martedì 20 giugno 2017

pc 20 giugno - TORNANDO SULLO SCIOPERO GENERALE DEL 16 - E' NECESSARIO CHIAREZZA

Il corteo a Bergamo dei lavoratori della logistica
A pochi giorni dallo sciopero generale del 16 giugno del trasporto e della logistica è necessario tornare su di esso a fronte di alcune questioni, l'azione di padroni, governo, stampa borghese, e naturalmente al loro fianco sindacati confederali, e le posizioni di forze della sinistra opportunista, le cose che vengono dette e scritte sullo sciopero da settori del movimento, da aree trosko-bordighiste e da parassiti politici.
Queste osservazioni sono necessarie per definire esattamente lo stadio della lotta nei settori di classe impegnati e il tipo di battaglia da fare.

Partiamo dallo sciopero dei trasporti che ha presentato il solito scenario, in alcune città e settori l'influenze dello sciopero si sono fatte sentire, sia perchè in alcune città e settori è effettivamente riuscito in termini di partecipazione dei lavoratori, sia perchè la prassi della borghesia attraverso i suoi mass media amplifica in mado allarmista gli effetti dello sciopero allo scopo di attaccare il diritto di sciopero, attaccare le organizzazioni sindacali non confederali che lo promuovono, con la logica di colpire uno per colpire tutti, vale a dire: prendere a pretesto i cosiddetti “disagi” dei cittadini, solo in parte provocati dallo sciopero (si potrebbero fare numerosi esempi di questo) dato che il problema principale è lo stato dei trasporti.

Evidentemente ora il problema diventa l'attacco al diritto di sciopero che la borghesia
scatena e che i lavoratori di tutti i settori dovranno respingere e controbattere .
Lo sciopero è partito dalla questione Alitalia, e in Alitalia si è scioperato. Ma con chiarezza, lo sciopero sulla questione Alitalia non ha inciso, se non parzialmente, sullo stato della vicenda e della lotta dei lavoratori. Come abbiamo scritto in una precedente nota, in Alitalia la resistenza si sviluppa, la battaglia si vince solo ed esclusivamente se si esce dalla logica della superficiale contrapposizione tra governo, gestione attuale dell'Alitalia, sindacati confederali e le diverse sigle dei sindacati di base, che, come abbiamo detto, sono un problema e non la soluzione in Alitalia. Al fondo dei piani di licenziamenti e attacco ai diritti, i lavoratori devono opporre l'unità di massa alla base, imporre in assemblee le loro rivendicazioni in forme maggioritarie e scatenare la “guerra civile” non su quale è il padrone migliore ma su come difendere lavoro, diritti e naturalmente sicurezza ed efficienza nel servizio aereo. La parola d'ordine della nazionalizzazione in Alitalia non serve; la nazionalizzazione è quella che già c'è e la “battaglia dei cieli” scatenata a livello mondiale non si vince ma si perde con le nazionalizzazioni. L'attuale guerra commerciale e lo scontro tra i monopoli domanda che i lavoratori escano dalla guerra di un monopolio contro l'altro. Se tagliano l'occupazione e i diritti comunque si ha un servizio peggiore e sono un tassello all'insegna appunto della generalizzazione degli effetti su tutti i lavoratori del trasporto aereo, le cui condizioni e numeri vengono dimensionati secondo il monopolio più forte e anche secondo il paese più forte che sta dietro, e chi riesce ad imporre le condizioni peggiori ai suoi lavoratori.

In questo senso si può comprendere come lo Slai cobas per il sindacato di classe, che non è presente in Alitalia, sostiene le lotte dei lavoratori ma non le posizioni di tutti i sindacati di base presenti. E anche alla luce dello sciopero del 16, noi sosteniamo che esso non ha rappresentato nessun passo avanti rilevante sulla questione Alitalia, che pure era all'origine della decisione di promuovere questo sciopero generale.
Abbiamo già detto che per noi gli scioperi generali generici non sono la forma adatta per lo scontro generale dei lavoratori, che questa battaglia invece va fatta attraverso il “braccio di ferro” su singole questioni, su cui resistere, ridurre i danni e vincere; vincere le battaglie come tappa della guerra. Per noi una vertenza ad oltranza dell'Alitalia, sostenuta da sciopero di solidarietà da diversi settori dei lavoratori, comprese le fabbriche, è meglio dello sciopero del 16 e può costruire il cammino dello sciopero generale che serve ed incide.

