Riceviamo
e pubblichiamo questa lettera proveniente da un docente di
un’università tunisina in cui, in un contesto nazionale dove vi è
un rigurgito conservatore di tipo religioso in tutti i campi della
società favorito dalla componente principale del partito di
coalizione governativa (i Fratelli Musulmani di Ennahdha) anche
all’università si combatte questa battaglia tra affermazione della
libertà di coscienza e tentativo di imporre i valori religiosi nelle
istituzioni e nella vita pubblica da cui dovrebbero restare fuori.
All’attenzione
della coordinatrice del Dipartimento di Italiano dell’ISL
All’attenzione
del corpo docente del Dipartimento di Italiano dell’ISL
Oggi
lunedì 03 luglio, in occasione della riunione di delibera del nostro
dipartimento in cui siamo tutti qui riuniti, faccio presente che:
durante
la sessione di recupero è successo un fatto assai grave e scorretto
che riguarda la prova di esame di “produzione scritta”.
L’esame
prevedeva due domande teoriche e un tema la cui traccia recita
testualmente:
“Siete
dei giornalisti, scrivete un articolo in un giornale consigliandone
la gente che scelga l’aborto di smettere. Nell’articolo spiegate
l’aborto e date delle conseguenze di questo crimine. Come si tratta
di una verità evidente a chiunque faccia ancora uso della propria
ragione?”
Una
traccia così formulata dovrebbe essere irricevibile dal nostro
dipartimento sia per i vistosi errori grammaticali e sintattici che
rendono la traccia quasi incomprensibile a chi legge, sia da un punto
di vista di correttezza etico/professionale.
Ma
in questo caso gli errori sintattici e grammaticali passano
necessariamente in secondo piano, la questione principale è infatti
il modo con cui viene posto il quesito.
Infatti
su un tema delicato che ha a che fare con la libertà di coscienza,
la traccia impone allo studente in maniera preconfezionata la visione
del docente su tale questione tra l’altro presentandola in maniera
oggettivamente erronea e affermando falsità.
Innanzitutto
da un punto di vista pedagogico l’Università dovrebbe essere il
luogo in cui tutti gli studenti possano ricevere gli strumenti per
poter sviluppare un proprio pensiero critico, al contrario l’esame
definendo l’aborto un “crimine”, fornisce già una visione di
parte sull’argomento e lascia poca “libertà di manovra” allo
studente di argomentare e sviluppare autonomamente lo stesso.
Quanto
espresso nella traccia di esame è una palese falsità, infatti per
“crimine” si intende un reato grave quindi penale e, come
sappiamo, la pratica dell’aborto è concesso in alcuni casi in
Tunisia fin dal 1956 e, in seguito alla mobilitazione delle donne
tunisine vi è stato uno sviluppo della legislazione nazionale
liberalizzando l’aborto nel 1973. In tutto il mondo l’aborto è
considerato un diritto per le donne che in molti paesi hanno
conquistato in anni e anni di lotta, in altri si continua a lottare
contro gli attacchi a questo diritto da parte di gruppi reazionari,
neofascisti e neonazisti e in altri ancora si lotta ancora per
conquistarlo.
Dire
quindi che l’aborto è un crimine equivale a considerare le donne
che abortiscono delle criminali. Un’affermazione tanto infamante
quanto menzognera.
È
solo una visione religiosa della vita che in maniera del tutto avulsa
da principi di scientificità equipara l’embrione a una persona già
formata considerando quindi l’aborto un “crimine”.
Ma
noi siamo docenti di un’università statale e non dell’università
Zitouna di antica memoria, in quanto pubblici ufficiali
rappresentanti l’istituzione siamo tenuti a rispettarne la
neutralità e a garantire i principi costituzionali. L’unica
“verità evidente” all’Università è il sapere scientifico
accademico, o forse vogliamo che anche nella nostra Università siano
presentate delle tesi in cui si afferma la giustezza della teoria
geocentrica come successo recentemente all’Università di Sfax?
Le
credenze etiche, morali e religiose personali dei docenti devono
rimanere nella loro sfera privata e personale e in un’istituzione
come l’Università non possono influenzare negativamente la libera
fruizione del sapere e del dibattito scientifico.
Questa
vicenda particolare diventa assai più grave alla luce del fatto che
i nostri studenti sono per oltre il 90% donne.
