martedì 11 aprile 2017

pc 11 aprile - Morte/Assassinio frutto dei tagli alla Sanità della regione Lombardia

Morta incinta di gemelle: "L’emorragia la stava uccidendo ma i medici le curavano l’ansia"
Il duro "j’accuse" della Procura sul caso della Mangiagalli. Nessuno si accorse che Claudia Bordoni, incinta di due gemelline, stava sviluppando un’emorragia interna che l’avrebbe condotta alla morte
di MARIO CONSANI 

Milano, 11 aprile 2017 - La presero per una mezza matta, invece stava morendo. La mattina in cui Claudia se ne andò, medici e sanitari pensavano ancora che fosse solo una «paziente ansiosa». Si preoccuparono di quello, somministrandole un calmante. E nessuno si accorse che quella donna incinta di due gemelline stava sviluppando dentro di sé un’emorragia che nel giro di poche ore l’avrebbe condotta alla fine. «Ed è proprio perché l’attenzione è concentrata sull’ansia e sulla necessità di curare (solo) l’ansia, che incredibilmente operatori sanitari di grande esperienza in una
struttura di massima specializzazione non si accorgono di quello che sta succedendo. È una possibile spiegazione degli eventi. Non è evidentemente una giustificazione». Tecnicamente questa è una richiesta di archiviazione del procedimento penale, non essendo possibile dimostrare, secondo la Procura, il nesso di causa tra le omissioni dei sanitari e il decesso della donna. Ma senza alcun dubbio suona come un pesantissimo j’accuse: anche se non ci sarà un processo, non fu solo il destino avverso a uccidere la manager Claudia Bordoni, un anno fa alla clinica Mangiagalli. «La colpa che sussiste è una colpa grave», scrive il pubblico ministero. «I sintomi manifestati dalla paziente nel momento in cui si verifica una massiva ed improvvisa emorragia interna sono stati completamente travisati dal personale sanitario presente, attribuiti - in maniera apparentemente inspiegabile - ad un attacco di panico. Il peggioramento delle condizioni - con specifico con riferimento ai valori patologici della pressione - viene trascurato e mal interpretato». Certo Claudia era una paziente non facile, che chiedeva spesso aiuto, sollecitava l’intervento di medici e infermiere, ma «l’unico trattamento adottato - denuncia il magistrato - è la somministrazione di un calmante che certo tranquillizza la paziente - peraltro in fase ormai pre-mortale - ed ha come effetto immediato quello di evitare ulteriori ennesime chiamate a infermiere, ostetriche, medici». «È forse per questo che muore Claudia», conclude sconsolato il pubblico ministero. Uno scenario che fa rabbrividire. A uccidere la donna, 37 anni, fu un’endometriosi, malattia che colpisce il tessuto dell’utero, «estremamente rara in gravidanza». La lesione per di più era localizzata «profondamente nelle pelvi», tanto da rendere la vicenda clinica di Bordoni «non tanto rara quanto quasi unica». E fino alle prime ore della mattina del 28 aprile, nessuna censura «nell’operato dei sanitari». Ma tutto cambia intorno alle 10.20 di quel giorno. Claudia chiama le ostetriche e «rappresenta uno stato di debolezza». Pochi minuti dopo, sviene. È molto agitata, ha dolori diffusi, un brusco calo di pressione. «A questo punto - accusa la Procura - gli approfondimenti diagnostici, per quanto difficili, diventavano doverosi, non essendo giustificabile - e anzi altamente censurabile - l’attribuzione della sintomatologia presente ad uno stato d’ansia di rilievo psichiatrico». E invece da quel momento comincia il balletto delle assurde omissioni. Una ginecologa annulla addirittura l’ecografia già programmata «per le difficoltà di trasportare la paziente in sala ecografica». Una ragione «incomprensibile» per il pubblico ministero, «perché nei reparti di ostetricia sono normalmente disponibili ecografi portatili», ma anche perché «proprio il brusco peggioramento delle condizioni della paziente avrebbe dovuto suggerire di procedere ad accertamenti urgenti». E l’osterica che interviene due ore e mezza dopo, «pur in presenza di parametri vitali patologici, peggiorativi rispetto a quelli rilevati alle 10.25, omette di allertare il medico». Così altre due ostetriche e la capo ostetrica intervenute alle 13.30: nessun allarme «nonostante la persistenza di una condizione di ipotensione e bradicardia». Un’ora più tardi, Claudia era già morta insieme alle sue bambine. E a nulla poteva servire il taglio cesareo praticato in emergenza in quegli stessi minuti.


Milano l'Ats lancia l'allarme: "Mancano 64 medici di base. Nelle periferie è emergenza"
Alcuni quartieri sono allo scoperto, il Comune offrirà locali a prezzi calmierati
di ALESSANDRA CORICA

10 aprile 2017
I quartieri più scoperti sono Quinto Romano e Ponte Lambro. Ma a soffrire sono diverse zone di Milano, quasi tutte in periferia. È sos medici di famiglia a Milano: delle 63 posizioni messe a bando lo scorso autunno tra la città, Sesto e Cinisello, l'Ats metropolitana è riuscita a coprirne appena 35. A questi se ne devono aggiungere altri 29 rimasti vuoti negli ultimi mesi, e che per questo corso Italia metterà a bando nelle prossime settimane, nella seconda metà di aprile. "Stiamo cercando di sensibilizzare i medici - dice il direttore sociosanitario dell'Ats, Silvano Casazza - ma la situazione è complessa, visto che molti professionisti che erano entrati in servizio negli anni Ottanta stanno progressivamente andando in pensione". E non ce ne sono altrettanti, giovani, disposti a sostituirli.
Secondo i calcoli di corso Italia, di qui al 2023 a Milano saranno 280 i medici che raggiungeranno l'età pensionabile (ovvero, 70 anni) e quindi lasceranno la professione. 


