Il prof. Pirro dell'Università di Bari sull'Ilva ritorna a far squillare le trombe per chiamare ad una "grande mobilitazione" a sostegno dei padroni e del governo.
I servi non cambiamo mai la loro natura. Pirro sogna una mega manifestazione, una grande marcia dal sud al nord che avrebbe esplicitamente un carattere neocorporativo e fascista, allo scopo di sostenere gli unici interessi che gli interessano: quelli dei nuovi padroni che si prenderanno l'Ilva per fare anch'essi, come Riva, i loro profitti, sporchi anche di sangue e quelli del governo che vuole svendere l'Ilva insieme agli operai, ai posti di lavoro, alla sicurezza e salute di lavoratori e masse popolari.
Gli operai, non solo sono sfruttati e sempre a rischio vita, le masse popolari non solo hanno e continuano a subire tutta la nocività del capitale, ma dovrebbero anche farsi marionette al servizio del sistema del capitale e di tutta la sua corte dei miracoli, subendo ricatti, minacce, voluta confusione, disinformazione, ecc.
SE LO SOGNI, PIRRO! A TARANTO NON CI SARA' PIU' UNA "MARCIA DEL 30 MARZO 2012"!
Non abbiamo dubbi che Pirro possa convincere i sindacati confederali, le istituzioni locali, i consiglieri comunali e regionali, ecc. MA NON CONVINCERA' NESSUN OPERAIO, NESSUNA DONNA, NESSUN GIOVANE!
L'articolo del servo Pirro:
"Serve una mobilitazione sociale a difesa dell'industria italiana e dell'Ilva"
Il neo ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda afferma
che tale intervento non pregiudica il processo di vendita della
società... ma è del tutto evidente – come ha affermato giustamente il
segretario nazionale della Uilm Rocco Palombella –
che il rischio di interferenza della decisione degli organismi
comunitari c’è, ed è rilevante. Infatti... quale compratore di fronte a
tali orientamenti degli organismi competenti della UE... non sarebbe
indotto a riconsiderare per lo meno i termini finanziari della propria
offerta, dovendosi preoccupare di eventuali oneri aggiuntivi derivanti
dall’obbligo di restituire allo Stato, oltre ai 300 milioni, quanto
altro fosse riconosciuto alla fine come aiuto pubblico?
Com’è noto, peraltro, sono state Eurofer, l’associazione dei produttori di acciaio europei, e la Thyssen Krupp a sollecitare l’apertura di un’inchiesta sui finanziamenti al gruppo italiano...
Alla luce di quanto appena riportato, la domanda che ci si pone è la seguente: non è sempre più evidente il disegno di chi fra i produttori di acciaio europei – ma anche di settori dell’estremismo ambientalista ionico – vorrebbe creare le condizioni anche economico-finanziarie per puntare nei fatti alla dismissione dell’impianto siderurgico tarantino? Togliere dal mercato in una fase di contrazione della domanda la sua capacità produttiva di 10,5 milioni di tonnellate significherebbe aver operato a nostre spese nella UE la riduzione impiantistica che viene propugnata dai più temibili concorrenti dell’Ilva.
Allora, se questa domanda ha un qualche fondamento... bisognerebbe incominciare ad affiancare l’azione diplomatica con grandi manifestazioni di piazza, da Taranto a Genova e a Novi Ligure, per riaffermare con forza che l’Ilva ‘non si tocca’ e che sullo smantellamento della sue capacità produttive ‘non si passa’: ed una manifestazione popolare, se del caso, potrebbe giungere sino alle soglie del Parlamento e della Commissione Europea nella capitale belga.
Aiutando così l’Esecutivo nel difficile negoziato con la Commissione, siano vigili e combattivi allora i Sindacati confederali e di categoria, la Confindustria nazionale e quelle locali di Genova, Taranto e del Piemonte, la Federacciai, tutte le aziende dell’indotto, le banche creditrici della società... consiglieri regionali e comunali, i centri di ricerca dei Politecnici di Torino, Milano e Bari, gli Agenti marittimi, gli autotrasportatori e le loro associazioni di categoria, le Autorità portuali di Genova e del capoluogo ionico, le Diocesi arcivescovili dei due capoluoghi. tutti gli organi di informazione, e le Istituzioni comunali con i Sindaci delle cittadine liguri e ioniche ove vivono migliaia di operai dell’Ilva.
