domenica 4 novembre 2018

pc 4 novembre - GLI INGANNAPOPOLO DI MAIO/SALVINI: I PROVVEDIMENTI PER LE MASSE POSSONO ASPETTARE, ESSERE RIVISTI, O PEGGIO...

Gli ingannapopolo
Nella manovra mancano guarda caso le principali "promesse" alle masse fatte da Di Maio e Salvini, reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni, taglio pensioni d'oro, fondi per la scuola, ecc.
Il "populismo" si rivela quello che è inganno per il popolo per di farne un sostenitore del governo fascio/razzista che come gli altri "toglie ai poveri per dare ai ricchi" e difende solo gli interessi della sua base sociale effettiva, media e piccola borghesia proprietaria, medi e piccoli padroni.

Il Reddito di cittadinanza. Viene trasferito all'anno nuovo, bene che vada. Per coprire l'imbroglio Conte dice: no, lo abbiamo tenuto fuori dalla manovra per "farla bene e con tutti i dettagli.. la faremo con attenzione". Mentre Giorgetti (Lega) più esplicito, ma anche come espressione della politica di concorrenza con il M5S, parla di "complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso».
E si sa che i "provvedimenti fini a se stessi" poco reggono.
Quindi, si farà un decreto, fermo restando che resta come un macigno l'inesistenza degli Uffici (i centri per l'impiego) che dovrebbero gestire tutta la vicenda. Ma Di Maio ora giura che partirà «tra inizio e fine marzo» e smentisce il fatto che serviranno molti più fondi dei 9 miliardi stanziati per coprire una platea ancora non determinata, al momento sarebbero sei milioni, talvolta comprensivi dei 3,6 milioni di italiani poveri e di 1,6 milioni di pensionati che percepiscono un assegno inferiore a 500 euro mensili.
Con questi stessi soldi, dovrebbero essere poi coperti gli incentivi alle imprese che assumeranno, a cui, per tre mesi verrebbe dato quel «reddito» destinato alla persona (della serie: è il disoccupato, il "povero" che paga dalla sua tasca chi lo deve assumere).

Ma si prospetta anche la "madre dell'inganno", qualche giornale già ipotizza che "In caso di sforamento del deficit, o di una crescita molto più bassa rispetto a quella indicata del governo, potrebbero essere tagliati i fondi destinati al «reddito». 

Anche i provvedimenti sulle pensioni vengono stralciati dalla manovra e rinviati ad anno nuovo con
lo strumento del decreto, perchè come ha detto deciso Di Maio "l’Italia non può aspettare". Ma intanto aspetta eccome, e anche questo appare come una scusa per motivare il ritardo ma anche un ripensamento.
Salvini, infatti, comincia a fare retromarcia su "Quota 100": «Se mi dicono che di botto se ne vanno in pensione centomila persone in settori chiave dell’amministrazione pubblica come le scuole e gli ospedali è ovvio che non possiamo consentirlo. Dobbiamo provvedere gradualmente e con giudizio per evitare esodi di massa... Perciò nell’arco del 2019 ci saranno tre o quattro finestre per procedere a scaglioni». Le «finestre» però servono soprattutto a risparmiare soldi e «per evitare che l’Europa ci crocifigga».
Ma è soprattutto sulle "pensioni d’oro" che si prospetta un bluff - anche come parte dello scontro Salvini/Di Maio. Pure qui la formula usata per far passare l'inganno è "per fare meglio" - Di Maio dice: «Sulle pensioni d’oro stiamo facendo ancora i conti perché non siamo ancora soddisfatti dei soldi che recuperiamo, voglio recuperare ancora di più e quindi stiamo lavorando al meglio alla norma per farla entrare nella legge di bilancio».
Ma anche qui il provvedimento, ammesso e non concesso che si faccia, uscirà molto ridimensionato, invece di un taglio vero e proprio degli assegni, un «contributo di solidarietà» – cavallo di battaglia del consulente leghista Alberto Brambilla – con un limite temporale prefissato, probabilmente di 5 anni.
Quindi gabbati i lavoratori, tranquillizzati i percettori di pensioni d'oro!

Sul fronte scuola e università sono pressoché assenti nuovi investimenti. Di Maio, da consolidato ingannapopolo, fa comunque una promessa che è una evidente boutade: «Nei prossimi due mesi dovremo dare più soldi a scuola, università e ricerca, tagliando un po’ le detrazioni e gli sgravi fiscali ai petrolieri"
La legge di Bilancio conferma un meccanismo di finanziamento già rodato in passato e ispirato a un puro meccanismo capitalistico: tanto più crescere il Pil, tanto più cresceranno i fondi destinati all’istruzione. il fondo del funzionamento ordinario degli atenei aumenterà in percentuale uguale a una crescita che non è affatto scontata. Bene che vada - gli studenti del Link hanno fatto dei calcoli - il fondo aumenterebbe tra i 200 e i 300 milioni in tre anni, quindi nessun ripristino di un miliardo e più tagliato da Tremonti e Gelmini per l'Università e degli oltre otto tagliati alla scuola 

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