Rompere il silenzio sulla base NATO di Giugliano/Lago Patria.
Opponiamoci alla militarizzazione ed all’ espropriazione dei nostri territori.
L’Italia, il Meridione e la Campania sono sempre più integrante nel dispositivo militare USA e NATO che – da tempo – insiste sul fianco/Sud come protesi bellica verso l’Africa, il Vicino e Medio Oriente e l’insieme dei paesi del Sud del mondo.
Non sarà sfuggito nei giorni scorsi, quando si è consumato l’ennesimo atto di aggressione contro la Siria, che le due navi statunitensi Uss Ross (DDG 71) e Uss
Porter (DDG 78) fanno capo al Comando NATO di Giugliano/Lago Patria (Napoli) agli ordini dell’ammiraglio Michelle Howards, che comanda la forza Nato che stanzia in questa mega installazione collocata nel cuore dell’area metropolitana partenopea.
Da evidenziare che questa ammiraglio è anche la responsabile del Comando Interforze di Napoli (COM JFC Naples), del Comando Interforze delle Forze Armata USA in Europa (COMUSNAVEUR) e delle Forze Navali USA in Africa; insomma a Giugliano/Lago Patria è condensato un importante segmento della capacità di comando e controllo del sistema di guerra degli Stati Uniti e della NATO.
Tale centralità non nasce in queste ultime settimane. La base di Giugliano/Lago Patria sta assumendo una crescente centralità strategica nei piani di controllo, deterrenza ed aggressione che gli USA e i paesi aderenti alla NATO hanno assegnato a questo sito nell’ambito delle loro politiche belliche e di proiezione interventista.
La chiusura del Comando NATO di Bagnoli di alcuni anni fa e l’apertura di questa nuova base ha messo in condizione l’Alleanza Atlantica di meglio sistemare ed affinare la qualità bellica del suo dispositivo di morte nel territorio campano predisponendosi – come accaduto in questi giorni contro la Siria ma anche per molte “operazioni coperte” che continuamente avvengono sul suolo della Libia – alle rinnovate strategie di aggressione e dominio nell’ambito della crescente competizione internazionale.
Non è un caso che nel gennaio dello scorso anno – in occasione dei primi 25 anni di guerra infinita scatenati dall’Occidente – la nascente Piattaforma Sociale EUROSTOP aveva inserito questo sito tra quelli dove si svolsero le riuscite proteste. (http://contropiano.org/news/politica-news/2016/02/29/basta-guerra-il-12-marzo-mobilitiamoci-in-tutto-il-paese-035112).
Insomma la base NATO di Giugliano/Lago Patria fu individuata come una delle più invasive e pericolose istallazioni belliche collocate sui nostri territori verso cui iniziare ad orientare la critica di massa di un possibile nuovo movimento di lotta contro la guerra.
Squarciare il velo di silenzio che avvolge questa base.
rilanciamo la mobilitazione popolare per imporre la sua chiusura.
Cogliamo,
dunque, l’occasione – anche utilizzando le notizie di questi giorni –
per rilanciare l’attenzione dei compagni, degli attivisti, delle
associazioni civiche e dei movimenti di lotta tutti verso questa
autentica produzione di morte che insiste, con un rinnovato
protagonismo, a Giugliano/Lago Patria (Napoli).
Non è possibile tollerare che una vastissima porzione del nostro territorio sia sottratta a qualsiasi controllo da parte delle istituzioni ordinarie (Comune di Giugliano e Città Metropolitana) mentre si consuma una attività di guerra verso popoli e paesi considerati – di volta in volta – poco inclini a subordinarsi ai dettami dei poteri forti internazionali, delle multinazionali, degli USA e dell’Unione Europea.
Non è più possibile tacere e non mobilitarsi verso una installazione che produce inquinamento (nelle acque, nel suolo, nell’aria e nella catena alimentare) attraverso emissioni di materiali tossici e di frequenze elettromagnetiche fuori da ogni norma. Una pericolosa attività di silente manomissione della salute pubblica (come testimoniano alcuni accertati picchi di patologie tumorali in diversi organi del corpo umano di alcune famiglie che vivono nelle zone circostanti la base) in un area della provincia di Napoli già, pesantemente, avvelenata da discariche, depositi di “eco/balle” e terreni pesantemente compromessi dal punto di vista dell’equilibrio ambientale e delle forme di vita.
Non si può più stare zitti verso un uso di ingenti risorse finanziarie che vengono destinate (da parte del governo nazionale nelle varie Leggi di Stabilità) alle spese belliche ed alla crescente militarizzazione dei territori mentre l’area di Giugliano e l’intera zona Nord della provincia di Napoli sono interessate da politiche economiche di macelleria sociale, di drastici tagli ai servizi sociali e da un aumento vertiginoso della disoccupazione e delle variegate tipologie di precarietà.
Inoltre non si può chiudere gli occhi di fronte all’evidente connubio tra “capitali legali” e “capitali illegali” che, sapientemente, si sono armonizzati ed intrecciati nel periodo di edificazione della base, nei meccanismi di gestione delle forniture e dei servizi fino alla gestione di quelle poche assunzioni di “personale civile” effettuate.
E’ evidente, a questo punto, che a Giugliano, a Napoli ed in Campania è in corso una vera e propria operazione di colonizzazione del territorio, di mortificazione delle sue naturali vocazioni e di pericolosa esposizione a considerevoli rischi per le popolazioni a cui va posto, immediatamente, un deciso Stop.
La lotta per la pace e contro le aggressioni imperialistiche, che specie in questa congiuntura politica occorre rilanciare ad ogni costo, deve articolarsi e generalizzarsi anche contro i terminali e gli strumenti attraverso cui queste politiche di morte si concretizzano materialmente.
Le basi militari (quelle USA, quelle della NATO, quelle dell’esercito italiano) sono tasselli di un disegno di guerra che è rivolto verso il “nemico esterno” ma che non si farà scrupolo di rivolgersi contro qualsivoglia insorgenza popolare e conflittuale che dovesse manifestarsi nei nostri territori.
Ricostruiamo un movimento di lotta contro la guerra, opponiamoci alla militarizzazione ed alla desertificazione del territorio, chiusura della base NATO di Giugliano/Lago Patria, smascheriamo il silenzio complice delle istituzioni che, a fronte di questo palese “buco nero della democrazia” volgono lo sguardo dall’altra parte.
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