Alcune questioni per quanto riguarda il
nostro lavoro, come coordinamento nazionale Slai cobas per il sindacato di classe.
Dobbiamo sforzarci tutti di avere una visione nazionale
delle cose che facciamo, anche di cosa trarre dalle situazioni che
seguiamo localmente. Per alcune realtà è semplice, oggettivo,
l'Ilva non dobbiamo noi renderla nazionale, è nazionale, noi
dobbiamo solo esplicitare questo aspetto tra i lavoratori che ancora, in larga parte, non hanno questa comprensione; per altre realtà lo è meno. Però
noi non siamo "sindacalisti", non siamo sindacalisti locali, quindi per
noi su ogni cosa il problema è trarre le linee, l'analisi che serve la battaglia generale per il sindacato di classe.
Ma su questo ancora non ci siamo. Alcuni esempi.
Sulle fabbriche di Palermo/Sicilia, non abbiamo
solo la necessità di avere il quadro delle fabbriche, perchè questo è l'ABC, ma il nostro problema è da un lato fare un'analisi, che è
diversa da un quadro,
un'analisi marxista delle dinamiche, dall'altro avere coscienza che noi non possiamo fare le avanguardie senza poi dire:
noi che diciamo, noi che facciamo – al di là se abbiamo o meno
presenza in quella fabbrica. Per dire anche a Taranto in alcuni
settori quando i lavoratori entrano in una dinamica di lotta, lo Slai cobas sc pur non essendo
presente (per esempio, Teleperformance), dice come la vede, quale secondo noi è la linea giusta, quali sono le linee sbagliate
che agiscono all'interno per fare anche in queste realtà una battaglia
di posizione.
Quindi, andare oltre
il quadro, fare un'analisi dei processi con le armi che
abbiamo, quelle della scienza del proletariato, dire quello che che è
necessario, fare una lotta alle posizioni che agiscono all'interno. Questo ci tocca, a prescindere.
Noi non siamo come Trento, ma neanche
dobbiamo essere il contrario. Trento ha teorizzato che fa solo
formazione, lotta di posizione, battaglia ideologica tra gli operai,
non fa attività sindacale. Noi nel lavoro sindacale non siamo quelli che dicono la linea giusta e non si "sporcano le mani" nel lavoro concreto. Però quello che invece dobbiamo imparare meglio è che anche nelle questioni sindacali dobbiamo fare teoria. Oggi
più che mai, nella fase attuale. La confindustria, per esempio, fa
il suo convegno e fa teoria, anche filosofia, non fa solo un esame
delle situazioni, delle questioni, mette dei punti che sono di
teoria, chiaramente teoria del capitale.
I compagni dirigenti dello Slai cobas sc sulle questioni sindacali devono
arrivare a livello di teoria, per la formazione di classe degli
operai, la lotta di posizione. Perchè sempre in tutte le fabbriche, le realtà lavorative c'è
necessità della lotta di posizione e di portarla a livello che
interessa la battaglia generale per la linea sindacale di
classe, l'organizzazione sindacale di classe.
Per esempio, l'importante polemica/scontro, manifestatosi nei giorni scorsi con documenti, tra Usb e Si.Cobas tocca inevitabilmente settori, spesso rilevanti, di lavoratori e ha a che fare con la battaglia per il sindacato di classe. Noi in questo ci dobbiamo stare dentro. L'Usb non è un sindacato di classe, ma il Si.Cobas non è innocente. Ma chi le dice queste cose? Lo dobbiamo far dire all'Usb che butta il bambino con l'acqua sporca? O lo dobbiamo dire noi, che lo possiamo riempire di fatti?
Noi siamo lo Slai cobas per il
sindacato di classe”, questo “per il sindacato di classe” non
l'abbiamo messo solo per distinguerci dallo Slai cobas originario, ma
per affermare che questa battaglia, questo lavoro serve per costruire il
sindacato di classe, per la lotta contro quello che non è
sindacalismo di classe - l'Usb è la questione più smaccata e mostra
dove porta un sindacalismo di base che non è di classe. Questo ci
tocca. E qui dobbiamo fare passi avanti.
Altro elemento. Le cose che facciamo hanno valore nel momento in
cui diventano di valore pubblico, altrimenti no. In questo senso
Bergamo, per esempio, fa una massa enorme di attività di ogni genere e tipo, fanno i Marx a livello sindacale: la mattina vado alla Dalmine o altra
fabbrica, alle 9 vado alla manifestazione degli studenti, il
pomeriggio vado dai lavoratori dell'Insalata, la sera vado alla
Montello, la notte vado ai magazzini della logistica, ecc.
Ma tutto questo “ben di Dio” a
volte lo veniamo a sapere solamente ora. E si tratta di realtà, di problematiche che
neanche possono essere considerate “locali”. Noi le dobbiamo
rendere pubbliche. Se non facciamo questo è come se non abbiamo
completato il lavoro, abbiamo fatto il 40% del lavoro, ma il 60% no,
ed è proprio la parte del lavoro sindacale di classe, che nessuno fa
se non lo facciamo noi. Proprio quello che ci tocca non lo
facciamo, o lo facciamo sporadicamente.
In questo ricordiamo Marx che
dice: non sono io che ho inventato le lotte...
Anche qui, gli operai della Dalmine,
della logistica pure se non ci fosse neanche mezzo sindacato di
classe ad un certo punto lotterebbero, perchè è la realtà che li
spinge; ma quando c'è la direzione del sindacato di
classe quella lotta non è solo una manifestazione di ribellione, ma
ha una sua prospettiva, strategia. E' qui che se non ci siamo noi, non
c'è. Ma spesso è proprio questo che non facciamo, è come se noi
non restituiamo alla classe, a livello nazionale tutto il mega lavoro
che facciamo.
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