domenica 4 novembre 2018

pc 4 novembre - DALLA PRESENTAZIONE A TARANTO DEL LIBRO "SU POTERE AL POPOLO - LA STRATEGIA DEL GAMBERO" - "Una critica costruttiva... di "autocoscienza"..."


Quando questo opuscolo “Su Potere al popolo – la strategia del gambero” è stato realizzato da proletari comunisti di Taranto nasceva come un pamphlet/instanbook di critica costruttiva, anche se in certi casi dura, nei confronti di una nuova lista che si presentava alle elezioni, la lista di Potere al popolo nata su proposta del centro sociale Je sò pazzo di Napoli che aveva avuto già un suo percorso nel sostegno alla candidatura del sindaco De Magistris, poi aveva lanciato un appello nazionale e realizzato questa lista.

Il populismo che affronta il testo è chiaramente il populismo di sinistra, dentro una situazione che invece il vero nemico è il populismo di destra.

L'ascesa delle forze populiste in Europa, negli Usa e con le ultime elezioni nel nostro paese, produce questo fenomeno di governi che dovrebbero essere rappresentativi del popolo ma che si caratterizzano subito, con la loro azione, determinazione, contro gli interessi del popolo in termini di democrazia, partecipazione, progresso, sviluppo, civiltà. Dal presidente Trump di cui sappiamo bene il suo agire fino agli odierni gestori del governo in Italia. In nome del “popolo”, in nome di dire “questo vuole il popolo”, demagoghi, avventurieri politici espressioni di precise ideologie reazionarie, fasciste, razziste, al di là che si dice che le ideologie sono finite, arrivano al potere e lo gestiscono come dittatura. Il populismo diventa il cammino ordinario con cui si strappa il consenso alle masse per instaurare delle vere e proprie dittature.

Questo è il punto del problema. Per chi è democratico, di sinistra dovrebbe essere abbastanza evidente che ogni civettamento col populismo, ogni tentativo di mettersi in concorrenza con il
populismo sul suo stesso terreno, finisce per alimentare il populismo nella sua effettiva natura, e non certo serve a costruire organizzazione, mobilitazione sugli interessi delle classi oppressi, soggetti sociali che sono la maggioranza nel paese ma che non riescono a trovare la loro rappresentanza nel paese.
Sicuramente i populisti di destra, quelli che sono al governo in Italia attualmente, hanno ottenuto voti consistenti di settori di operai, di masse povere. Ebbene si può leggere l'intera lista degli eletti e vi accorgerete che mai come in questa occasione nessun operaio è stato eletto. Coloro che oggi parlano del popolo non hanno nessun rappresentante di questi soggetti sociali. Non vi sono operai eletti nel M5S, meno che mai nella Lega, non vi sono i settori più sfruttati, precari, disoccupati, protagonisti di lotte su lavoro, diritti, ecc.; invece c'è un manipolo di persone genericamente appartenenti alla piccola borghesia e anche alla media borghesia, proprietaria, bottegaia, parte della piccola borghesia intellettuale, professionisti che tutto possono fare meno che rappresentare il popolo nella sua maggioranza reale.

La crisi dei sistemi democratici che è reale e il loro trasformarsi in oligarchie al servizio della grande finanza europea, italiana, di partiti divenuti sinonimo di corruzione, il contagio che ha preso i partiti di sinistra, che in un'orgia di ricerca del popolo hanno perso il popolo, questo cammino, degrado ha portato alla distruzione delle strutture sociali e politiche che organizzavano il popolo. Perchè il popolo senza organizzazione non è nulla; solo le forze organizzate del popolo, che organizzano i suoi movimenti reali, i suoi livelli di partecipazione sociale e politica, la rappresentanza dei suoi interessi, possono definirsi popolo.
Poi chiaramente se queste forze organizzate degradano a clientele, comitati d'affari, ad apparati autoreferenziali, è evidente che si apre un vuoto nel popolo, che viene riempito dalla demagogia, nelle sue forme più spudorate.
Ora è evidente che quando è così, non è il popolo al potere ma il degrado sociale trasformato in cristallizzazione, in ideologia del degrado sociale e in una espressione politica che invece di essere trasformativa dei soggetti sociali ne diventa una rappresentazione deformata.

Questo è il meccanismo di formazione del fascismo. Quando il bubbone del populismo si afferma nella gestione ordinaria dei meccanismi politici la deriva verso il fascismo è quasi inevitabile.
Ed è evidente oggi che dietro il populismo c'è il fascismo. Un personaggio come Salvini sta a dimostrarlo in maniera aperta e spudorata. Non è questione di una persona ma di fenomeni politico sociali. Quando le condizioni si determinano, la crisi economica, la crisi della democrazia, nascono dei personaggi che incarnano la fase.
Quindi, il problema del populismo è davvero oggi la chiave per capire dove stiamo andando, in un certo senso lo stiamo già vedendo, ma dobbiamo dire che il futuro sembra più nero del presente.
I “rappresentanti del popolo” si riducono organicamente in ingannapopolo. Poi siccome l'ingannapopolo non vuole dichiararsi tale, deve irrigidire le forme di apparato dello Stato, di rappresentanza, così che dal potere sia inamovibile. E' un processo che già il nostro paese ha conosciuto. I pochi mesi di gestione del potere da parte dei populisti Salvini-Di Maio sta cominciando a dimostrare nei fatti che queste analisi sono lungi dall'essere vecchie o legate alla tradizione del movimento comunista, ma aggrediscono e descrivono una realtà in atto.

