Ore: “Il rapporto
tra le due economie si sta riscaldando. Chi l'India non l'ha mai
considerata oggi pensa al mercato perchè trova condizioni più
facili rispetto ai mercati in cui usualmente cercava di approdare”.
Nello stesso tempo, scrive sempre il Sole 24 Ore: “Inoltre, a parte
i colossi come ArcelorMittal e Jindal, ci sono medie aziende indiane
che stanno pensando a raccogliere tecnologie italiane per accrescere
il loro livello competitivo e entrare nel mercato europeo”.
Quello di cui la stampa non ha parlato
e ha nascosto – anche il Sole 24 Ore - dietro il generico quadro
delle industrie, è il ruolo dell'industria bellica. Ma proprio
questo alla fine è l'aspetto politico-economico più determinante.
Dopo la visita il Sole 24 Ore parla
esplicitamente di partnership nella Difesa. Le partnership effettive
che producono davvero grandi affari sono quelle dell'industria
bellica.
Macron in una visita strombazzata in
India di 20 giorni fa aveva annunciato accordi per 13 miliardi di
euro – questo è il vantaggio di arrivare prima; per non parlare dei
precedenti successi della visita della Merkel. L'Italia in questa
occasione i è dovuta accontentare della riattivazione del Joint
Defense Committee.
Non c'era solo la questione dei marò
che divideva l'India dall'Italia, c'era il grande affare Augusta
Westland, i cui manager sono sotto inchiesta in India con l'accusa di
aver pagato tangenti nella gara vinta nel 2010 per la fornitura di 12
elicotteri militari. Il contratto da 560 milioni di euro è stato
cancellato e il gruppo messo al bando, mentre in Italia gli imputati
sono stati assolti.
Quindi è evidente che la visita aveva
lo scopo di mettere da parte anche questa vicenda. E la riattivazione
del Comitato comune ne è il segno.
Una visita, quindi, resa anche da
questo, con “il cappello in mano”, a fronte della potenza
dispiegata dal regime fascista indù di Modi.
Certo, non avrà ben disposto il
governo indiano anche il fatto che il presidente del consiglio si sia
ridotto ad una visita lampo di un solo giorno per effetto della sua
debolezza interna, la riduzione della visita è dipesa dallo scontro
sulla manovra in atto tra i due soci di maggioranza del governo
fascio-populista italiano.
Se, però, mettiamo insieme il processo
alla Augusta Westland con l'ancora comunque pendente processo ai due
marò, si possono ben capire i lamenti sommessi degli articoli del
Sole 24 Ore e dei toni generali della stampa sulla visita. Qui
l'unica carta che il presidente italiano ha potuto giocare è quella
appunto che segnala il Sole 24 Ore, una carta che oggi viene giocata
sui diversi Tavoli internazionali, la Leonardo, questo conglomerato
economico militare che insieme all'Eni sembrano essere le due punte
di diamante dell'imperialismo italiano.
Ma anche qui il presidente del
consiglio lo ha dovuto fare con “il cappello in mano”, ha
ricordato come la Leonardo abbia aderito al Global compact dell'Onu
“allineando le sue strategie ai principi universali dei diritti
umani, dell'ambiente e dell'anticorruzione”; come a dire che finora
le industrie italiane, e in particolare quelle belliche, certamente
non l'hanno fatto. E questo suona particolarmente grottesco – ma
nel sistema imperialista spesso avviene – a fronte del regime di
Modi che sicuramente in prima fila nell'essere un governo e un regime
all'insegna della distruzione dei diritti umani, della devastazione
dell'ambiente e del territorio e della più sfrenata corruzione.
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