giovedì 21 luglio 2016

pc 21 luglio - FORMAZIONE OPERAIA - UN NUOVO INTERVENTO: SPIEGARE I FENOMENI PARTENDO DALLA "RADICE" - TORNANDO ALLE POSIZIONI SULLA BREXIT

Questa settimana pubblichiamo l'intervento di un giovane professore universitario italiano che insegna in Tunisia.

La sintesi de L’imperialismo di Lenin fatta del prof  Di Marco in maniera semplice e concisa espone in forme popolari il testo che insieme alla Formazione Operaia precedente su Il capitale di Marx, è fondamentale per l’analisi della società attuale e per la formazione e strategia del soggetto rivoluzionario: il partito.

Una prima riflessione che riguarda entrambe le FO è legata alla funzione che entrambe rivestono:
spiegare i fenomeni partendo dalla “radice” ovvero dall’analisi della realtà materiale in maniera scientifica. È un processo di semplificazione/comprensione della realtà che per sua natura è complessa in quanto frutto di sviluppo continuo delle contraddizioni comprensibili solo tramite la padronanza del metodo materialistico/dialettico.
Seguendo le due FO risulta azzeccata la scelta di studiare prima Il capitale (quanto meno una parte) per appropriarsi dei concetti fondamentali che spiegano il funzionamento della società capitalistica, e consecutivamente l’imperialismo che ci spiega lo sviluppo di questa società ai tempi nostri (gli ultimi 100 anni). Altri testi possono fungere da complemento (es. Miseria della Filosofia di Marx).

Seconda riflessione: l’opera di Lenin è un’arma contundente contro l’opportunismo, il pacifismo e il revisionismo contro qualsiasi posizione “meccanico/evoluzionista” che propugna una “transizione pacifica” da un capitalismo sfruttatore a un capitalismo pacificato senza sfruttamento
grazie alla creazione di monopoli che, sostengono i revisionisti, vanno verso la creazione di un monopolio mondiale e quindi ad una ipotetica fine della spartizione mondiale da parte dei capitalisti e dei loro bracci armati. Questa posizione non vede la dinamica dell’evolversi delle contraddizioni ed esclude il fatto che vi sono continue nuove divisioni del mercato mondiale tra potenze imperialiste, una spartizione continua determinata da nuovi rapporti di forza. Gli anni ’90 hanno rappresentato l’apice del post-modernismo, pensiero  che ha preso piede in forze di “movimento” le quali sostenevano e sostengono la scomparsa dello stato nazione a favore di organizzazioni internazionali (UE, NATO, CSI, NAFTA ecc.). la corrispondente unificazione in monopolio in campo politico: l’impero di Toni Negri.
Con buona pace di Negri e finti comunisti ossessionati (solo) dall’imperialismo americano, le contraddizioni inter-imperialistiche che si svolgono sotto i nostri occhi confermano che la continua divisione e spartizione dei mercati è in continuo movimento anche quando si danno per scontato certe aree di influenze (vedi Ucraina, Libia, Siria), penetrazione cinese in Africa (da approfondire ulteriormente tramite la FO la natura di questo paese, semplicemente capitalista o imperialista alla luce della teoria dell’imperialismo?).
Anche alcune forze che si pongono sul terreno della rivoluzione ultimamente hanno preso certi abbagli vedi sulla questione Brexit.
Non stiamo parlando dei neo-autonomi di infoaut che nella loro “evoluzione” sempre all’interno di una cornice post-moderna si allontanano progressivamente dal campo rivoluzionario tramite tappe graduali (appoggio ai forconi, riformismo elettoralista e sostegno al M5S, indipendentismo sicilianista e infine fronte unito con forze reazionarie nazionali e internazionali con il caso Brexit).
Parliamo dei compagni inglesi di Revolutionary Praxis il cui documento a commento di Brexit è largamente condivisibile ma il paragrafo dal titolo “Capitalist monopoly sews the seeds of its own downfall  “ presenta alcune inesattezze così espresse quando si dice:
“Il costante sviluppo del capitalismo verso forme di monopoli crea la base oggettiva per il socialismo tramite la scomparsa dei quadri nazionali e le barriere tra le vecchie nazioni europee sono ormai andate”.
Come abbiamo già detto seguendo la critica di Marx a Proudhon ripresa da Lenin ne l’Imperialismo, I monopoli si formano in seguito a scontri e nuove divisioni del mercato tra le potenze imperialiste non per via pacifica, la scomparsa delle barriere e dei quadri nazionali potrà avvenire pienamente tra paesi socialisti in forma embrionale e in seguito nel comunismo.