L'altra questione è lo sciopero della logistica.
Noi non potevamo che aderire allo sciopero del 16 giugno, essendo interno alla battaglia dura in corso in questo settore. Ma noi, a differenza di come dicono alcuni dei suoi organizzatori e sostenitori, non pensiamo che lo sciopero del 16 sia stato un passo in avanti verso l'unità dei settori in lotta.
Lo sciopero della logistica insieme a quello dei trasporti ha oscurato lo sciopero della logistica, e se dovessimo guardare alla stampa borghese, lo sciopero della logistica sembra non avvenuto.
La battaglia per il contratto nazionale che giustamente era al centro delle rivendicazioni dei lavoratori della logistica non è una battaglia che può avanzare e vincere secondo la logica del 16. Essa ha bisogno di occupare tutto lo scenario dello scontro sindacale con enormi implicazioni politiche data la composizione di immigrati pressochè totale dei lavoratori e date le dinamiche, più volte analizzate, della centralità di questo settore nello scontro generale e nell'attuale stadio del movimento sindacale di classe.
Non comprendere questo, è ulteriormente negativo perchè spinge le organizzazioni sindacali attive nel settore in un certo senso ad adeguarsi allo stile della piattaforme generali degli scioperi generali indetti dai sindacati di base, che finora tutto sono stati meno che elemento di forza dell'alternativa sindacale di classe nel nostro paese, checchè ne pensino i dirigenti di alcuni sindacati di base.
Chiaramente la lotta per il contratto bisognava aprirla e la decisione del Si.Cobas di promuoverla, a cui abbiamo aderito era giusta e necessaria, purchè non si giochi con le parole e ci si autoinganni. Al centro effettivo di questo sciopero vi era la tenuta e la resistenza degli operai in lotta contro i licenziamenti (sindacali e politici in questo settore), sfruttamento e schiavitù, là dove sono riusciti a costruire la loro organizzazione, e che ora padroni delle cooperative, governo e Stato vogliono soffocare e cancellare.
Su questo lo sciopero ha avuto un buon risultato. Gli operai hanno opposto all'azione di padroni e governo la loro determinazione e alcune realtà hanno risposto a tono alle cariche poliziesche (vedi Modena), all'intimidazione, alla repressione.
Se si capisce questo, si capisce quali sono stati i veri risultati di questo sciopero. Le misure restrittive ad Aldo Milani, dirigente del Si.cobas, sono state revocate e questa montatura probabilmente è definitivamente caduta, e a Bergamo, che per settarismo ideologico e spirito di gruppo viene totalmente cancellata nei resoconti anche del Si.cobas, quando qui vi è stato uno dei cortei, non grosso, ma combattivo, gli operai dello Slai cobas per il sindacato di classe e del Si.cobas si sono uniti in piazza, nelle assemblee durante e a fine manifestazione, su un'unica posizione e hanno opposto il loro corteo e la loro unità ai licenziamenti a Brignano – dove l'obiettivo è la cancellazione dello Slai cobas sc, divenuto un ostacolo, una “mina vangante” per l'intero sistema delle cooperative, per la loro gestione “conflittuale” (pessima parola, usata dagli stessi sindacati di base su una linea della conflittualità compatibile).
I padroni delle cooperative, lo Stato, le Istituzioni locali sanno bene che non si può rimuovere la conflittualità in questo settore e che un certo ruolo ai sindacati di base va pure lasciato, dato che organizzano la maggioranza dei lavoratori, ma quello che per loro non è accettabile è la rottura di questa compatibilità per imporre realmente in questo settore condizioni di lavoro dignitose, diritti e fine dell'uso selvaggio e schiavistico dell'appalto. E a Brignano e alla Kamila chi sta facendo realmente questa lotta sono gli operai dello Slai cobas per il sindacato di classe, che non solo si stanno scontrando contro cooperative e padroni commitenti, denunciando quotidianamente l'azione delle Istituzioni a fianco di essi, ma anche contro l'azione strumentale, sciacallesca di alcuni esponenti dei sindacati di base, dell'Usb, che per un pugno di tessere attacca, spezza la lotta dei lavoratori, si mette al servizio del disegno delle cooperative ed entra pienamente della logica di “piazzare i suoi” invece che tutti, che, chiaramente, è il contrario della linea: se toccano uno toccano tutti.
A questa logica recentemente si è unita al tavolo delle trattative anche quella di alcuni incaricati esterni del Si.cobas che hanno appoggiato a questo tavolo una linea di sostanziale accettazione dei licenziamenti che era proprio l'oggetto dello scontro.
I lavoratori in questo settore non affrontano una linea di unità di classe ma quella della libanizzazione sindacale che è esattamente quello che serve ai padroni per far passare i loro piani.
Bergamo, in un certo senso, è un laboratorio di questa battaglia e della trasformazione anche in questo settore dell'Usb in quarto sindacale stampella e di conciliazione con i padroni, in cui la lotta non è fatta nell'interesse dei lavoratori, ma per ottenere tessere e tutelare la propria organizzazione.

