A chi interessa minimizzare?
Troppi silenzi, troppa
poca generosità e forse troppa paura accompagnano la decisione di Sergio
Bellavita, Maria Pia Zanni, Stefania Fantauzzi di annunciare l’abbandono della
Cgil. Che i palazzi e i palazzetti più o meno legati al partito democratico, al
governo Renzi, ma anche alla finta opposizione contro di essi di CGILCISLUIL,
abbiano interesse a tacere su tutta questa vicenda è comprensibile. Ma questa
storia è stata messa sostanzialmente in sordina anche da buona parte di quella
sinistra radicale che nel passato avrebbe speso paginate di
discussione.
Pare quasi che la questione in sé non sia considerata rilevante, quando invece essa è fondamentale.
Pare quasi che la questione in sé non sia considerata rilevante, quando invece essa è fondamentale.
Alcuni delegati della
FIOM degli stabilimenti Fiat hanno deciso di organizzare lotte contro il
supersfruttamento del lavoro, e per farlo si sono uniti a militanti dei
sindacati di base. Maurizio Landini e il suo gruppo dirigente, invece che
premiare questi militanti, che rischiano il posto di lavoro per
affermare i principi su cui è stata costruita la FIOM, invece che considerarli come esempio per tutti, li hanno fatti dichiarare incompatibili con l’organizzazione. Sergio Bellavita ha pubblicamente espresso il proprio sostegno a questi lavoratori, e per questo è stato destituito da dirigente nazionale della FIOM e rimandato in fabbrica.
Non siamo di fronte ad una questione di carattere personale, ma alla repressione del dissenso su come ci si comporta rispetto alla Fiat di Marchionne. La FIOM di Landini ha deciso che la guerra è finita e che chi vuole continuarla viene cacciato. In nome del realismo si può anche essere d’accordo con questa scelta, in ben più grande dimensione in Grecia Tsipras ha fatto lo stesso con la Troika, ma non si può certo ridimensionarne l’importanza.
E invece dopo che Sergio e le altre compagne e compagni hanno annunciato che continueranno la lotta fuori da quella Cgil che impedisce loro di organizzarla da dentro, la gravità del fatto è scomparsa.
affermare i principi su cui è stata costruita la FIOM, invece che considerarli come esempio per tutti, li hanno fatti dichiarare incompatibili con l’organizzazione. Sergio Bellavita ha pubblicamente espresso il proprio sostegno a questi lavoratori, e per questo è stato destituito da dirigente nazionale della FIOM e rimandato in fabbrica.
Non siamo di fronte ad una questione di carattere personale, ma alla repressione del dissenso su come ci si comporta rispetto alla Fiat di Marchionne. La FIOM di Landini ha deciso che la guerra è finita e che chi vuole continuarla viene cacciato. In nome del realismo si può anche essere d’accordo con questa scelta, in ben più grande dimensione in Grecia Tsipras ha fatto lo stesso con la Troika, ma non si può certo ridimensionarne l’importanza.
E invece dopo che Sergio e le altre compagne e compagni hanno annunciato che continueranno la lotta fuori da quella Cgil che impedisce loro di organizzarla da dentro, la gravità del fatto è scomparsa.
Da un lato ci sono coloro
che spiegano che in fondo il mondo è sempre uguale a sé stesso, che la Cgil è
sempre stata una organizzazione moderata e non si capisce perché qualcuno lo
scopra solo ora. Dal lato opposto c’è chi accusa Bellavita e gli altri di aver
alzato apposta lo scontro con Landini e Camusso, per farsi cacciare da una Cgil
da cui da tempo avevano deciso di andarsene. In questo modo si evita
opportunisticamente di affrontare la questione reale.
Chi crede nel sindacalismo conflittuale e di classe può restare in una Cgil e in una FIOM ove si colpiscono i lavoratori? Perché questo è il punto di fondo. Allontanamenti autoritari di dirigenti scomodi in Cgil e FIOM ci sono sempre stati, ma è la prima volta che si cacciano operai che scioperano. E non si venga a dire che non sono queste le ragioni. Se i delegati della FIOM di Melfi e Termoli con i militanti dei sindacati di base avessero organizzato convegni sul socialismo mondiale, nulla sarebbe accaduto. Invece hanno proclamato scioperi contro gli straordinari al sabato, riusciti per altro, e per questo sono andato sotto processo.
