Quando questo opuscolo “Su
Potere al popolo – la strategia del gambero” è stato realizzato
da proletari comunisti di Taranto nasceva come un pamphlet/instanbook
di critica costruttiva, anche se in certi casi dura, nei confronti di
una nuova lista che si presentava alle elezioni, la lista di Potere
al popolo nata su proposta del centro sociale Je sò pazzo di Napoli
che aveva avuto già un suo percorso nel sostegno alla candidatura
del sindaco De Magistris, poi aveva lanciato un appello nazionale e
realizzato questa lista.
Il populismo che affronta
il testo è chiaramente il populismo di sinistra, dentro una
situazione che invece il vero nemico è il populismo di destra.
L'ascesa delle forze
populiste in Europa, negli Usa e con le ultime elezioni nel nostro
paese, produce questo fenomeno di governi che dovrebbero essere
rappresentativi del popolo ma che si caratterizzano subito, con la
loro azione, determinazione, contro gli interessi del popolo in
termini di democrazia, partecipazione, progresso, sviluppo, civiltà.
Dal presidente Trump di cui sappiamo bene il suo agire fino agli
odierni gestori del governo in Italia. In nome del “popolo”, in
nome di dire “questo vuole il popolo”, demagoghi, avventurieri
politici espressioni di precise ideologie reazionarie, fasciste,
razziste, al di là che si dice che le ideologie sono finite,
arrivano al potere e lo gestiscono come dittatura. Il populismo
diventa il cammino ordinario con cui si strappa il consenso alle
masse per instaurare delle vere e proprie dittature.
Questo è il punto del
problema. Per chi è democratico, di sinistra dovrebbe essere
abbastanza evidente che ogni civettamento col populismo, ogni
tentativo di mettersi in concorrenza con il
populismo sul suo stesso
terreno, finisce per alimentare il populismo nella sua effettiva
natura, e non certo serve a costruire organizzazione, mobilitazione
sugli interessi delle classi oppressi, soggetti sociali che sono la
maggioranza nel paese ma che non riescono a trovare la loro
rappresentanza nel paese.
Sicuramente i populisti di
destra, quelli che sono al governo in Italia attualmente, hanno
ottenuto voti consistenti di settori di operai, di masse povere.
Ebbene si può leggere l'intera lista degli eletti e vi accorgerete
che mai come in questa occasione nessun operaio è stato eletto.
Coloro che oggi parlano del popolo non hanno nessun rappresentante di
questi soggetti sociali. Non vi sono operai eletti nel M5S, meno che
mai nella Lega, non vi sono i settori più sfruttati, precari,
disoccupati, protagonisti di lotte su lavoro, diritti, ecc.; invece
c'è un manipolo di persone genericamente appartenenti alla piccola
borghesia e anche alla media borghesia, proprietaria, bottegaia,
parte della piccola borghesia intellettuale, professionisti che tutto
possono fare meno che rappresentare il popolo nella sua maggioranza
reale.
La crisi dei sistemi
democratici che è reale e il loro trasformarsi in oligarchie al
servizio della grande finanza europea, italiana, di partiti divenuti
sinonimo di corruzione, il contagio che ha preso i partiti di
sinistra, che in un'orgia di ricerca del popolo hanno perso il
popolo, questo cammino, degrado ha portato alla distruzione delle
strutture sociali e politiche che organizzavano il popolo. Perchè il
popolo senza organizzazione non è nulla; solo le forze organizzate
del popolo, che organizzano i suoi movimenti reali, i suoi livelli di
partecipazione sociale e politica, la rappresentanza dei suoi
interessi, possono definirsi popolo.
Poi chiaramente se queste
forze organizzate degradano a clientele, comitati d'affari, ad
apparati autoreferenziali, è evidente che si apre un vuoto nel
popolo, che viene riempito dalla demagogia, nelle sue forme più
spudorate.
