DALL'EDITORIALE DEL DOSSIER "tantedipiù"
(il dossier si può ricevere scrivendo a: mfpr.naz@gmail.com
"Centinaia
di migliaia sono le donne che hanno scioperato e manifestato l'8
marzo nello sciopero globale delle donne...
Uno
sciopero delle donne contro
padroni, governo, i miserabili sindacati confederali, la stampa
borghese, gli uomini che odiano le donne; così come contro le donne
borghesi, le donne al potere in governi, istituzioni, partiti
parlamentari - che sono nostre nemiche giurate. In questo sciopero
delle donne, sono state le operaie, le lavoratrici, le tantissime
precarie, a rendere la parola d'ordine un VERO sciopero, con
coraggio, orgoglio, dignità, rischiando in prima persona...
Anche
se nel panorama delle tantissime donne, ragazze, scese in piazza in
tutt'Italia, le lavoratrici sono ancora una “entusiasmante-pesante” minoranza,
nel loro impatto di rottura con questo sistema del capitale, del suo
“ordine sociale costituito”, fatto di oppressione,
discriminazione verso le donne, e spesso accettato anche nel
movimento sindacale, negli stessi lavoratori, nelle famiglie, hanno
portato la voce di ribellione più forte delle donne, hanno
rappresentato la maggioranza delle donne, l'insieme dei bi/sogni
delle donne (espressa dalla
piattaforma costruita nelle lotte dal
Mfpr), e hanno portato la “marcia in più”, quella “indomabile”,
“inconciliabile”, che non si può fermare, con qualche legge,
intervento del governo (tra l'altro oggi, nella fase di moderno
fascismo, sempre più impossibili: Minniti usa i fondi sociali per
finanziare non certo i centri antiviolenza ma le loro politiche
razziste e imperialiste antimmigrati, di interventi militari).
Lo
sciopero delle donne, quello vero, poteva essere più grande, più
numeroso, se l'8 marzo molte realtà del movimento “Non una di
meno” non avessero tutto puntato solo sulle manifestazioni e
iniziative di piazza, di fatto lasciando senza indicazione le
lavoratrici e svuotando l'impatto e il significato dello “sciopero
delle donne”...
Le donne
proletarie fermandosi realmente sui posti di lavoro, e fuori, hanno
lanciato il forte messaggio: non
è che l'inizio, nulla
e nessuno potrà fermare la 'marcia in più', che abbiamo innescato;
uniremo la nostra lotta a quella generale perché
tutta la vita deve cambiare! Noi
abbiamo portato il “rosso”, perché è il colore del sangue delle
nostre sorelle uccise, violentate, morte di lavoro, di non lavoro,
malate per il lavoro in casa che esaurisce; ma è anche il colore
della nostra lotta, per spezzare
non una catena ma tutte le catene, per un mondo nuovo senza
sfruttamento, oppressioni, femminicidi, discriminazioni.
Uno
sciopero, e
non rituali imbellettati, a cui parte del movimento femminista
borghese e piccolo borghese ci aveva abituate. Uno sciopero arma di
lotta di classe e di donne, per continuare a seminare ora, ribellione
e organizzazione, per rendere
il nostro bi/sogno di rivoluzione una marcia reale – che faccia
preoccupare, faccia paura ai padroni, ai governi, agli Stati, agli uomini che
odiano le donne - e dentro di essa l'indispensabile rivoluzione nella
rivoluzione...."
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