Terza riflessione: perché è importante capire l’imperialismo nel suo complesso e la natura dei differenti paesi (imperialisti/ oppressi dall’imperialismo) ?
Per le forze soggettive (partiti comunisti maoisti) questo è strettamente legato alla strategia e alla tattica. Il sistema imperialista è mondiale, il proletariato organizzato può abbatterlo solo con la strategia universale della guerra popolare di lunga durata. i passaggi tattici che per loro natura si modificano nelle varie fasi della lotta rivoluzionaria sono però influenzati dalla situazione concreta in cui si opera e quindi la natura del paese riveste un ruolo cruciale (es. quali classi sociali sono alleabili?; come e quando utilizzare i margini di lotta legale come org. legali, partecipazione ad elezioni; quali e dove sono le potenziali basi d’appoggio? ecc.)

Quarta riflessione: Brexit rafforza o indebolisce l’imperialismo?
Alcuni compagni ma anche alcuni revisionisti opportunisti sostengono che l’uscita del Regno Unito dall’UE indebolisce il campo imperialista e rafforza le masse popolari britanniche e oppresse dall’imperialismo britannico, a riprova di ciò si enuncia: la natura “popolare” del voto. Le possibili conseguenze positive nel medio periodo rappresentate dall’indipendenza della Scozia e dalla riunificazione dell’Irlanda.
Innanzitutto possiamo considerare l’UE un polo imperialista?
No, l’UE rappresenta un fronte di paesi imperialisti e capitalisti del vecchio continente per difendere alcuni interessi comuni: estrazione di plusvalore in maniera più intensiva dalla classe operaia dei paesi europei sancita da legislazioni sul lavoro che tendono all’omogeneità, creazione di un mercato europeo unico dove però persistono le differenze e i rapporti di forza (es. i paesi imperialisti delocalizzano la produzione in altri paesi dell’UE dove è possibile estrarre più plusvalore vedi Fiat in Polonia). Quindi gli stati nazionali persistono eccome, altro che scomparire! Paesi imperialisti europei esportano capitali verso altri paesi europei (quarta caratteristica dell’imperialismo spiegata da Lenin che presuppone le 3 precedenti).
All’interno dell’UE vi sono contraddizioni tra i paesi che ne fanno parte: tra paesi imperialisti da un lato (UK, Francia, Germania, Italia in primis) e paesi capitalisti più deboli dall’altro (“l’Europa a 2 velocità come dissimulano i borghesi”), tra i paesi imperialisti dell’UE per la spartizione dei mercati sia all’interno dei confini UE sia all’esterno (in particolare Nord Africa e Medio Oriente).
Il Regno Unito nel suo complesso è vittima dell’UE?
No, il Regno Unito è uno dei principali paesi imperialisti del mondo. Proprio il fatto che dall’adesione alla vecchia CEE abbia avuto un ampio margine di negoziazione dei termini di adesione e membership come la non partecipazione allo SME (sistema monetario europeo) che ha dato vita prima ad un sistema di cambio concordato tra le valute dei singoli paesi ECU e in seguito alla moneta unica Euro, sia alla limitazione dell’area Schenghen di libera circolazione di persone.
Per condizioni storiche, politiche ed economiche il Regno Unito ha sempre costituito un “ponte” tra l’imperialismo americano e gli imperialisti europei, la classe dominante britannica ha al proprio interno delle contraddizioni che provocano un’oscillazione tra i due versanti dell’atlantico. Il relativo ritardo con cui il Regno Unito ha aderito alla CEE (1973) e la possibilità di farlo dettando proprie condizioni “particolari”, rispecchiano questo compromesso. Una sezione della borghesia imperialista inglese rappresentata da un partito reazionario, nazionalista e xenofobo ha cavalcato l’onda del malessere del sottoproletariato e della piccola borghesia inglese più che della classe lavoratrice, e propone un’uscita da destra dall’UE. Nel nome dell’indipendenza nazionale dalla finanza internazionale (a cui fanno eco i nostri neo-grillini nostrani nel movimento) udite udite! Come se il Regno Unito fosse un paese oppresso dall’imperialismo e non al contrario un paese oppressore (questa retorica con i dovuti distinguo e differenze storiche del caso ricorda molto la definizione mussoliniana di “nazioni proletarie” che avrebbero dovuto combattere per avere il loro diritto di sedere al posto al sole delle potenze coloniali). Come se il Regno Unito non sia attore principale del sistema imperialista mondiale con le proprie banche, multinazionali ecc. (i trust di cui parlava Lenin) il proprio esercito dispiegato sui 5 continenti (Europa compresa) ecc.

