Riportiamo stralci di una intervista di Eliana Como del 'sindacato è un'altra cosa' - Cgil, che condividiamo, soprattutto quando dice: "Ben vengano le assemblee nei posti di lavoro, gli incontri, gli spettacoli, le iniziative cittadine. Ma senza lo sciopero il segnale è tutt’altro...".
Chiamiamo tutte le operaie, le lavoratrici di tutti i posti di lavoro, le migliaia di precarie, le braccianti, le immigrate supersfruttate nei servizi, nelle pulizie, ad essere in prima fila nel prendere in mano lo "sciopero delle donne", perchè è lo sciopero che unisce la lotta di classe e la lotta come donne, ed è l'"arma" combattiva proprio delle donne più sfruttate, oppresse, discriminate.
MFPR
8 MARZO – LO SCIOPERO DELLE
DONNE «ECCO PERCHÉ FARLO ANCHE IN ITALIA»
"Trecentomila donne hanno manifestato a
Roma lo scorso 26 novembre contro la violenza maschile
sulle donne e a inizio febbraio si sono riunite a
Bologna circa duemila donne..."
«C’è un tempo per piangere e un tempo
per indignarsi. C’è anche un tempo per denunciare.
Ma poi deve esserci un tempo per provare a cambiare
le cose e mettere in discussione alla radice un
intero sistema. Abbiamo superato l’approccio
vittimistico sul tema della violenza e lo abbiamo
sostituito con l’autodeterminazione, la
partecipazione, la rivendicazione, la lotta. Il
rischio è che alla fine non cambi niente e che la
violenza sia condannata a parole ma tollerata nei
fatti. Per questo l’8 marzo sarà una giornata di
sciopero. Ci provammo già nel 2013. Era giusto anche
allora, ma forse i tempi non erano maturi. Ora lo
sono, anche perché l’esperienza italiana non è
isolata. Anche per questo, non possiamo permetterci
di perdere questo appuntamento»...
"...credo che le discriminazioni delle donne sui
posti di lavoro siano funzionali alla loro
oppressione nella società: con questo non voglio
dire che la violenza contro le donne appartenga
soltanto a uno strato sociale, non è così e spesso
la subiscono anche professioniste affermate. Il
punto però è mettere in discussione l’intero
sistema. Non basta dire che siamo contro la
violenza, se poi accettiamo che le donne siano
sempre pagate meno e più discriminate sui posti di
lavoro. Senza considerare che per tante donne
liberarsi da situazioni di violenza all’interno
delle famiglie è difficile proprio perché non sono
in condizione di rendersi autonome economicamente,
perché hanno un salario basso, un lavoro precario e
incerto, magari una pensione da fame anche se è
tutta la vita che faticano».
Quali
sono le vertenze aperte in questo momento in
Italia che riguardano in particolare le donne?
«Nel settore in cui lavoro c’è un tema generale che riguarda la condizione delle donne, soprattutto delle operaie. Nelle fabbriche metalmeccaniche italiane, le donne sono circa il 20% della forza lavoro. Non ci sono donne nelle fonderie o nei cantieri navali, ma in tanti comparti manifatturieri sono la maggioranza. Basti pensare all’elettrodomestico, all’elettronica, al motociclo ma anche all’automobile. In particolare le operaie sono impiegate sulle linee di montaggio, dove, guarda caso, le operazioni sono meno qualificate e i livelli salariali più bassi. Un tema che si affronta pochissimo, in questo settore in particolare ma anche negli altri: la salute e la sicurezza delle donne nei posti di lavoro. Concetti che non sono affatto “neutri”, ma vengono perlopiù trattati come tali. C’è differenza tra i corpi degli uomini e delle donne. Eppure, i Dpi (dispositivi di protezione individuale: guanti, occhiali, cuffie etc) sono “neutri”, cioè pensati tutti, uomini e donne. E quando si dice che sono neutri, nelle fabbriche metalmeccaniche significa in realtà che sono pensati per gli uomini. Poi le donne si dovranno adattare. Non si parla mai nemmeno di salute riproduttiva. Aldilà di ogni altra considerazione, quando è uscita la campagna sul Fertility Day a nessuno è venuto in mente di parlare del rapporto tra condizioni di lavoro e fertilità/maternità (lavoro notturno, turni di sabato e domenica, catena di montaggio)».
