All’Aquila il 7 luglio, la prigioniera
rivoluzionaria Nadia Lioce verrà processata per “Disturbo
delle occupazioni o del riposo delle persone e oltraggio a
pubblico ufficiale”. Reati relativi a battiture di protesta,
che la detenuta avrebbe messo in atto dopo l’applicazione
delle circolari del DAP e la pronuncia della Cassazione del
2014, che hanno stabilito l’impossibilità, per chi è recluso
in 41 bis, di detenere libri o riviste in cella e di riceverne
dall’esterno.
In questi anni Nadia Lioce è stata oggetto di ripetuti sequestri di libri, quaderni e altro materiale cartaceo e di cancelleria e ora la si vuole processare per aver turbato la “quiete” di un carcere che l’ha sepolta viva, condannandola al silenzio, a una condizione d’isolamento totale e perenne, all’inaccettabile sacrificio della dignità umana, alla mortificazione della sua stessa identità.
A un anno dalla manifestazione della campagna “pagine contro la tortura”, le condizioni detentive già gravi di Nadia, sono addirittura peggiorate. Oltre ai libri, neanche i vaglia per comprarseli tramite il carcere le vengono consegnati e in un istituto di pena, quello abruzzese, dove manca persino un garante dei diritti dei detenuti, le sono stati negati i colloqui con Giulio Petrilli, per il parere negativo della DDA (direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo)!
Giulio conosce bene la sezione femminile speciale del carcere dell’Aquila, dov’è rinchiusa la Lioce. L’ha visitata diverse volte, in veste istituzionale e come figura garantista e 2 anni fà ne denunciò le condizioni durissime: “Un carcere femminile peggiore di Guantánamo e di Alcatraz", dove le detenute sono sepolte vive e in condizioni d’isolamento totale.
Con la sentenza della Corte Costituzionale dell’8.02.17, n° 122, questa tortura bianca è stata dichiarata legittima e definitiva, nonostante il parere contrario della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato.
D’altra parte l’approvazione di una legge truffa sulla tortura, è il segno evidente che questo è uno Stato di polizia che non offre più margini di democrazia. Le sue “quote rosa” sono intrise della sofferenza delle donne rinchiuse, torturate e violentate nelle carceri, nelle caserme, nei lager per migranti.
Uno Stato che garantisce impunità e cittadinanza a chi ammazza per il profitto e usa il carcere duro per piegare prigioniere e prigionieri rivoluzionari, non agisce solo per vendetta, ma lancia una minaccia alla solidarietà umana e di classe e una promessa repressiva a chi, comunque sia, lotta contro questa immensa ingiustizia.
All’Aquila il 7 luglio si processa una donna, che continua a ribellarsi a questo sistema di tortura e annientamento dell’identità umana, sociale e politica e noi saremo davanti al tribunale, per chiedere la fine del 41 bis per Nadia Lioce.
Perché se c’è una cosa che ancora non possono toglierci è l’umanità, la solidarietà di genere e di classe e la speranza di un riscatto rivoluzionario.
MFPR l'aquila
In questi anni Nadia Lioce è stata oggetto di ripetuti sequestri di libri, quaderni e altro materiale cartaceo e di cancelleria e ora la si vuole processare per aver turbato la “quiete” di un carcere che l’ha sepolta viva, condannandola al silenzio, a una condizione d’isolamento totale e perenne, all’inaccettabile sacrificio della dignità umana, alla mortificazione della sua stessa identità.
A un anno dalla manifestazione della campagna “pagine contro la tortura”, le condizioni detentive già gravi di Nadia, sono addirittura peggiorate. Oltre ai libri, neanche i vaglia per comprarseli tramite il carcere le vengono consegnati e in un istituto di pena, quello abruzzese, dove manca persino un garante dei diritti dei detenuti, le sono stati negati i colloqui con Giulio Petrilli, per il parere negativo della DDA (direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo)!
Giulio conosce bene la sezione femminile speciale del carcere dell’Aquila, dov’è rinchiusa la Lioce. L’ha visitata diverse volte, in veste istituzionale e come figura garantista e 2 anni fà ne denunciò le condizioni durissime: “Un carcere femminile peggiore di Guantánamo e di Alcatraz", dove le detenute sono sepolte vive e in condizioni d’isolamento totale.
Con la sentenza della Corte Costituzionale dell’8.02.17, n° 122, questa tortura bianca è stata dichiarata legittima e definitiva, nonostante il parere contrario della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato.
D’altra parte l’approvazione di una legge truffa sulla tortura, è il segno evidente che questo è uno Stato di polizia che non offre più margini di democrazia. Le sue “quote rosa” sono intrise della sofferenza delle donne rinchiuse, torturate e violentate nelle carceri, nelle caserme, nei lager per migranti.
Uno Stato che garantisce impunità e cittadinanza a chi ammazza per il profitto e usa il carcere duro per piegare prigioniere e prigionieri rivoluzionari, non agisce solo per vendetta, ma lancia una minaccia alla solidarietà umana e di classe e una promessa repressiva a chi, comunque sia, lotta contro questa immensa ingiustizia.
All’Aquila il 7 luglio si processa una donna, che continua a ribellarsi a questo sistema di tortura e annientamento dell’identità umana, sociale e politica e noi saremo davanti al tribunale, per chiedere la fine del 41 bis per Nadia Lioce.
Perché se c’è una cosa che ancora non possono toglierci è l’umanità, la solidarietà di genere e di classe e la speranza di un riscatto rivoluzionario.
7 Luglio 2017, ore 9,00
Presidio davanti al tribunale
Via XX Settembre 68 L'Aquila
MFPR l'aquila
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