IMPERIA - Gli hanno tirato una pietra in testa, nascosti dietro i cespugli, sul lungomare cittadino, approfittando del buio della notte. Poi, quando la vittima ha appoggiato la bicicletta per terra, sanguinante, sono usciti fuori, allo scoperto. Erano in sei, tutti italiani. «Perché? Perché mi avete tirato quella pietra? Cosa vi ho fatto?», ha chiesto il giovane nordafricano, implorando pietà e almeno una risposta. Un paio di secondi di silenzio e poi l’esplosione di violenza. Assurda. Calci e pugni ripetuti, al volto e al torace. «Sei un negro di m...., vattene via dall’Italia».
Un agguato di sicura matrice razzista, quello subito un paio di sere fa, da Mohamed D., 19 anni, senegalese, sbarcato in Italia dodici mesi fa, su una delle tante carrette del mare che approdano quasi ogni giorno in Sicilia. A salvarlo, quasi certamente, un automobilista di passaggio che, dopo aver inchiodato la vettura, è saltato fuori dall’abitacolo mettendo in fuga il gruppo di aggressori. Il senegalese, che lavora come lavapiatti in un ristorante cittadino, è stato poi medicato al pronto soccorso. Nessuna ferita grave ma lo choc e il terrore, per un po’ di tempo, saranno compagni fedeli della vita di Mohamed. Ospite di una cooperativa socio-assistenziale di Imperia, in attesa del riconoscimento di rifugiato politico, il ragazzo - stimato e benvoluto da amici, datori di lavoro e assistenti sociali - lavora come lavapiatti in un ristorante cittadino.
«Mohamed non farebbe male a una mosca, lo conosciamo bene - spiegano Alessandro Giulla, presidente della cooperativa Jobel, e Claudia Regina, coordinatrice pedagogica della struttura - non ha provocato nessuno: non ha neppure avuto il tempo di capire cosa stesse veramente accadendo. È un ragazzo esile, tranquillo. Un ragazzo che, in una tranquilla notte d’estate, solo per il colore della pelle, è stato pestato da sei codardi». La richiesta di tutti, amici e datori di lavoro, è chiara.
«Vogliamo che gli aggressori, soggetti pericolosi per la nostra città, vengano scoperti e puniti».
Il racconto della vittima ai carabinieri è stato drammatico. «Era mezzanotte, avevo appena finito il mio turno di lavoro - ha spiegato il giovane con ancora il terrore negli occhi - con la mia bicicletta stavo andando a dormire presso l’alloggio assegnatomi dalla cooperativa “Jobel”, in via Argine Destro. All’altezza del passaggio a livello di lungomare Vespucci, sei giovani, italiani, mi hanno preso a pietrate. Mi sono fermato, sanguinavo. Ho chiesto per quale motivo mi avevano tirato le pietre. Poi si sono avvicinati e mi hanno aggredito urlando frasi razziste». Mohamed, prima di arrivare in Italia, aveva affrontato un viaggio massacrante, in mare. Prima ancora, aveva sopportato un lungo, doloroso calvario: due mesi e mezzo di cammino, in mezzo a due deserti, per raggiungere la Libia e il sogno italiano. Negli occhi orrore, sangue, fatica e morte. Ora dovrà dimenticare anche quella maledetta notte di martedì.
Profughi al campetto di Legino, residenti pronti alla protesta
SAVONA - I residenti di Legino che vivono vicino al campetto di calcio che la Curia ha messo a disposizione della Prefettura per l’allestimento di un campo di prima accoglienza per migranti non vogliono i profughi e si preparano alla protesta.
Il campo verrebbe organizzato con container, moduli abitativi dotati di tutti i servizi, dove i migranti dovrebbero rimanere solo per un tempo che va dalle 24 alle 48 ore per essere poi trasferiti in altre zone. Si tratterebbe di 50-70 profughi per volta. Una soluzione che i residenti non condividono e per la quale chiedono un’alternativa. Temono per la sicurezza, per l’ordine del quartiere ma anche per un deprezzamento delle case comprate con sacrifici. Qualcuno, più moderato, propone di organizzare una raccolta firme, altri pensano a forme di protesta più eclatanti, come bloccare un eventuale arrivo di profughi.
Tra i più accesi detrattori del campo d’accoglienza ci sono i commercianti e tra di loro c’è chi pensa di organizzarsi per difendersi per conto proprio, se fosse necessario.
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