Chi crede nel sindacalismo conflittuale e di classe può restare in una Cgil e in una FIOM ove si colpiscono i lavoratori? Perché questo è il punto di fondo. Allontanamenti autoritari di dirigenti scomodi in Cgil e FIOM ci sono sempre stati, ma è la prima volta che si cacciano operai che scioperano. E non si venga a dire che non sono queste le ragioni. Se i delegati della FIOM di Melfi e Termoli con i militanti dei sindacati di base avessero organizzato convegni sul socialismo mondiale, nulla sarebbe accaduto. Invece hanno proclamato scioperi contro gli straordinari al sabato, riusciti per altro, e per questo sono andato sotto processo.
Questa è la vera
normalizzazione in atto nella Cgil, non la cancellazione del dissenso nelle
tavole rotonde, ma la omologazione di tutti i comportamenti concreti a quelli
dei vertici confederali e di categoria. E questa normalizzazione si scatena oggi
perché è la Fiom di Landini a operarla per prima.
Lasciando la Cgil avevo
scritto:
“La Cgil ha sempre avuto
una dialettica interna. Tra linee politiche, tra esperienze, tra luoghi di
lavoro, territori e centro, tra categorie e confederazione. Dagli anni 90 il
confronto tra maggioranza e minoranze si è intrecciato con quello tra la FIOM e
la confederazione. In questi confronti e conflitti si aprivano spazi di
esperienze ed iniziative controcorrente. Oggi tutto questo non c’è più. Una
normalizzazione profonda percorre tutta l’organizzazione e l’ultimo congresso le
ha conferito sanzione formale. Non facciamoci ingannare dalle polemiche
televisive e dalle imboscate di qualche voto segreto. Fanno parte di scontri di
potere tra cordate di gruppi dirigenti, mentre tutte le decisioni più importanti
son state assunte all’unanimità, salvo il voto contrario della piccola minoranza
di cui ho fatto parte e di cui non si è mai tenuto alcun
conto…”
Alcuni anni fa, quando
ancora ero segretario della FIOM, il segretario della Cisl Bonanni in una
intervista aveva rimproverato la maggioranza della Cgil di non avere il coraggio
di liberarsi degli “antagonisti”. La CISL lo ha fatto in casa sua, sostenne
allora il segretario di cui si è poi parlato per la pensione favolosa, ha pagato
dei prezzi, ma ora è una organizzazione coerente. Ora la Cgil segue quel
consiglio e lo può fare proprio perché è Maurizio Landini che lo mette in
pratica: Susanna Camusso da sola non ci sarebbe riuscita.
Con coraggio i compagni
della Fiat e Bellavita hanno sfidato questa normalizzazione e ne sono stati
colpiti. Ora decidono di continuare fuori dalla Cgil per non rinunciare a tutto
ciò che hanno fatto. Bisognerebbe sostenerli e basta.
Chi vuole restare in Cgil
ovviamente merita rispetto , deve sapere però che non rimane per dissentire, ma
per consentire. Il dissenso vero non sarà più ammesso, la vicenda Fiat è e verrà
considerata come esemplare. Quindi chi resta dovrà adeguarsi, magari nel nome
della rivoluzione futura, oppure incorrere nelle stesse
sanzioni.
In questi giorni abbiamo
visto in Francia sindacati sicuramente non rivoluzionari come la CGT promuovere
giornate e giornate di sciopero contro la versione locale del Jobsact. E quei
sindacati si sono incontrati con un poderoso movimento di giovani e studenti. In
Grecia contro il nuovo cedimento di Tsipras ci sono stati poco tempo fa due
giorni di sciopero generale, indetti non solo da parte dei comunisti e radicali
del PAME, ma da tutti i sindacati.
O si capisce e si
affronta la specifica gravità della situazione sindacale italiana, ove
CgilCislUil non ci hanno neppure provato a contrastare le politiche liberiste
dei governi e delle imprese, o si finisce per essere parte del degrado di quello
che una volta era il movimento sindacale più forte d’Europa.
Per fortuna non è vero
che fuori da questo degrado non ci sia nulla. Ci sono invece lotte ancora
insufficienti, ma sempre più diffuse, che richiedono rappresentanza ed
organizzazione. Fanno bene Bellavita, Zanni, Fantauzzi e spero anche altri con
loro a cercare nuove vie per continuare. Anche perché a me pare che, dietro
tanti discorsi sul bene dei lavoratori e sulla necessità di restare in Cgil per
contestare i gruppi dirigenti, ci sia una certa dose di paura, che non è mai
stata buona consigliera.
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