Maroni: quattro progetti per innovare: "Più efficienza, anche nella Sanità"
Da Facebook ad Airbnb, da Ibm a Twitter: il presidente negli Usa
di STEFANIA CONSENTI 


Milano, 10 aprile 2017 - Presidente Roberto Maroni, con il viaggio nella Silicon Valley ha fatto un tuffo nell’innovazione. Quali tecnologie, «buone pratiche» pensa di sviluppare in Lombardia? «Ho visitato alcune aziende, il quartier generale di Ibm, la sede di Twitter, Airbnb e Facebook e una start up italiana (logo Volare) che sviluppa software per sistemi wi-fi, rendendo possibile una comunicazione diretta. Partiamo da qui. È un sistema che può essere utilizzato negli ospedali, e nella gestione delle liste d’attesa».

E gli altri tre progetti? «In ordine d’importanza c’è il progetto Watson che Ibm vorrebbe realizzare in Europa. Funziona già negli ospedali americani e dà al medico di base una serie di valutazioni su ogni caso in tempi ultrarapidi facendo, ad esempio, una verifica che in 15 secondi analizza 40 milioni di documenti. Capisce che si possono fare diagnosi più certe, senza far fare esami inutili, di cosidetta medicina difensiva?».
La Lombardia però deve cedere i dati delle cartelle sanitarie. «Prima una premessa. L’accordo, una sorta di preintesa, è stato siglato da Renzi per creare questo Centro Watson nell’ex area Expo, e parliamo di un investimento di 150 milioni di euro e 100 posti di lavoro che Ibm fa a condizione di avere questi dati sanitari. Sono disponibile all’operazione. Ora però tutto è fermo al Garante della Privacy che deve valutare le condizioni perché si possano dare questi dati nel rispetto delle normative, in modo che non ledano il diritto alla privacy dei cittadini che usufruiscono del servizio sanitario nazionale. Non sono difficoltà insuperabili. Dobbiamo però fare in fretta. Sono preoccupato, mi hanno detto che ci sono altri due Paesi interessati. L’investimento è coerente con Human Tecnopole, Città della Salute e con Ema, l’agenzia del farmaco che ospiteremo al Pirellone».
Lei ha una visione di prospettiva ma su Ema è stato attaccato in casa, anche da Salvini. «Faccio quello che devo fare come Governatore, al di là delle voci contrarie. Con questi progetti puntiamo a diventare una vera Silicon Valley, polo di attrazione di talenti e ricercatori. Watson Health farebbe di Milano il centro europeo e non solo della ricerca oncologica e medica in generale. Poi c’è Facebook... Stanno creando una pagina da utilizzare in caso di attentati, terremoti, attraverso la quale si può ad esempio comunicare il proprio stato di salute. Vorrei utilizzarlo come strumento della Protezione civile, partire con una sperimentazione. Altra applicazione possibile è la raccolta di adesioni dei volontari che vogliono muoversi e andare a prestare soccorso. Oggi uno dei problemi nelle emergenze è che c’è troppa gente che arriva, da coordinare. Infine il turismo, con Airbnb. Hanno raddoppiato le camere in Lombardia nel 2016. Hanno in corso un’applicazione che si chiama Experience. Nei nostri 1.530 Comuni abbiamo sagre paesane sconosciute ma interessantissime e loro vogliono metterle in questo sito. Voglio che la Lombardia incrementi il numero di turisti, che sia a place to be, luogo dove venire a passare le vacanze. Chiederemo ai Comuni di fornirci comunicazioni sulle piccole iniziative. Abbiamo dieci siti Unesco e quando l’ho ricordato agli interlocutori americani erano sorpresi. Abbiamo un potenziale mercato di ricchi turisti cinesi. Sto studiando, con Alibaba, iniziative di promozione del territorio».
Ema, Watson, Volare, per realizzare tutti questi progetti ci vuole un secondo mandato come governatore... «(Ride) Ma io farò tutto in sei mesi!».
Allora non si ricandida... «Sono interessato a proseguire, l’ho detto varie volte, dipende dalle condizioni e lo vedremo dall’8 maggio in avanti».
Ci sono voci per un ingresso di Ncd nella lista Maroni, è vero? E si fa il nome del calciatore Demetrio Albertini... «Lo escludo. Si tradirebbe lo spirito della lista. Quanto ad Albertini, beh è stato un bravo calciatore del Milan».
Fra i possibili competitor del Pd chi teme di più? Guerini, Gori, Martina? «Nessuno. I sondaggi mi danno al 58%. Ho imparato, però, a non sottovalutare nulla».
stefania.consenti@ilgiorno.net



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