Il corteo a Bergamo dei lavoratori della logistica |
Queste osservazioni sono
necessarie per definire esattamente lo stadio della lotta nei settori
di classe impegnati e il tipo di battaglia da fare.
Partiamo dallo sciopero
dei trasporti che ha presentato il solito scenario, in alcune città
e settori l'influenze dello sciopero si sono fatte sentire, sia
perchè in alcune città e settori è effettivamente riuscito in
termini di partecipazione dei lavoratori, sia perchè la prassi della
borghesia attraverso i suoi mass media amplifica in mado allarmista
gli effetti dello sciopero allo scopo di attaccare il diritto di
sciopero, attaccare le organizzazioni sindacali non confederali che
lo promuovono, con la logica di colpire uno per colpire tutti, vale a
dire: prendere a pretesto i cosiddetti “disagi” dei cittadini,
solo in parte provocati dallo sciopero (si potrebbero fare numerosi
esempi di questo) dato che il problema principale è lo stato dei
trasporti.
Evidentemente ora il
problema diventa l'attacco al diritto di sciopero che la borghesia
scatena e che i lavoratori di tutti i settori dovranno respingere e
controbattere .
Lo sciopero è partito
dalla questione Alitalia, e in Alitalia si è scioperato. Ma con
chiarezza, lo sciopero sulla questione Alitalia non ha inciso, se non
parzialmente, sullo stato della vicenda e della lotta dei lavoratori.
Come abbiamo scritto in una precedente nota, in Alitalia la
resistenza si sviluppa, la battaglia si vince solo ed esclusivamente
se si esce dalla logica della superficiale contrapposizione tra
governo, gestione attuale dell'Alitalia, sindacati confederali e le
diverse sigle dei sindacati di base, che, come abbiamo detto, sono un
problema e non la soluzione in Alitalia. Al fondo dei piani di
licenziamenti e attacco ai diritti, i lavoratori devono opporre
l'unità di massa alla base, imporre in assemblee le loro
rivendicazioni in forme maggioritarie e scatenare la “guerra
civile” non su quale è il padrone migliore ma su come difendere
lavoro, diritti e naturalmente sicurezza ed efficienza nel servizio
aereo. La parola d'ordine della nazionalizzazione in Alitalia non
serve; la nazionalizzazione è quella che già c'è e la “battaglia
dei cieli” scatenata a livello mondiale non si vince ma si perde
con le nazionalizzazioni. L'attuale guerra commerciale e lo scontro
tra i monopoli domanda che i lavoratori escano dalla guerra di un
monopolio contro l'altro. Se tagliano l'occupazione e i diritti
comunque si ha un servizio peggiore e sono un tassello all'insegna
appunto della generalizzazione degli effetti su tutti i lavoratori
del trasporto aereo, le cui condizioni e numeri vengono dimensionati
secondo il monopolio più forte e anche secondo il paese più forte
che sta dietro, e chi riesce ad imporre le condizioni peggiori ai
suoi lavoratori.
In questo senso si può
comprendere come lo Slai cobas per il sindacato di classe, che non è
presente in Alitalia, sostiene le lotte dei lavoratori ma non le
posizioni di tutti i sindacati di base presenti. E anche alla luce
dello sciopero del 16, noi sosteniamo che esso non ha rappresentato
nessun passo avanti rilevante sulla questione Alitalia, che pure era
all'origine della decisione di promuovere questo sciopero generale.
Abbiamo già detto che per
noi gli scioperi generali generici non sono la forma adatta per lo
scontro generale dei lavoratori, che questa battaglia invece va fatta
attraverso il “braccio di ferro” su singole questioni, su cui
resistere, ridurre i danni e vincere; vincere le battaglie come tappa
della guerra. Per noi una vertenza ad oltranza dell'Alitalia,
sostenuta da sciopero di solidarietà da diversi settori dei
lavoratori, comprese le fabbriche, è meglio dello sciopero del 16 e
può costruire il cammino dello sciopero generale che serve ed
incide.
L'altra questione è lo
sciopero della logistica.
Noi non potevamo che
aderire allo sciopero del 16 giugno, essendo interno alla battaglia
dura in corso in questo settore. Ma noi, a differenza di come dicono
alcuni dei suoi organizzatori e sostenitori, non pensiamo che lo
sciopero del 16 sia stato un passo in avanti verso l'unità dei
settori in lotta.
