In Sicilia si prepara la
guerra nelle oasi naturali
foto di Mare Amico Agrigento
“San Matteo” in territorio di Erice (Trapani), “Santa
Barbara” nei comuni di Tripi e Novara di Sicilia (Messina), “Drasy” tra la riva
di levante del fiume Naro e Punta Bianca (Agrigento) e “Masseria dei Cippi”
nelle campagne di Montelepre (Palermo). Sono aree di grande valore
naturalistico, archeologico ed etnoantropologico, da decenni soggette a servitù
militare e seriamente minacciate nella loro sopravvivenza.
Grazie all’eco delle denunce avanzate dagli attivisti No
Muos, eco-pacifisti e No war, nelle scorse
settimane la vicenda di Dynamic Manta e dei sottomarini nucleari ad Augusta è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministero della Difesa. Inoltre, proprio in questi giorni, la Commissione parlamentare d’inchiesta uranio impoverito è in missione in Sicilia per verificare la corretta applicazione delle misure di sicurezza sul lavoro e ambientali nella base militare di Sigonella, al poligono di Drasy e presso la stazione radar Muos di Niscemi. Nell’ambito di questa missione istituzionale, oggi pomeriggio saranno ascoltati il direttore generale dell’Arpa Sicilia, alcuni rappresentanti dei comitati No Muos e un militare malato che ha svolto attività nella base NRTF di Niscemi. I risultati della missione saranno illustrati alla stampa giovedì 6 marzo alle ore 10 nella sede della Prefettura di Catania.
settimane la vicenda di Dynamic Manta e dei sottomarini nucleari ad Augusta è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministero della Difesa. Inoltre, proprio in questi giorni, la Commissione parlamentare d’inchiesta uranio impoverito è in missione in Sicilia per verificare la corretta applicazione delle misure di sicurezza sul lavoro e ambientali nella base militare di Sigonella, al poligono di Drasy e presso la stazione radar Muos di Niscemi. Nell’ambito di questa missione istituzionale, oggi pomeriggio saranno ascoltati il direttore generale dell’Arpa Sicilia, alcuni rappresentanti dei comitati No Muos e un militare malato che ha svolto attività nella base NRTF di Niscemi. I risultati della missione saranno illustrati alla stampa giovedì 6 marzo alle ore 10 nella sede della Prefettura di Catania.
In Sicilia si prepara la guerra nelle oasi naturali
Di GianMarco Catalano
Da Nord a Sud, da Est a Ovest, proseguono senza sosta le
prove di guerra in Sicilia. Archiviata la terza edizione della
mega-esercitazione in mare Nato Dynamic Manta, l’Isola rimane a fare i conti
con le ordinarie e insostenibili esercitazioni a fuoco delle forze armate
italiane.
Giunta la primavera, mentre la marina militare si addestra
nelle acque dello Ionio e del Mediterraneo Centrale, ad occupare vasti spazi
terrestri ci pensano le intense attività belliche della brigata meccanizzata
“Aosta”. Con l’utilizzo di armi portatili e di reparto, artiglieria pesante,
bombe a mano e mortai, questa unità dell’esercito italiano impegna –
contemporaneamente – almeno quattro poligoni di tiro siciliani: “San Matteo” in
territorio di Erice (Trapani), “Santa Barbara” nei comuni di Tripi e Novara di
Sicilia (Messina), “Drasy” tra la riva di levante del fiume Naro e Punta Bianca
(Agrigento) e “Masseria dei Cippi” nelle campagne di Montelepre (Palermo). Sono
aree di grande valore naturalistico, archeologico ed etnoantropologico, da
decenni soggette a servitù militare e seriamente minacciate nella loro sopravvivenza.
Esemplare è il caso di Drasy: un poligono che si trova a due
passi dalla Valle dei Templi (patrimonio Unesco) e comprende un’incantevole
fascia costiera in attesa del riconoscimento come riserva naturale orientata,
dopo la dichiarazione di “notevole interesse pubblico” emanata dalla Regione
Siciliana nel 2001. Questo, però, non è bastato a porre fine ai continui
bombardamenti dei carrarmati, da terra verso il mare, che stanno provocando
l’inesorabile crollo della falesia di Punta Bianca e un probabile inquinamento
del suolo e delle acque. Nell’oasi dell’Agrigentino, il 29 aprile si concluderà
il primo quadrimestre di esercitazioni condotte sotto la direzione del Comando
militare Autonomo di Sicilia. Da gennaio, al netto delle festività, fanno 90
giorni consecutivi – dalle ore 8 alle ore 17 – di addestramento a fuoco. Dopo
la pausa estiva, si tornerà a sparare in autunno. In totale sono circa 8 mesi
all’anno di esercitazioni, senza contare i war games svolti nello stesso luogo
dalle forze armate statunitensi. Un calendario serrato che si ripete da oltre
60 anni, nonostante i danni ambientali denunciati dalle associazioni Mare
Amico, Mare Vivo e Legambiente. Proprio quest’ultima, in una memoria depositata
presso la Commissione Difesa della Camera dei Deputati, ha chiesto che «si
ponga fine allo svolgimento di queste attività che nulla hanno a che fare con
le finalità di un’area protetta, ma rappresentano un anacronistico e pericoloso
utilizzo del nostro territorio in barba a leggi e regolamenti nazionali e
direttive europee e internazionali, che nemmeno i Comitati Misti Paritetici tra
Forze Armate e le singole Regioni sono stati in grado di garantire».
