Le ragioni per garantire che il prigioniero rivoluzionario sia tenuto in un “regime di carcere duro” in cui possa essere, in astratto, “speso” nello scontro di classe in funzione deterrente e di disorientamento, col passare degli anni non scemano affatto, anzi si rafforzano (dal comunicato di Nadia Lioce al Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila, Sebben che siamo donne, 11/08/2016)
All’Aquila, il 7 luglio, Nadia Lioce verrà processata per
“Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e oltraggio a pubblico ufficiale”.
Reati relativi a battiture di protesta, che la detenuta avrebbe messo in atto
dopo l’applicazione delle circolari del DAP del 2011 e del 2014.
In 10 anni, il materiale cartaceo conservabile nelle celle
della sezione femminile del 41-bis del carcere dell'Aquila, è passato da 30 a 3 riviste, da 20 a 3 quaderni, agli atti
giudiziari dell'ultimo anno e a un solo dizionario.
Con la sentenza della Cassazione del 2014, che ha stabilito
il potere insindacabile delle circolari ministeriali, le prigioniere in 41 bis
possono ricevere libri solo acquistandoli tramite il carcere e previa
autorizzazione.
In questi anni Nadia Lioce è stata oggetto di ripetuti
sequestri di libri, quaderni e altro materiale cartaceo e di cancelleria, già
sottoposto a censura e non eccedente la quantità massima detenibile con le
varie restrizioni. Le è stato sottratto anche l'elastico di una cartellina
porta-documenti e ora la si vuole
processare per aver esercitato una legittima protesta, utilizzando per la
battitura l’unica cosa disponibile in cella: una bottiglia di plastica con cui
avrebbe disturbato il “quieto vivere” di un carcere che l’ha sepolta viva,
condannandola al silenzio, a una condizione d’isolamento totale e perenne,
all’inaccettabile sacrificio della dignità umana!
Contro il divieto ai detenuti in 41 bis di ricevere libri è
nata la campagna “pagine contro la tortura”, cui le compagne del MFPR hanno aderito,
rilanciando all’Aquila la manifestazione del 25 giugno scorso, in difesa delle
condizioni di vita di Nadia Lioce e più in generale dei prigionieri
rivoluzionari. Le condizioni più restrittive di questo regime speciale,
infatti, non affliggono certo i veri capi mafiosi, gli amici impresentabili di
questo marcio sistema capitalistico-mafioso, ma soprattutto detenute e detenuti
politici e proletari che protestano nelle carceri.
“Questi compagni
leggerebbero anche 3 libri al giorno” spiegava l’avvocata di Nadia.
Come chiamare altrimenti questa tecnica di deprivazione
psichica e sensoriale, di abbrutimento, di annichilimento della personalità
umana, se non tortura bianca?
La
necessità della solidariètà femminista e proletaria all’unica donna,
prigioniera politica, detenuta in 41 bis, non si è certo esaurita in quella
manifestazione, sussistendo ancora le ragioni che l’hanno sostenuta, così
abbiamo inviato a Nadia una pubblicazione sul ruolo delle donne nella
Resistenza contro il nazifascismo.
A fine
anno Nadia ci scriveva: “Devo dire che,
negli anni, e con il divieto per legge di comunicare che, volendo, si potrebbe
concretizzare non solo in divieto di “parlare” - corroborato dalla minaccia
sanzionatoria - ma pure di “ascoltare”, il momento dimostrativo fuori dal
carcere crea un tale scompiglio nell’amministrazione penitenziaria da rendere
la quotidianità socialmente asettica, ancor più surreale del solito. Che dire…
naturalmente l’opuscolo “Donne e Resistenza” è arrivato, ma non mi è stato
consegnato, data la vigenza della notoria disposizione, avverso la quale di
recente ho fatto un ennesimo reclamo”
Per
aggirare il problema della ricezione di libri dall’esterno, neanche ammessi in
consultazione presso la biblioteca dell’istituto penitenziario, abbiamo inviato
alla Lioce 2 vaglia per acquistarseli tramite il carcere, scrivendo, come
causale, soltanto "contributo acquisto libri". Ma Nadia non ha
ricevuto nessuno dei 2 vaglia e ha fatto reclamo.
Ci sono
prigionieri in 41 bis, che si sono laureati, hanno scritto libri e sono
diventati persone migliori, mentre Nadia
e gli altri prigionieri politici in 41 bis non possono neanche ricevere 2 soldi
per sopravvivere e studiare.
