di Alcune
e alcuni solidali da Parigi
9 febbraio
2018
Siamo delle esiliate-i del mondo intero, delle
dublinate-i, delle rifugiate-i costrette a vivere in strada. Ci viene rifiutato
l’asilo, abbiamo attraversato il mare, siamo minori senza documenti. Occupiamo
l’Università di Parigi 8 dal 20 Gennaio 2018.
(Comunicato dei e delle migranti in occupazione, 1
febbraio, Université Paris 8 Saint-Denis)
Parigi è coperta di neve e le strade sono ghiacciate,
al decimo giorno di occupazione dello stabile di Arts Plastiques all’interno
del campus dell’Università di Parigi 8. Da martedì pomeriggio una quarantina di
migranti, fuggiti dalle retate della polizia per le strade vicino la Chapelle,
hanno preso possesso di due piani organizzandosi in una cucina, delle stanze
per dormire al riparo e una sala comune per raccogliere materiali e riunirsi in
assemblea. Medici e avvocati hanno raggiunto l’occupazione per fornire
solidarietà. Gli/le exilé.e.s hanno provenienze ed età differenti: c’è chi ha
attraversato la frontiera di Ceuta e Melilla e chi ha affrontato il mare. La maggior parte di loro ha fatto il carcere in Libia e ne porta i segni sul corpo e nella mente. Molti hanno lasciato le impronte digitali nei primi paesi di sbarco e rischiano di essere “dublinati”, rimpatriati in Italia o Spagna, e da lì deportati verso dove hanno rischiato la vita per fuggire.
Richiedono la
possibilità di vivere una vita degna: documenti, un alloggio stabile, la
possibilità di imparare la lingua francese, la fine dei rifiuti attraverso il
DEMIE (Dispositivo di Valutazione dei Minori Stranieri Isolati) e lo stop
immediato delle deportazioni dentro e fuori l’Europa. Gli e le occupanti
lottano per ottenere un canale di contrattazione abbastanza forte con la
prefettura e l’OFPRA (ufficio incaricato di applicare le convenzioni di
protezione internazionale), attraverso la solidarietà di studenti e professori
di Parigi 8. Non è un caso che sia stata occupata proprio l’Università di
Parigi 8, la cui storia si inscrive nelle lotte studentesche e operaie del
dopo-68 ed è stata il luogo di accoglienza per molte comunità di rifugiati
politici provenienti da tutto il mondo. Oggi, oltre 1500 studenti sans papiers
sono regolarmente iscritti in questa università. In un comunicato del 5
febbraio diversi studenti e docenti hanno dichiarato solidarietà ed esplicita
opposizione a ogni intervento della polizia all’interno dell’università. Da
giovedì 1 febbraio era iniziata una contrattazione con la presidenza, che ha
per il momento garantito il non-intervento della polizia dentro l’università
nonostante le pressioni della questura. Dal pomeriggio di giovedì 8 Paris 8 è
però stata chiusa dall’amministrazione adducendo “problemi tecnici” di
riscaldamento; cosa che non ha impedito a oltre duecentocinquanta persone tra
studenti e docenti di raggiungere ugualmente Saint-Denis per mostrare
solidarietà. In un periodo di avanzata dei neofascismi e della violenza
razzista, l’occupazione di Parigi 8 può forse creare un’ulteriore rottura nella
gestione dell’accoglienza e dei flussi migratori. Nella volontà dei migranti di
non rivolgersi alle associazioni istituzionali di matrice assistenziale si
palesa la povertà dello sguardo di coloro che ancora pensano, magari con
l’ingenuità della buona fede, di avere di fronte un problema da gestire tramite
associazioni umanitarie e polizia. Diversamente, i migranti in occupazione
contrattano: agiscono dentro rapporti di forza, non chiedono favori o
benevolenza. Senza dimenticare le difficilissime condizioni materiali in cui
sono limitati, essi rimangono il soggetto politico di questa lotta e la voce
che bisogna imparare ad ascoltare. Risulta del resto assurdo pensare davvero
che persone sopravvissute ai campi libici e al cimitero Mediterraneo siano
“manipolabili” da attivisti politici, come spesso vengono accusati i solidali.
Non è più possibile nascondere l’autonomia di rivendicazioni troppo spesso derubricate
a un problema “umanitario” o di “sicurezza”. Chi è in cammino attraverso le
frontiere lo sa: la polizia e l’umanitarismo sono la politica continuata con
altri mezzi. Invitiamo tutte le realtà solidali a esprimere il loro sostegno e
far circolare la voce dei e delle migranti in occupazione a Paris 8.
attraversato la frontiera di Ceuta e Melilla e chi ha affrontato il mare. La maggior parte di loro ha fatto il carcere in Libia e ne porta i segni sul corpo e nella mente. Molti hanno lasciato le impronte digitali nei primi paesi di sbarco e rischiano di essere “dublinati”, rimpatriati in Italia o Spagna, e da lì deportati verso dove hanno rischiato la vita per fuggire.
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