Il
risultato di questo approccio è ben visibile dalle tracce sviluppate
dalle studentesse in tale esame, essendo di sorveglianza nel
suddetto, ho avuto modo di leggere le prove man mano che le
studentesse consegnavano: sembrano tutte delle fotocopie.
In
nessuno dei compiti consegnati dalle ragazze vi è un’analisi
scientifica del fenomeno in cui si descriva argomentando ad esempio
le ragioni di una donna che voglia abortire vedi le ragioni
economiche/sociali o di violenza sessuale o più semplicemente di
pura scelta individuale. In nessuno dei compiti vi è un’analisi
giuridica della legislazione tunisina anche in rapporto all’articolo
21 della nuova Costituzione che sancisce la sacrosanta libertà di
coscienza.
È
lecito chiedersi se, dato questo approccio fortemente ideologizzato,
sia stato affrontato in classe la questione dell’aborto in termini
oggettivi e corretti ovvero scientifici, e quindi, giungere alla
conclusione che di certo tale risultato negativo non è addebitabile
alle studentesse.
Lo
scorso 14 aprile un interessante articolo apparso su Huffpost Maghreb
Tunisia (fonte autorevole quindi) intitolato “En
Tunisie, toutes les femmes ont-elles le droit d'avorter? Pas
réellement, alerte Emna Hsairi”
(che in questa sede distribuisco a tutti i colleghi) Emna Hasairi
membro dell’associazione tunisina delle Donne Democratiche spiega
come in alcune regioni della Tunisia questo diritto (definito
giustamente così a partire dal titolo altro che “crimine”!) sia
negato e in particolare a Gabès,
Beja e Tozeur.
L’alternativa
sono le cliniche private (per chi ha la disponibilità economica) o
ricorrere a pratiche illegali che sono pericolose per la salute delle
donne.
L’articolo
infatti cita anche il dato che il ricorso a metodi di aborto illegali
aumenta del 10% il tasso di mortalità delle donne
Giustamente
il punto focale sottolineato da Hasairi è che alcune donne in
Tunisia e in particolare in alcune regioni hanno un loro diritto
negato.
A
Gabès questa vergogna viene giustificata dalle autorità dicendo che
nessuna donna richiede di abortire (!) semplicemente ridicolo. Molto
interessante quando l’intervistata sottolinea quanto sia importante
la formazione su questo argomento, ma se pensiamo a quanto successo
con l’esame in questione somministrato ai nostri studenti, è
chiaro come convinzioni ideologiche conservatrici si impongano nella
vita pubblica a discapito dei diritti garantiti formalmente dallo
Stato.
A
conferma di ciò una fonte ancora più autorevole ovvero il rapporto
della Population Division of the Department of Economic and Social
Affairs of the United Nations Secretariat nella sua pubblicazione
Abortive Politics A Global Review nel paragrafo
dedicato alla Tunisia afferma: “Surveys have shown that people
continue to be misinformed about the availability of abortion.
Moreover, abortion for unmarried women continues to be a taboo
subject in traditional communities. Therefore, illegal abortion
continues to be practised, especially in the case of extramarital
pregnancy and in rural areas.”
Chi
si erge a paladino della difesa della “vita” contro questo
immaginario “crimine” dovrebbe riflettere quanto la pressione
sociale ed economica contro il diritto all’aborto sia responsabile
della morte di tante donne nel mondo.
Pertanto,
alla luce del grave fatto avvenuto e di quanto qui espresso, invito i
colleghi del Dipartimento di Italiano dell’ISL a sottoscrivere le
seguenti mozioni:
-
considerare l’esame nullo e quindi ripeterlo o in alternativa
valutare con un 10 “politico” tutti i compiti
-
affermare l’impegno di tutti noi docenti del dipartimento, nel
rispetto della sensibilità religiosa e del pieno esercizio di essa,
a rispettare la libertà di coscienza e la neutralità
dell’istituzione universitaria, nell’esercizio delle proprie
funzioni accademiche. Quest’ultima non può essere “utilizzata”
per veicolare credenze o teorie di parte e prive di base scientifica.
-
affermare l’impegno da parte del dipartimento di organizzare il
prossimo anno accademico un’apposita lezione nel quadro del
programma di “civiltà” o di “questioni di civiltà” sul
diritto di aborto in Italia e in Tunisia analizzando differenze e
punti in comune nell’evoluzione dell’affermazione e garanzia di
questo diritto nei nostri due paesi.
E
V insegnante del Dipartimento di Italiano dell’ISL
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