Ma il giornale dice anche che le
difficoltà aumentano perché “Circa quindici capi tribù della regione
meridionale del Fezzan libico (dove sono
collocati alcuni impianti petroliferi dell’Eni) non sarebbero stati
coinvolti nella preparazione della conferenza. Tra di loro permangono divisioni
anche di natura etnica tra arabi, Tuareg e Tebu…” e questo rende assolutamente
debole qualsiasi decisione possa esser presa alla Conferenza.
A “risolvere” questo lato della
questione ci starebbe pensando appunto la Francia a modo suo: infatti “…il
ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, a pochi giorni dalla
conferenza di Palermo e proprio mentre l’inviato Onu per la Libia Ghassan
Salamè presenterà la nuova Road map per la Libia al consiglio di sicurezza ha invitato per giovedì a Parigi i massimi
esponenti di Misurata, ago della bilancia negli equilibri miliari tra Tripoli e
Bengasi.”
Questa specie di sgarbo
istituzionale è difficile da digerire, infatti, continua il quotidiano: “Il
governo italiano però vuole evitare che la Francia continui a giocare una sua
partita autonoma.” Ma siccome non ci riesce, Conte, e i padroni che è andato a
rappresentare in quanto commesso viaggiatore, si è dovuto accontentare del lato
degli affari, senza tralasciare però la questione migranti: “Sul fronte
bilaterale con l’Algeria Conte ha anche affrontato con le autorità locali il
dossier migranti e gli scambi commerciali (si punta a raggiungere i 10 miliardi
di dollari di interscambio) con un paese nel quale sono presenti oltre 180
imprese italiane mentre Algeri è per Roma il secondo fornitore di gas dopo la
Russia.”
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