Con questi mezzi gli imperialisti
provano a terrorizzare i popoli per perpetuare la loro sete di profitti e privilegi, ma i popoli si ribellano e ogni volta che lo
fanno seriamente l’imperialismo perde!
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Anche l'Italia coinvolta nel
riarmo nucleare
Da noi settanta testate
Il piano del presidente Trump è
una chiamata alle armi nucleari che coinvolge direttamente anche l'Italia. In
più passaggi del documento elaborato dal Pentagono si sottolinea l'importanza
del contributo Nato sul fronte della deterrenza atomica. C'è in particolare il
riferimento agli «aerei a doppio ruolo degli alleati» che nel nostro Paese ha
un significato chiarissimo: sono i cacciabombardieri dell'Aeronautica che in
caso di conflitto possono ricevere gli ordigni atomici custoditi in Italia
dagli americani.
Nella Penisola l'eredità della
Guerra Fredda non è mai scomparsa. Ci sono almeno 70 bombe
"tattiche": non sono nate per l'apocalisse totale sulle città, quella
sintetizzata con l'acronimo inglese M.A.D. (Pazzo) che stava per
"Distruzione Mutua Assicurata", ma servono per colpire obiettivi
militari come comandi e colonne di mezzi. Lo stesso impiego che oggi la Casa
Bianca vuole potenziare per tenere a bada la minaccia russa, cinese e
nordcoreana.
Gli arsenali nucleari in Italia
sono due. Uno si trova ad Aviano, nella base statunitense: una cinquantina di
ordigni pronti per decollare con i caccia F-16 del 510th Fighter Squadron
"Buzzards"
(Poiane). Sono rapaci supersonici che hanno un emblema fin troppo esplicito: il simbolo dell'atomo che getta fulmini sul globo terrestre.
(Poiane). Sono rapaci supersonici che hanno un emblema fin troppo esplicito: il simbolo dell'atomo che getta fulmini sul globo terrestre.
L'altro deposito è nel perimetro
dell'aeroporto di Ghedi, a pochi chilometri da Brescia. Si tratta di una
ventina di bombe, chiuse in una fortezza sotterranea e interamente nelle mani
di un reparto americano ma destinate ai caccia Tornado del Sesto Stormo della
nostra aviazione. Da sempre gli accordi che regolano l'uso di queste armi sono
top secret. Nel 2005, quando la Guerra Fredda sembrava sepolta nei libri di
storia, l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga disse che nell'eventualità di un
attacco nucleare il nostro stormo avrebbe dovuto condurre una rappresaglia
colpendo Praga e Budapest: la potenza di una sola testata sarebbe stata
sufficiente a raderle al suolo. Gli esperti invece ritengono che la missione
dei caccia bresciani fosse limitata a raid atomici su impianti militari in
Ungheria e Cecoslovacchia, da cui l'Armata rossa avrebbe lanciato l'offensiva
verso Sud.
Oggi le due nazioni fanno parte
della Nato ma i piloti dell'Aeronautica continuano ad addestrarsi per queste
operazioni. E la scorta di bombe sta venendo potenziata, anche per permetterne
l'imbarco sui nuovi F-35, quelli italiani che sostituiranno i Tornado a Ghedi e
quelli americani che prenderanno il posto degli F-16 ad Aviano. È un punto su
cui insiste il piano del Pentagono, sottolineando l'importanza del binomio tra
caccia "invisibili ai radar" e il modello innovativo di bombe
tattiche. Trump chiede infatti «agli alleati Nato di impegnarsi
nell'ammodernamento dei loro sistemi militari», ai quali gli Usa «metteranno a
disposizione le armi atomiche schierate in Europa» . E conclude: «Queste forze
forniscono un legame politico e militare essenziale tra Stati Uniti ed Europa e
sono la garanzia suprema per la sicurezza dell'Alleanza» .
D'altronde l'epopea delle armi
nucleari "tattiche" americane che oggi la Casa Bianca vuole
rivitalizzare è sempre stata legata al nostro Paese. La Nato aveva il problema
di fermare l'ondata di tank sovietici sulla soglia di Gorizia, il lato
meridionale della Cortina di Ferro. Negli anni Sessanta vennero piazzate in
Veneto le testate nucleari più piccole mai concepite. C'erano i razzi Davy
Crockett, con una atomica che si poteva tenere in braccio e veniva sparata
persino dalle jeep. A una distanza compresa tra due e quattro chilometri
provocava un fungo di mezzo chilotone: pure chi l'usava era esposto alle
radiazioni. Di uguale potenza gli zaini atomici, gli oggetti più simili alle
"valigette dell'apocalisse" protagoniste di tanti film d'azione, che
sarebbero serviti per minare i valichi del Brennero e delle Alpi Carniche.
L'intero campionario di micro-
atomiche era presente nei bunker tra Verona e Vicenza: ogive da due e da dieci
chilotoni per i missili antiaerei Nike, per i cannoni a lungo raggio e per i
missili Honest John trasportati su normali camion. Poi dai primi anni Ottanta
si preferirono i missili Lance su semoventi cingolati. Con il dissolvimento
dell'Urss sono finiti tutti nei musei, simbolo di una stagione di terrore che
si sperava dimenticata e che invece rischia di tornare attuale.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/01/17/anche-litalia-coinvolta-nel-riarmo-nucleare-da-noi-settanta-testate14.html?refresh_ce
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