Lo sciopero della
logistica insieme a quello dei trasporti ha oscurato lo sciopero
della logistica, e se dovessimo guardare alla stampa borghese, lo
sciopero della logistica sembra non avvenuto.
La battaglia per il
contratto nazionale che giustamente era al centro delle
rivendicazioni dei lavoratori della logistica non è una battaglia
che può avanzare e vincere secondo la logica del 16. Essa ha bisogno
di occupare tutto lo scenario dello scontro sindacale con enormi
implicazioni politiche data la composizione di immigrati pressochè
totale dei lavoratori e date le dinamiche, più volte analizzate,
della centralità di questo settore nello scontro generale e
nell'attuale stadio del movimento sindacale di classe.
Non comprendere questo, è
ulteriormente negativo perchè spinge le organizzazioni sindacali
attive nel settore in un certo senso ad adeguarsi allo stile della
piattaforme generali degli scioperi generali indetti dai sindacati di
base, che finora tutto sono stati meno che elemento di forza
dell'alternativa sindacale di classe nel nostro paese, checchè ne
pensino i dirigenti di alcuni sindacati di base.
Chiaramente la lotta per
il contratto bisognava aprirla e la decisione del Si.Cobas di
promuoverla, a cui abbiamo aderito era giusta e necessaria, purchè
non si giochi con le parole e ci si autoinganni. Al centro effettivo
di questo sciopero vi era la tenuta e la resistenza degli operai in
lotta contro i licenziamenti (sindacali e politici in questo
settore), sfruttamento e schiavitù, là dove sono riusciti a
costruire la loro organizzazione, e che ora padroni delle
cooperative, governo e Stato vogliono soffocare e cancellare.
Su questo lo sciopero ha
avuto un buon risultato. Gli operai hanno opposto all'azione di
padroni e governo la loro determinazione e alcune realtà hanno
risposto a tono alle cariche poliziesche (vedi Modena),
all'intimidazione, alla repressione.
Se si capisce questo, si capisce quali sono stati i veri risultati di questo sciopero. Le misure restrittive ad Aldo Milani, dirigente del Si.cobas, sono state revocate e questa montatura probabilmente è definitivamente caduta, e a Bergamo, che per settarismo ideologico e spirito di gruppo viene totalmente cancellata nei resoconti anche del Si.cobas, quando qui vi è stato uno dei cortei, non grosso, ma combattivo, gli operai dello Slai cobas per il sindacato di classe e del Si.cobas si sono uniti in piazza, nelle assemblee durante e a fine manifestazione, su un'unica posizione e hanno opposto il loro corteo e la loro unità ai licenziamenti a Brignano – dove l'obiettivo è la cancellazione dello Slai cobas sc, divenuto un ostacolo, una “mina vangante” per l'intero sistema delle cooperative, per la loro gestione “conflittuale” (pessima parola, usata dagli stessi sindacati di base su una linea della conflittualità compatibile).
Se si capisce questo, si capisce quali sono stati i veri risultati di questo sciopero. Le misure restrittive ad Aldo Milani, dirigente del Si.cobas, sono state revocate e questa montatura probabilmente è definitivamente caduta, e a Bergamo, che per settarismo ideologico e spirito di gruppo viene totalmente cancellata nei resoconti anche del Si.cobas, quando qui vi è stato uno dei cortei, non grosso, ma combattivo, gli operai dello Slai cobas per il sindacato di classe e del Si.cobas si sono uniti in piazza, nelle assemblee durante e a fine manifestazione, su un'unica posizione e hanno opposto il loro corteo e la loro unità ai licenziamenti a Brignano – dove l'obiettivo è la cancellazione dello Slai cobas sc, divenuto un ostacolo, una “mina vangante” per l'intero sistema delle cooperative, per la loro gestione “conflittuale” (pessima parola, usata dagli stessi sindacati di base su una linea della conflittualità compatibile).