Ora è evidente che quando
è così, non è il popolo al potere ma il degrado sociale
trasformato in cristallizzazione, in ideologia del degrado sociale e
in una espressione politica che invece di essere trasformativa dei
soggetti sociali ne diventa una rappresentazione deformata.
Questo è il meccanismo di
formazione del fascismo. Quando il bubbone del populismo si afferma
nella gestione ordinaria dei meccanismi politici la deriva verso il
fascismo è quasi inevitabile.
Ed è evidente oggi che
dietro il populismo c'è il fascismo. Un personaggio come Salvini sta
a dimostrarlo in maniera aperta e spudorata. Non è questione di una
persona ma di fenomeni politico sociali. Quando le condizioni si
determinano, la crisi economica, la crisi della democrazia, nascono
dei personaggi che incarnano la fase.
Quindi, il problema del
populismo è davvero oggi la chiave per capire dove stiamo andando,
in un certo senso lo stiamo già vedendo, ma dobbiamo dire che il
futuro sembra più nero del presente.
I “rappresentanti del
popolo” si riducono organicamente in ingannapopolo. Poi siccome
l'ingannapopolo non vuole dichiararsi tale, deve irrigidire le forme
di apparato dello Stato, di rappresentanza, così che dal potere sia
inamovibile. E' un processo che già il nostro paese ha conosciuto. I
pochi mesi di gestione del potere da parte dei populisti Salvini-Di
Maio sta cominciando a dimostrare nei fatti che queste analisi sono
lungi dall'essere vecchie o legate alla tradizione del movimento
comunista, ma aggrediscono e descrivono una realtà in atto.
L'opuscolo “Su Potere al
popolo – la strategia del gambero”, però, non parla di tutto
questo.
Parla invece delle
dinamiche che si sono prodotte a sinistra nel tentativo di rimediare
ai danni.
Ma rimediare ai danni
significa costruire le condizioni per riorganizzare il popolo in
forma collettiva e permettergli di intervenire nella società, nei
conflitti sociali, in forme che possano realmente trasformare il
potere e non gli uomini del potere e la gestione che essi fanno del
rapporto con lo Stato.
Quindi, l'operazione di Je
sò pazzo è una risposta sbagliata a un problema giusto.
Bisognava uscire dalla
dinamica dei vecchi partiti di sinistra che sono entrati nelle liste
di Potere al popolo e le hanno rappresentate; è come chiamare coloro
che erano stati in parte, sia pure in maniera minore, i responsabili
del distacco tra sinistra e lavoratori e popolo ad esserne i medici
attraverso il loro riciclo e rinascita. La cosa è clamorosamente
vera perchè appena Potere al popolo ha provato a darsi una struttura
alternativa di tipo democratico puro, i primi ad uscirne sono stati
Rifondazione comunista, il Pci, cioè proprio quelle forze che
avevano cavalcato la tigre dei ragazzi di Je sò pazzo.
In che senso il libro
parla di “strategia del gambero”? Questa frase non si riferisce
al fatto della partecipazione alle elezioni - questa evidentemente è
una delle opportunità, non si può lasciare il terreno elettorale
tutto in mano ai fascio populisti; l'astensionismo che è stata
anch'essa un fenomeno del distacco tra masse e Stato, tra partiti e
masse, ma essa raggiunge un livello in cui o diventa qualcos'altro,
vale a dire un'alternativa di organizzazione e lotta, oppure diventa
il terreno fertile anche delle forze di destra e di estrema destra.
Quindi, era giusta
l'esigenza di costruire un'alternativa a questo. Però il terreno
scelto non è quello di una radicalizzazione del conflitto sociale,
di una riorganizzazione capillare delle masse, ma l'immediata
rappresentazione elettorale, in una dinamica in cui anche manca il
controllo dei mass media, delle strutture del potere, dei meccanismi
di rappresentazione degli interessi sociali, tale che possa tradursi
in un effettivo risultato elettorale.