Un destino analogo è
toccato anche al parco naturale di San Matteo. Un’area inclusa nel sito
d’importanza comunitaria (SIC) denominato “Monte San Giuliano”, appartenente
alla Rete Natura 2000, eppure inspiegabilmente adibita a poligono militare
“occasionale”. Nel settembre dello scorso anno, dopo un’inchiesta del
quotidiano MeridioNews, la vicenda è finalmente approdata sul tavolo del
Ministero della Difesa, attraverso un’interrogazione parlamentare firmata dal
senatore Vincenzo Maurizio Santangelo (M5S). Senonché «a detta dello stesso
ministero, tutto è nella regola», ha riferito qualche giorno fa il senatore
Santangelo al termine di un’apposita audizione in Commissione Difesa. Il
risultato è che, anche per quest’anno, le esercitazioni di tiro andranno avanti
in aperta violazione delle direttive comunitarie, in assenza di una valutazione
d’impatto ambientale (VIA) e nell’ignavia delle istituzioni locali. «Faranno
solo un gran rumore, ma nulla di pericoloso» commentava a MeridioNews Salvatore
Angelo Catalano, assessore del Comune di Erice e ufficiale dell’esercito.
Non vanno meglio le cose sul versante nord-orientale della
Sicilia, nel Messinese, dove l’esercito testa i lanciarazzi anticarro
“Panzerfaust 3”, tecnologia di produzione tedesca che ha rimpiazzato i vecchi
bazooka. A soli tre chilometri dal borgo collinare di Tripi, in località Santa
Barbara, «i militari sparano nella direzione di una grande roccia e il rumore
si avverte sino in paese», confermano dall’ufficio tecnico comunale. Le
sessioni di tiro coprono l’intero anno – mesi estivi compresi – e si svolgono
proprio a ridosso dell’alveo del Torrente Mazzarrà, a poca distanza dalla
riserva naturale di “San Cono-Casale-Carnena”. Un’oasi regionale istituita per
offrire protezione e rifugio agli animali selvatici, per i quali la presenza di
un poligono, con il suo forte impatto acustico e per l’ecosistema, non può che
rappresentare un pesante deterrente.
Sul monitoraggio degli effetti ambientali di queste
esercitazioni, in effetti, le autorità civili non sembrano particolarmente
vigili. Come nel caso del poligono “Masseria dei Cippi”, alla periferia del
Comune di Montelepre in provincia di Palermo. «E’ una zona di campagna, a poche
centinaia di metri dai pascoli, che insiste sopra una falda acquifera» spiega
Giacomo Maniaci, giornalista del quotidiano MontelepreWeb. A sparare in questo
poligono, accanto ai reggimenti dell’esercito, si recano il corpo forestale,
l’XI reparto mobile della polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza e
polizia scientifica. «Il rischio è che a lungo andare queste attività possano
avere degli effetti negativi sull’acqua del pozzo Cippi, principale fonte di
approvvigionamento idrico di Montelepre», sottolinea il giornalista. «Per il
momento le analisi sul pozzo sono perfette, ma i controlli sul terreno non
spettano al Comune», afferma Maria Rita Crisci, sindaca di Montelepre eletta
col sostegno del Partito Democratico, poco più di un anno fa, dopo lo
scioglimento del consiglio comunale per mafia avvenuto nel marzo 2014. «Tutti
gli anni chiediamo contezza dei prelievi effettuati dall’assessorato regionale
– aggiunge la sindaca – Per il momento non sono in possesso di dati da cui
desumere motivi di allarme, ma mi riservo di approfondire con i miei uffici».
Da tempo però, secondo Maniaci, «sulla questione si fa troppo silenzio, a causa
del disinteresse delle istituzioni e degli stessi cittadini».
Gianmarco Catalano
https://nmenzulastrada.blogspot.it/2017/03/in-sicilia-si-prepara-la-guerra-nelle.html
http://contropiano.org/regionali/2017/03/30/90397-090397
http://www.isiciliani.it/in-sicilia-si-prepara-la-guerra-nelle-oasi-naturali/
http://www.peacelink.it/disarmo/a/44277.html
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