«Nel settore in cui lavoro c’è un tema generale che riguarda la condizione delle donne, soprattutto delle operaie. Nelle fabbriche metalmeccaniche italiane, le donne sono circa il 20% della forza lavoro. Non ci sono donne nelle fonderie o nei cantieri navali, ma in tanti comparti manifatturieri sono la maggioranza. Basti pensare all’elettrodomestico, all’elettronica, al motociclo ma anche all’automobile. In particolare le operaie sono impiegate sulle linee di montaggio, dove, guarda caso, le operazioni sono meno qualificate e i livelli salariali più bassi. Un tema che si affronta pochissimo, in questo settore in particolare ma anche negli altri: la salute e la sicurezza delle donne nei posti di lavoro. Concetti che non sono affatto “neutri”, ma vengono perlopiù trattati come tali. C’è differenza tra i corpi degli uomini e delle donne. Eppure, i Dpi (dispositivi di protezione individuale: guanti, occhiali, cuffie etc) sono “neutri”, cioè pensati tutti, uomini e donne. E quando si dice che sono neutri, nelle fabbriche metalmeccaniche significa in realtà che sono pensati per gli uomini. Poi le donne si dovranno adattare. Non si parla mai nemmeno di salute riproduttiva. Aldilà di ogni altra considerazione, quando è uscita la campagna sul Fertility Day a nessuno è venuto in mente di parlare del rapporto tra condizioni di lavoro e fertilità/maternità (lavoro notturno, turni di sabato e domenica, catena di montaggio)».
Perché
non fare anche solo 2 ore di sciopero?
«Sono settimane che Non Una Di Meno ha lanciato l’appello per lo sciopero generale. Se la Cgil non lo proclama è perché manca la volontà. Mi auguro che la segreteria cambi idea. Credo che si debbano proclamare 8 ore, fermare l’intera giornata di lavoro. Ma se fossero meno sarebbe comunque un segnale. A oggi però la Cgil non ha proclamato nemmeno un’ora»...
«Sono settimane che Non Una Di Meno ha lanciato l’appello per lo sciopero generale. Se la Cgil non lo proclama è perché manca la volontà. Mi auguro che la segreteria cambi idea. Credo che si debbano proclamare 8 ore, fermare l’intera giornata di lavoro. Ma se fossero meno sarebbe comunque un segnale. A oggi però la Cgil non ha proclamato nemmeno un’ora»...
"... La copertura per lo
sciopero generale l’abbiamo, comunque. Grazie a
varie sigle di base: tutti l’8 marzo potranno
scioperare, compresi gli uomini se lo vorranno».
In
alternativa cosa farete?
«Ben vengano le assemblee nei posti di lavoro, gli incontri, gli spettacoli, le iniziative cittadine. Ma senza lo sciopero il segnale è tutt’altro. Non basta più appendere uno striscione fuori dalle camere del lavoro, né presenziare a qualche flashmob, tanto meno fare il tristissimo minuto di silenzio. Una grande organizzazione come la Cgil deve avere il coraggio di dichiarare sciopero. Sarebbe auspicabile lo facesse anche per tutte quelle lavoratrici precarie che lavorano con i voucher e che subiscono le leggi sui cambi appalto».
«Ben vengano le assemblee nei posti di lavoro, gli incontri, gli spettacoli, le iniziative cittadine. Ma senza lo sciopero il segnale è tutt’altro. Non basta più appendere uno striscione fuori dalle camere del lavoro, né presenziare a qualche flashmob, tanto meno fare il tristissimo minuto di silenzio. Una grande organizzazione come la Cgil deve avere il coraggio di dichiarare sciopero. Sarebbe auspicabile lo facesse anche per tutte quelle lavoratrici precarie che lavorano con i voucher e che subiscono le leggi sui cambi appalto».
Si
può essere femminista e sindacalista?
«Si deve. Chi fa la sindacalista è chiamata a difendere le condizioni di tutti, uomini e donne. Questo non è in discussione. Noi donne siamo le prime a capire che c’è una condizione di genere da combattere. I salari sono bassi per tutti, è vero, ma per le donne lo sono sempre di più. Le condizioni di lavoro sono pessime per tutti, ma per le donne è sempre peggio. La precarietà è un problema per tutti, ma le donne sono le più colpite. Non si migliorano le condizioni di lavoro di nessuno, se non si mette in discussione il più generale sfruttamento delle donne».
«Si deve. Chi fa la sindacalista è chiamata a difendere le condizioni di tutti, uomini e donne. Questo non è in discussione. Noi donne siamo le prime a capire che c’è una condizione di genere da combattere. I salari sono bassi per tutti, è vero, ma per le donne lo sono sempre di più. Le condizioni di lavoro sono pessime per tutti, ma per le donne è sempre peggio. La precarietà è un problema per tutti, ma le donne sono le più colpite. Non si migliorano le condizioni di lavoro di nessuno, se non si mette in discussione il più generale sfruttamento delle donne».
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