I padroni delle
cooperative, lo Stato, le Istituzioni locali sanno bene che non si
può rimuovere la conflittualità in questo settore e che un certo
ruolo ai sindacati di base va pure lasciato, dato che organizzano la
maggioranza dei lavoratori, ma quello che per loro non è accettabile
è la rottura di questa compatibilità per imporre realmente in
questo settore condizioni di lavoro dignitose, diritti e fine
dell'uso selvaggio e schiavistico dell'appalto. E a Brignano e alla
Kamila chi sta facendo realmente questa lotta sono gli operai dello
Slai cobas per il sindacato di classe, che non solo si stanno
scontrando contro cooperative e padroni commitenti, denunciando
quotidianamente l'azione delle Istituzioni a fianco di essi, ma anche
contro l'azione strumentale, sciacallesca di alcuni esponenti dei
sindacati di base, dell'Usb, che per un pugno di tessere attacca,
spezza la lotta dei lavoratori, si mette al servizio del disegno
delle cooperative ed entra pienamente della logica di “piazzare i
suoi” invece che tutti, che, chiaramente, è il contrario della
linea: se toccano uno toccano tutti.
A questa logica
recentemente si è unita al tavolo delle trattative anche quella di
alcuni incaricati esterni del Si.cobas che hanno appoggiato a questo
tavolo una linea di sostanziale accettazione dei licenziamenti che
era proprio l'oggetto dello scontro.
I lavoratori in questo
settore non affrontano una linea di unità di classe ma quella della
libanizzazione sindacale che è esattamente quello che serve ai
padroni per far passare i loro piani.
Bergamo, in un certo
senso, è un laboratorio di questa battaglia e della trasformazione
anche in questo settore dell'Usb in quarto sindacale stampella e di
conciliazione con i padroni, in cui la lotta non è fatta
nell'interesse dei lavoratori, ma per ottenere tessere e tutelare la
propria organizzazione.
Tornando allo sciopero
della logistica, la tenuta del sindacalismo di classe in questo
settore, rappresentata maggioritariamente dal Si.cobas è il
risultato concreto dello sciopero.
Certamente a questo
sciopero si aggiungono poi un insieme di “grilli parlanti”, di
parassiti politici, che calcano la mano, che come “pulci sulle
spalle dell'elefante” esaltano lo sciopero e la lotta per esaltare
sé stessi. Non sono purtroppo novità nel movimento sindacale di
classe e nella lotta, ma proprio in questo settore sembra essersi
concentrato l'ultimo approdo di questo parassitismo ideologico e
linee di condotta.
Così anche questa volta
dobbiamo assistere alle cronache in diretta di Infoaut che sembrano
peggiori di quelle di 'tutto il calcio minuto per minbuto', che
almeno lì si collegano con tutti i campi nel fare le cronache. Ma
questo, tra l'altro è solo espressione di quella fetta di movimento
per cui “il movimento è tutto e il fine è nullo”, logica che ha
portato in tempi sospetti ad esaltare anche i “forconi”, e roba
del genere.
La lotta sul contratto
nella logistica ha fatto il primo passo necessario, ora bisogna
davvero aprirla come la guerra prolungata che ha bisogno di forza,
continuità, determinazione che ai lavoratori non mancano, ma anche
capacità di arrivare al Tavolo romano, in cui comunque questa
“vertenza” deve arrivare per consolidare un risultato e avere una
cornice generale necessaria per vincere le battaglie particolari.
La lotta per il contratto
ha bisogno di vincere anche tante battaglie sul territorio e di unità
reale tra i lavoratori - Sarà bene che tutti i compagni siano
consapevoli che questo del 16 è stato uno sciopero difficile che
insieme ai tanti lavoratori in lotta e mobilitati, vi sono state
tante realtà in cui lo sciopero non si è concretizzato, e si tratta
di realtà che hanno preso parte a tante altre fasi della lotta. In
questo senso la battaglia a Bergamo di lotta contro i licenziamenti
non deve finire con la vittoria dei padroni, e l'unità realizzatasi
tra i lavoratori nello sciopero del 16 va mantenuta per arrivare ad
una vittoria anche parziale: nessun licenziamento deve passare, la
repressione sindacale e politica – 11 lavoratori della Kamila sono
accusati di “sabotaggio” - deve essere contrastata sino in fondo
e con tutti i mezzi e su questo, come su altre battaglie di questa
natura i lavoratori della logistica devono muoversi insieme.
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