Dopo il caso della libreria di Siderno,
dove i titolari della libreria del centro commerciale “Le gru” hanno
reso noto di aver ricevuto la richiesta, da parte dei carabinieri, della
lista degli spettatori, una nuova segnalazione su un caso del tutto
simile arriva da Pizzo, altra cittadina calabrese.
A denunciare il gravo fatto è l’associazione Officine Sinistre che nei giorni scorsi – in collaborazione con l’associazione Stefano Cucchi Onlus e il Circolo del cinema Lanterna magica – ha promosso una proiezione pubblica dell’opera di Alessio Cremonini nell’ex tonnara.
L’associazione riferisce che “la sera della proiezione, due agenti della Digos di Vibo Valentia sono stati presenti in sala per tutta la durata del lungometraggio e per il dibattito successivo, pur senza mai presentarsi agli organizzatori dell’iniziativa. Il giorno successivo alla proiezione, le forze dell’ordine (in particolare la Questura di Vibo Valentia, uffici della Digos) contattavano telefonicamente gli organizzatori chiedendo spiegazioni sulla natura del gruppo e sull’identità dei suoi partecipanti, che dibattevano sulla tragica vicenda in cui perdeva la vita il giovane geometra romano”.
La circostanza della presenza in sala degli agenti sarebbe stata confermata proprio dagli stessi uffici del presidio di pubblica sicurezza.
“Proprio durante la conversazione telefonica – aggiungono gli esponenti dell’associazione – veniva confermata la presenza di due agenti alla proiezione del film e durante il dibattito avvenuti la sera precedente”. Officine Sinistre, “nel rivendicare il diritto alla conoscenza, all’informazione e alla libertà di espressione del pensiero”, manifesta solidarietà a Roberta Strangio, titolare della libreria di Siderno, e chiarisce che “la proiezione del documentario rappresenta un momento importante di informazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impellente necessità di riformare l’ordinamento penitenziario e di impedire qualsivoglia atto di tortura o trattamento inumano e degradante”.
Per ora i due casi denunciati sono avvenuti in Calabria. Ancora poco, visto l’enorme successo che la proiezione del fil va ricevendo in tutta Italia; ma è un segnale d’allarme su una possibile campagna di deterrenza degli apparati istituzionali verso la diffusione e la discussione pubblica sul caso Stefano Cucchi. Al di là del film.
Sono due casi che “sbattono” violentemente contro le rassicurazioni verbali dei vertici e dell’Arma e del ministero dell’Interno (“I responsabili di quella morte pagheranno”). Perché se alle parole contrite seguono questi fatti – difficile credere che si tratte di “iniziative individuali” di alcuni agenti – vuol dire che alle prime non si deve dare troppo credito…
Due punti fanno una linea. E due paesi della Calabria, quattro uomini, di due corpi diversi (Carabinieri e Polizia), l’inarrestabile serie di minacce a Ilaria e la famiglia Cucchi (dopo il “pentimento” di uno dei carabinieri presenti al pestaggio omicida), fanno un solido. Che chiama in causa direttamente il ministro.
A denunciare il gravo fatto è l’associazione Officine Sinistre che nei giorni scorsi – in collaborazione con l’associazione Stefano Cucchi Onlus e il Circolo del cinema Lanterna magica – ha promosso una proiezione pubblica dell’opera di Alessio Cremonini nell’ex tonnara.
L’associazione riferisce che “la sera della proiezione, due agenti della Digos di Vibo Valentia sono stati presenti in sala per tutta la durata del lungometraggio e per il dibattito successivo, pur senza mai presentarsi agli organizzatori dell’iniziativa. Il giorno successivo alla proiezione, le forze dell’ordine (in particolare la Questura di Vibo Valentia, uffici della Digos) contattavano telefonicamente gli organizzatori chiedendo spiegazioni sulla natura del gruppo e sull’identità dei suoi partecipanti, che dibattevano sulla tragica vicenda in cui perdeva la vita il giovane geometra romano”.
La circostanza della presenza in sala degli agenti sarebbe stata confermata proprio dagli stessi uffici del presidio di pubblica sicurezza.
“Proprio durante la conversazione telefonica – aggiungono gli esponenti dell’associazione – veniva confermata la presenza di due agenti alla proiezione del film e durante il dibattito avvenuti la sera precedente”. Officine Sinistre, “nel rivendicare il diritto alla conoscenza, all’informazione e alla libertà di espressione del pensiero”, manifesta solidarietà a Roberta Strangio, titolare della libreria di Siderno, e chiarisce che “la proiezione del documentario rappresenta un momento importante di informazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impellente necessità di riformare l’ordinamento penitenziario e di impedire qualsivoglia atto di tortura o trattamento inumano e degradante”.
Per ora i due casi denunciati sono avvenuti in Calabria. Ancora poco, visto l’enorme successo che la proiezione del fil va ricevendo in tutta Italia; ma è un segnale d’allarme su una possibile campagna di deterrenza degli apparati istituzionali verso la diffusione e la discussione pubblica sul caso Stefano Cucchi. Al di là del film.
Sono due casi che “sbattono” violentemente contro le rassicurazioni verbali dei vertici e dell’Arma e del ministero dell’Interno (“I responsabili di quella morte pagheranno”). Perché se alle parole contrite seguono questi fatti – difficile credere che si tratte di “iniziative individuali” di alcuni agenti – vuol dire che alle prime non si deve dare troppo credito…
Due punti fanno una linea. E due paesi della Calabria, quattro uomini, di due corpi diversi (Carabinieri e Polizia), l’inarrestabile serie di minacce a Ilaria e la famiglia Cucchi (dopo il “pentimento” di uno dei carabinieri presenti al pestaggio omicida), fanno un solido. Che chiama in causa direttamente il ministro.
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