L'opuscolo “Su Potere al popolo – la strategia del gambero”, però, non parla di tutto questo.
Parla invece delle dinamiche che si sono prodotte a sinistra nel tentativo di rimediare ai danni.
Ma rimediare ai danni significa costruire le condizioni per riorganizzare il popolo in forma collettiva e permettergli di intervenire nella società, nei conflitti sociali, in forme che possano realmente trasformare il potere e non gli uomini del potere e la gestione che essi fanno del rapporto con lo Stato.
Quindi, l'operazione di Je sò pazzo è una risposta sbagliata a un problema giusto.

Bisognava uscire dalla dinamica dei vecchi partiti di sinistra che sono entrati nelle liste di Potere al popolo e le hanno rappresentate; è come chiamare coloro che erano stati in parte, sia pure in maniera minore, i responsabili del distacco tra sinistra e lavoratori e popolo ad esserne i medici attraverso il loro riciclo e rinascita. La cosa è clamorosamente vera perchè appena Potere al popolo ha provato a darsi una struttura alternativa di tipo democratico puro, i primi ad uscirne sono stati Rifondazione comunista, il Pci, cioè proprio quelle forze che avevano cavalcato la tigre dei ragazzi di Je sò pazzo.

In che senso il libro parla di “strategia del gambero”? Questa frase non si riferisce al fatto della partecipazione alle elezioni - questa evidentemente è una delle opportunità, non si può lasciare il terreno elettorale tutto in mano ai fascio populisti; l'astensionismo che è stata anch'essa un fenomeno del distacco tra masse e Stato, tra partiti e masse, ma essa raggiunge un livello in cui o diventa qualcos'altro, vale a dire un'alternativa di organizzazione e lotta, oppure diventa il terreno fertile anche delle forze di destra e di estrema destra.
Quindi, era giusta l'esigenza di costruire un'alternativa a questo. Però il terreno scelto non è quello di una radicalizzazione del conflitto sociale, di una riorganizzazione capillare delle masse, ma l'immediata rappresentazione elettorale, in una dinamica in cui anche manca il controllo dei mass media, delle strutture del potere, dei meccanismi di rappresentazione degli interessi sociali, tale che possa tradursi in un effettivo risultato elettorale.
E' come se dei giovani rivoluzionari che vogliono la rivoluzione, e tali erano e sono gran parte dei compagni di Je sò pazzo, una realtà sociale molto estesa a Napoli, vogliono impegnarsi in forme più alte, abbiano scelto il terreno che costituisce un passo indietro, dell'ennesimo partitino della sinistra, invece della riorganizzazione del conflitto sociale, in termini che possa divenire polarizzato e porre una nuova alternativa a questo paese: le oligarchie del potere travestite da populiste o il popolo organizzato per un nuovo potere, una vera democrazia?

In questo senso il libro sottolinea gli elementi di passo indietro che i compagni di Jsp fanno, al di là del loro impegno ed entusiasmo, mentre non dà sconti al circuito di vecchia sinistra che ha utilizzato questo “cavallo” per poter ritornare in parlamento, un'illusione perchè non è assolutamente per questa strada che si riproporrà.
Si tratta di una critica amicale: perchè non impegnare tutte le nostre energie per ricostruire un soggetto rivoluzionario, acutizzare le contraddizioni sociali e politiche in questo paese, in condizione che sia possibile una vera alternativa, invece di inseguire i populisti nelle loro stesse simbologie in termini elettorali e trovarsi poi con un pugno di mosche in mano?
Ecco il libro pone questo interrogativo: dobbiamo scegliere la via elettorale alla maniera di Potere al popolo e dei loro temporanei alleati oppure dobbiamo ricostruire le condizioni che attraverso lo smascheramento del populismo possano riprodurre una nuova sinistra, per un'alternativa proletaria e popolare in questo paese?
I compagni di Jsp sono quella piccola borghesia rivoluzionaria che invece che riconoscere che nei processi generali si sono create le condizioni per una polarizzazione generale che bisogna studiare, analizzare, dare coscienza, percorre la via elettorale di una concorrenza a perdere con il populismo dilagante, con la piccola borghesia reazionaria.

Il libro affronta questo problema con diversi argomenti, entrando nel merito. Perchè non è semplicemente un problema di elezioni non elezioni, di popolo non popolo, ma anche di che contenuti si nutre poi un programma del popolo e cosa è il popolo attraverso la sua stratificazione sociale; certo oggi diversa da quella che vi è stata nel passato, ma questa diversità non ha cancellato affatto le classi sociali, ne ha cancellato la coscienza; ricondurre classi e coscienza risulta essere l'unica strada per non passare dalla padella delle oligarchie renziane, alla dittatura mascherata dei nuovi populisti che alla resa dei fatti si dimostrano non del popolo ma degli ingannapopolo.

Je sò pazzo rappresenta davvero tra le varie complessità un problema di come si possano trasformare energie giovanili invece che in fattore di trasformazione rivoluzionaria, in fattore di adeguamento alla corrente, con la disperata illusione di poterla cambiare cavalcandola.
Questo è il limite dell'esperienza di Potere al popolo. Ma può essere un limite costruttivo.
Mao Tse tung diceva: “fallire, ricominciare, fallire di nuovo, ricominciare... questa è la strada della vittoria”. Però la coscienza del fallimento è uno degli elementi chiave per ricominciare.

Il libro vuole sottolineare ai compagni di Potere al popolo e a tutti coloro che in qualche maniera ritengono che la storia non finisca qui, che una strada alternativa è possibile e che le forze ed energie ci sono, però queste energie devono impegnarsi in molte cose: l'approfondimento, lo studio, l'analisi dei processi reali che vengono sovradeterminati.
C'è un nesso tra il libro e un'opportunità per riflettere su queste questioni. Un processo, quindi, non di critica di Potere al popolo ma di autocoscienza, perchè noi in questo processo di critica a loro, capiamo cosa dobbiamo fare noi.

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