Con la
sentenza della Corte Costituzionale dell’8.02.17, n° 122, questa sorta di
tortura bianca è stata dichiarata legittima e definitiva, nonostante il parere
contrario della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei
diritti umani del Senato.
D’altra
parte l’approvazione di un testo di legge sul reato di tortura, completamente
stravolto da quello originario, tanto da renderlo di fatto inapplicabile e
incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura (che l’Italia
ha ratificato 28 anni fà), è il segno evidente che quella che il 2 giugno
abbiamo festeggiato, non è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma
uno Stato di polizia fondato sulla
repressione e sull’imperialismo, sulla guerra interna ed esterna, quella guerra
che oggi ci torna a casa e che l’Italia contribuisce ad alimentare.
Uno Stato di moderno medioevo, che pratica la tortura - bianca,
nera o rosa che sia - non offre più margini di democrazia! Le sue quote rosa
sono intrise del sangue delle donne torturate e violentate nelle carceri, nelle
caserme, nei lager per migranti, nelle case e nelle strade.
Uno Stato
che chiude le frontiere ai migranti, che fuggono dalla sua guerra e dalla sua
miseria, è uno Stato di moderno fascismo, uno Stato razzista e uno Stato di
guerra!
Uno Stato
basato sullo sfruttamento del sistema capitalistico e neoliberista, che
garantisce impunità e cittadinanza a chi ammazza per il profitto e certezza
della pena per chi, comunque sia, lotta contro questa immensa ingiustizia, è
uno Stato dei padroni ed opprime doppiamente le donne proletarie.
Sull’ideologia
del negazionismo delle “classi”, la demagogia populista della “sicurezza”, la
strumentalizzazione delle donne in funzione securitaria e produttiva, questo
sistema ha eretto, negli anni, una fortezza contro ogni processo rivoluzionario,
negando lo sfruttamento e la violenza sistemica dei corpi e dei territori,
l’attualità delle ragioni dello scontro di classe, la necessità di una
rivoluzione nella rivoluzione e garantendo invece la “sicurezza” di una sola
“classe”, quella dominante, al di là del genere.
Questo è
il succo dell’applicazione del regime di carcere duro alle prigioniere e ai
prigionieri rivoluzionari in Italia: deterrenza e disorientamento delle lotte
sociali, annientamento del loro spirito rivoluzionario.
E’ su
questa ideologia che si fonda adesso la nostra Repubblica, non sulla Costituzione
nata dalla Resistenza. Resistenza cui le donne hanno dato il loro contributo di
sangue e non solo di “comparse”. Resistenza che ha continuato a vivere nel
protagonismo delle donne rivoluzionarie degli anni ‘70, che al di là delle
scelte di lotta perdenti, perché non basate sulla mobilitazione di massa nella
guerra di popolo contro questo sistema, hanno avuto il merito di riaffermare la
necessità della lotta rivoluzionaria, in cui le donne siano in prima fila per
mettere fine all'unica vera violenza, quella reazionaria dello Stato borghese,
fascista, razzista e maschilista.
Nadia
Lioce è l'unica compagna, insieme ad altri 2 prigionieri politici, ad essere
ancora sottoposta alle condizioni inumane e degradanti del regime del 41 bis.
L'accanimento dello Stato contro Nadia Lioce non può e non deve passare sotto
silenzio! Oggi in Italia, nel carcere dell’Aquila, dove le detenute sono
trattate peggio dei boss mafiosi, c'è una donna combattente che continua a
ribellarsi a questo sistema di tortura e annientamento dell’identità umana,
politica e sociale, ulteriormente inasprito dalla direzione del penitenziario
aquilano da fine novembre 2014!
A questa
donna, a Nadia Lioce, come anche ad altre donne e compagne prigioniere, abbiamo
inviato, in occasione dell’8 marzo, l’appello alle detenute del Movimento
Femminista Proletario Rivoluzionario, affinché la luce dello sciopero globale
delle donne illuminasse anche le nere galere ove sono rinchiuse.
Oggi, 19
giugno, in occasione della giornata internazionale di solidarietà con i
prigionieri rivoluzionari, rinnoviamo il nostro appello a tutte le persone
sinceramente democratiche, ma in primo luogo alle donne, ad esprimere la
propria solidarietà a Nadia Lioce, affinché il vento nuovo dello sciopero delle
donne infranga finalmente quelle sbarre di tortura e di morte, portando con sé l’unica
cosa che ancora non possono toglierci: “l’umanità”, la solidarietà di genere e
di classe, la speranza di un riscatto rivoluzionario
Per
inviarle mail scrivere a mfpraq@autistici.org
MFPR
L’Aquila
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