E' come se dei giovani
rivoluzionari che vogliono la rivoluzione, e tali erano e sono gran
parte dei compagni di Je sò pazzo, una realtà sociale molto estesa
a Napoli, vogliono impegnarsi in forme più alte, abbiano scelto il
terreno che costituisce un passo indietro, dell'ennesimo partitino
della sinistra, invece della riorganizzazione del conflitto sociale,
in termini che possa divenire polarizzato e porre una nuova
alternativa a questo paese: le oligarchie del potere travestite da
populiste o il popolo organizzato per un nuovo potere, una vera
democrazia?
In questo senso il libro
sottolinea gli elementi di passo indietro che i compagni di Jsp
fanno, al di là del loro impegno ed entusiasmo, mentre non dà
sconti al circuito di vecchia sinistra che ha utilizzato questo
“cavallo” per poter ritornare in parlamento, un'illusione perchè
non è assolutamente per questa strada che si riproporrà.
Si tratta di una critica
amicale: perchè non impegnare tutte le nostre energie per
ricostruire un soggetto rivoluzionario, acutizzare le contraddizioni
sociali e politiche in questo paese, in condizione che sia possibile
una vera alternativa, invece di inseguire i populisti nelle loro
stesse simbologie in termini elettorali e trovarsi poi con un pugno
di mosche in mano?
Ecco il libro pone questo
interrogativo: dobbiamo scegliere la via elettorale alla maniera di
Potere al popolo e dei loro temporanei alleati oppure dobbiamo
ricostruire le condizioni che attraverso lo smascheramento del
populismo possano riprodurre una nuova sinistra, per un'alternativa
proletaria e popolare in questo paese?
I compagni di Jsp sono
quella piccola borghesia rivoluzionaria che invece che riconoscere
che nei processi generali si sono create le condizioni per una
polarizzazione generale che bisogna studiare, analizzare, dare
coscienza, percorre la via elettorale di una concorrenza a perdere
con il populismo dilagante, con la piccola borghesia reazionaria.
Il libro affronta questo
problema con diversi argomenti, entrando nel merito. Perchè non è
semplicemente un problema di elezioni non elezioni, di popolo non
popolo, ma anche di che contenuti si nutre poi un programma del
popolo e cosa è il popolo attraverso la sua stratificazione sociale;
certo oggi diversa da quella che vi è stata nel passato, ma questa
diversità non ha cancellato affatto le classi sociali, ne ha
cancellato la coscienza; ricondurre classi e coscienza risulta essere
l'unica strada per non passare dalla padella delle oligarchie
renziane, alla dittatura mascherata dei nuovi populisti che alla resa
dei fatti si dimostrano non del popolo ma degli ingannapopolo.
Je sò pazzo rappresenta
davvero tra le varie complessità un problema di come si possano
trasformare energie giovanili invece che in fattore di trasformazione
rivoluzionaria, in fattore di adeguamento alla corrente, con la
disperata illusione di poterla cambiare cavalcandola.
Questo è il limite
dell'esperienza di Potere al popolo. Ma può essere un limite
costruttivo.
Mao Tse tung diceva:
“fallire, ricominciare, fallire di nuovo, ricominciare... questa è
la strada della vittoria”. Però la coscienza del fallimento è uno
degli elementi chiave per ricominciare.
Il libro vuole
sottolineare ai compagni di Potere al popolo e a tutti coloro che in
qualche maniera ritengono che la storia non finisca qui, che una
strada alternativa è possibile e che le forze ed energie ci sono,
però queste energie devono impegnarsi in molte cose:
l'approfondimento, lo studio, l'analisi dei processi reali che
vengono sovradeterminati.
C'è un nesso tra il libro
e un'opportunità per riflettere su queste questioni. Un processo,
quindi, non di critica di Potere al popolo ma di autocoscienza,
perchè noi in questo processo di critica a loro, capiamo cosa
dobbiamo fare noi.
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