La mobilitazione, insomma, dovrà essere corale e assumere, se fosse necessario, nelle storiche piazze liguri e pugliesi caratteri e dimensioni che vorremmo immaginare come epocali: a Genova gli operai dell’Ilva nelle scorse settimane hanno paralizzato la città con il consenso dei suoi abitanti. A Taranto, dopo le grandi manifestazioni operaie del 30 marzo, del 26 luglio e del 2 agosto del 2012, solo di recente i Metallurgici e i loro sindacalisti sono tornati in corteo nelle vie cittadine...
Perché allora le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil di Puglia e Basilicata non organizzano una grande e combattiva marcia per il lavoro che unisca idealmente Brindisi, Taranto e la Val d’Agri? Una marcia per il lavoro, lo sviluppo e la difesa della produzione industriale, non certo contro le imprese Eni ed Ilva, ma per aiutare il Governo e riaffermare agli occhi della UE e degli organi giudiziari di Potenza il diritto all’occupazione delle migliaia di operai, tecnici, quadri e dirigenti di grandi stabilimenti a Brindisi, Taranto e in Val d’Agri...
Com’è noto, peraltro, sono state Eurofer, l’associazione dei produttori di acciaio europei, e la Thyssen Krupp a sollecitare l’apertura di un’inchiesta sui finanziamenti al gruppo italiano...
Alla luce di quanto appena riportato, la domanda che ci si pone è la seguente: non è sempre più evidente il disegno di chi fra i produttori di acciaio europei – ma anche di settori dell’estremismo ambientalista ionico – vorrebbe creare le condizioni anche economico-finanziarie per puntare nei fatti alla dismissione dell’impianto siderurgico tarantino? Togliere dal mercato in una fase di contrazione della domanda la sua capacità produttiva di 10,5 milioni di tonnellate significherebbe aver operato a nostre spese nella UE la riduzione impiantistica che viene propugnata dai più temibili concorrenti dell’Ilva.
Allora, se questa domanda ha un qualche fondamento... bisognerebbe incominciare ad affiancare l’azione diplomatica con grandi manifestazioni di piazza, da Taranto a Genova e a Novi Ligure, per riaffermare con forza che l’Ilva ‘non si tocca’ e che sullo smantellamento della sue capacità produttive ‘non si passa’: ed una manifestazione popolare, se del caso, potrebbe giungere sino alle soglie del Parlamento e della Commissione Europea nella capitale belga.
Aiutando così l’Esecutivo nel difficile negoziato con la Commissione, siano vigili e combattivi allora i Sindacati confederali e di categoria, la Confindustria nazionale e quelle locali di Genova, Taranto e del Piemonte, la Federacciai, tutte le aziende dell’indotto, le banche creditrici della società... consiglieri regionali e comunali, i centri di ricerca dei Politecnici di Torino, Milano e Bari, gli Agenti marittimi, gli autotrasportatori e le loro associazioni di categoria, le Autorità portuali di Genova e del capoluogo ionico, le Diocesi arcivescovili dei due capoluoghi. tutti gli organi di informazione, e le Istituzioni comunali con i Sindaci delle cittadine liguri e ioniche ove vivono migliaia di operai dell’Ilva.
La mobilitazione, insomma, dovrà essere corale e assumere, se fosse necessario, nelle storiche piazze liguri e pugliesi caratteri e dimensioni che vorremmo immaginare come epocali: a Genova gli operai dell’Ilva nelle scorse settimane hanno paralizzato la città con il consenso dei suoi abitanti. A Taranto, dopo le grandi manifestazioni operaie del 30 marzo, del 26 luglio e del 2 agosto del 2012, solo di recente i Metallurgici e i loro sindacalisti sono tornati in corteo nelle vie cittadine...
Perché allora le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil di Puglia e Basilicata non organizzano una grande e combattiva marcia per il lavoro che unisca idealmente Brindisi, Taranto e la Val d’Agri? Una marcia per il lavoro, lo sviluppo e la difesa della produzione industriale, non certo contro le imprese Eni ed Ilva, ma per aiutare il Governo e riaffermare agli occhi della UE e degli organi giudiziari di Potenza il diritto all’occupazione delle migliaia di operai, tecnici, quadri e dirigenti di grandi stabilimenti a Brindisi, Taranto e in Val d’Agri...
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