di Ubik
20 Giugno 2017
Oggi al Pantheon si è tenuto un
presidio per la Giornata mondiale del rifugiato. Decine di persone sono accorse
per denunciare l'Europa dei confini e dei respingimenti.
Al termine del "bivacco" antirazzista del
Pantheon, manifestazione autorizzata dalla Questura, la Digos ha identificato
l'oratore al fine di imputare a qualcuno "eventuali" reati
consistenti in una critica alle leggi Minniti interpretata sub specie di
attentato agli organi costituzionali della stato. Altri partecipanti sono stati
identificati a casaccio, sempre con il pretesto che si potrebbero scoprire
eventuali reati commessi. Agli organizzatori è stato chiesto di
"dissociarsi" da parole che eventualmente ecc. ecc. Un tempo – quando
c'erano le mezze stagioni, evidentemente – "dissociazione" aveva un
senso più drammatico. Il carattere illegale e grottesco di un'identificazione
per la commissione di reati accertabili in futuro (manco al Minority Report di
Ph. Dick e Spielberg era venuto uno spunto così' geniale) non deve nascondere
la gravità del fatto, o meglio del sintomo di una prassi che si va instaurando
zitta zitta. Eccedente, ammettiamo, lo stesso dispositivo repressivo delle due
leggi Minniti, che si applicano a vagabondi, senzatetto e sporchi negri, ma non
prevedono DASPO per le opinioni. Ma si sa, si comincia a criticare la
metafisica e la religione, e poi si si assalta la Bastiglia e si ghigliottinano
gli aristocratici. Visto che non abbiamo (diciamo a caso) problemi di
terrorismo Daesh o di raccolta dei rifiuti, occupiamoci con due volanti e una
decina di agenti arroganti delle parole di Gianluca e del consenso degli
astanti non dissociati. L'identificazione è il primo stadio di una repressione
amministrativa che poi prosegue con Daspo, fogli di via, multe prefettizie
ecc., aggirando il controllo giudiziario e facendo valere in modo sempre più
diffuso un potere arbitrario di polizia, un meccanismo disciplinare che svuota
la legalità e riserva la formazione delle opinioni a rappresentanze
parlamentari sempre meno rappresentative. In Francia prima ti menano poi ti
identificano. Ma non mi pare una ragione per rallegrarsi: la strada è quella.
Ed è una strada che non porterà certo alla pace sociale e al pensiero
"pacificato". La polizia non fa la storia. Le migrazioni e le piazze
sì.
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