Non capendo l’abc del sistema in cui viviamo certi opportunisti si illudono che per cambiare sistema bastino scorciatoie come l’ennesimo cartello elettorale (reazionario per giunta) si illudono che in questo sistema le nazioni oppresse possano liberarsi dall’oppressione imperialista a colpi di referendum. Si può veramente pensare che lo stesso Regno Unito a probabile guida nazionalista Farange conceda l’indipendenza alla Scozia e ancor più la riunificazione delle 32 contee dell’Irlanda del Nord con la Repubblica d’Irlanda? Basta ripercorrere la storia eroica ancora non conclusa della lotta di liberazione nazionale irlandese per capire che si tratta di pie e ingenue illusioni. Inoltre a proporre il referendum di riunificazione in Irlanda sono i traditori dello Sinn Fehin, il vecchio partito indipendentista irlandese complice dei cosiddetti accordi di pace ovvero capitolazione della lotta del popolo irlandese con il nemico. Accordi non riconosciuti dalle forze rivoluzionarie e realmente nazionaliste irlandesi.
In forme diverse questa posizione rappresenta l’illusione di cambiamenti per via pacifica (referendum) nel sistema imperialista. L’illusione dei sordi che non sentono gli attriti e gli scontri che avvengono quotidianamente nel mondo e tra la classe operaia e la borghesia imperialista nei nostri paesi. Se in Italia la scorciatoia è rappresentata dalla parola d’ordine “no euro” (come se fosse una valuta piuttosto che un’altra la causa dello sfruttamento e non il meccanismo con cui il capitalismo fa profitto sfruttando una particolare merce che è l’operaio), in Regno Unito dove l’euro non è mai entrato in vigore si esulta al Brexit a guida fascio-nazionalista-xenofoba.

Come dicevamo all’inizio la realtà è molto più complessa, il proletariato inglese per poter realmente scegliere deve rendersi autonomo (classe per sé per dirla con Marx) costituirsi in partito maoista e abbattere lo stato imperialista britannico per la propria emancipazione che inizia con l’istaurazione di una società socialista in marcia verso il comunismo. In questa dinamica si accelererebbe il processo di indipendenza-rivoluzione anche in Scozia, in Irlanda, in Galles.

Tornando alla chiara esposizione del prof. Di Marco si fa accenno alla questione dell’agricoltura nel sistema capitalista in generale. i nostri tifosi “di sinistra” di Brexit aggiungono un altro argomento: l’uscita del Regno Unito dall’UE darà un colpo agli accordi TTIP cioè sul libero commercio dei prodotti agricoli tra USA (notoriamente a maggioranza ogm con tutto quello che ne consegue) e l’Europa. Non essendoci qui spazio per approfondire la questione, diciamo solo che l’imperialismo spartisce e crea nuovi mercati in funzione del profitto, la contraddizione tra città e campagna e quindi la questione dell’agricoltura può essere risolta solo da un movimento rivoluzionario. Studino questi compagni come si organizza l’agricoltura nelle zone liberate dalla Guerra Popolare in India e nelle Filippine (per citare gli esempi di maggiore estensione) li risiede una soluzione ben diversa dallo scimmiottamento delle dinamiche capitaliste in salsa “rivoluzionaria” come poteva essere il “caffè zapatista” in vendita nei centri sociali “alternativi” europei.

Infine i sostenitori di Brexit minimizzano il fatto che il voto sia stato “di pancia”, “e allora?” dicono i nostri intellettuali post-moderni al di sopra di tutto e oltre il “comunismo” e “l’anarchia” ma fieramente grillini.
Allora, rispondiamo noi, come accaduto in precedenza ad altri revisionisti e opportunisti in seno al movimento operaio, il vostro livello analitico scende ad un livello più basso rispetto agli intellettuali e all’intellighenzia borghese, e rimandiamo all’esempio che Lenin fa nel libro e ripreso nella spiegazione su youtube del prof. Di Marco quando si cita l’imperialista Rhodes che identifica precisamente il legame tra “malumori di pancia” e imperialismo…

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