Tornando allo sciopero della logistica, la tenuta del sindacalismo di classe in questo settore, rappresentata maggioritariamente dal Si.cobas è il risultato concreto dello sciopero.

Certamente a questo sciopero si aggiungono poi un insieme di “grilli parlanti”, di parassiti politici, che calcano la mano, che come “pulci sulle spalle dell'elefante” esaltano lo sciopero e la lotta per esaltare sé stessi. Non sono purtroppo novità nel movimento sindacale di classe e nella lotta, ma proprio in questo settore sembra essersi concentrato l'ultimo approdo di questo parassitismo ideologico e linee di condotta.
Così anche questa volta dobbiamo assistere alle cronache in diretta di Infoaut che sembrano peggiori di quelle di 'tutto il calcio minuto per minbuto', che almeno lì si collegano con tutti i campi nel fare le cronache. Ma questo, tra l'altro è solo espressione di quella fetta di movimento per cui “il movimento è tutto e il fine è nullo”, logica che ha portato in tempi sospetti ad esaltare anche i “forconi”, e roba del genere.
La lotta sul contratto nella logistica ha fatto il primo passo necessario, ora bisogna davvero aprirla come la guerra prolungata che ha bisogno di forza, continuità, determinazione che ai lavoratori non mancano, ma anche capacità di arrivare al Tavolo romano, in cui comunque questa “vertenza” deve arrivare per consolidare un risultato e avere una cornice generale necessaria per vincere le battaglie particolari.

La lotta per il contratto ha bisogno di vincere anche tante battaglie sul territorio e di unità reale tra i lavoratori - Sarà bene che tutti i compagni siano consapevoli che questo del 16 è stato uno sciopero difficile che insieme ai tanti lavoratori in lotta e mobilitati, vi sono state tante realtà in cui lo sciopero non si è concretizzato, e si tratta di realtà che hanno preso parte a tante altre fasi della lotta. In questo senso la battaglia a Bergamo di lotta contro i licenziamenti non deve finire con la vittoria dei padroni, e l'unità realizzatasi tra i lavoratori nello sciopero del 16 va mantenuta per arrivare ad una vittoria anche parziale: nessun licenziamento deve passare, la repressione sindacale e politica – 11 lavoratori della Kamila sono accusati di “sabotaggio” - deve essere contrastata sino in fondo e con tutti i mezzi e su questo, come su altre battaglie di questa natura i lavoratori della logistica devono muoversi insieme.

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