COME PRIMA, PEGGIO DI PRIMA:
CON TRUMP AVANZA LA GUERRA
IMPERIALISTA
In campagna elettorale, Trump
aveva promesso il ridimensionamento dell'interventismo statunitense e la
riconciliazione con la Russia. In una notte, quella del 7 aprile scorso, tutte
queste promesse sono svanite nel nulla e, con il bombardamento statunitense
sulla Siria, il mondo tende a precipitare in una spirale di guerra imperialista
ancora più grave di quella portata avanti da Obama e temuta da più parti nel
caso fosse stata eletta Clinton.
Cosa è successo? Pazzia di
Trump? No, purtroppo è la normalità del sistema imperialista. A partire dalla
permanente e sempre più grave condizione di crisi. La panzana propagandistica
della ripresa globale, con gli Usa in testa, è tanto più strombazzata quanto
sarà più forte il botto, come nel copione
del 2007, visto che la crescita statunitense è nuovamente basata principalmente sulla speculazione finanziaria. Nel resto del mondo, il rallentamento o la recessione vera e propria è ampiamente registrata a ben guardare i dati, anche quelli ufficiali.
del 2007, visto che la crescita statunitense è nuovamente basata principalmente sulla speculazione finanziaria. Nel resto del mondo, il rallentamento o la recessione vera e propria è ampiamente registrata a ben guardare i dati, anche quelli ufficiali.
La crisi è alla base della
tendenza alla guerra imperialista. In una fase in cui il capitale non riesce a
valorizzarsi ed è in condizione di sovrapproduzione, allora le grandi potenze,
espressione dell'una e dell'altra fazione di borghesia monopolista, devono
spartirsi il mondo a suon di bombe, nella prospettiva finale di eliminare i
capitali concorrenti come già successo con i due conflitti mondiali.
Trump, in realtà, non aveva
mai declinato da questa strada dello scontro tra potenze imperialiste, solo che,
a differenza di Obama e Clinton, riteneva prioritaria la contraddizione con la
Cina, rispetto a quella con la Russia. Ma in questi mesi di insediamento, la sua
amministrazione è stata di fatto costretta, tramite campagne politiche,
mediatiche ed epurazioni, a dare sostanziale continuità alla politica antirussa
e all'interventismo bellico mondiale. Si è arrivati, infine, all'attacco del 7
aprile, con il quale Trump ha voluto mostrare di essere "più realista del re",
più guerrafondaio di Obama, con vero e proprio atto di fedeltà al disegno
strategico dominante nella borghesia imperialista statunitense: quello della
guerra imperialista a tutto spiano. Ora, infatti, come se non bastasse, pare
prossimamente esserci nel mirino la Corea Democratica, il che rappresenta una
sfida aperta alla Cina, tanto quanto l'attacco alla Siria lo è alla
Russia.
Quindi come prima, o forse
peggio di prima.
La solita bufala dei "crimini
di guerra" commessi da un governo, come quello siriano, che difende
l'autodeterminazione del proprio popolo rispetto alle mire dell'imperialismo
Usa, è la giustificazione dell'ennesima operazione da gendarme globale, decisa
subitaneamente, in una notte, tentando di mandare a monte le flebili speranze di
pace per questo paese arabo, emerse dopo la vittoria siriana e russa ad Aleppo.
Dire con certezza cosa sia effettivamente successo ad Idlib al momento è
difficile se non impossibile, ma affermare che il governo siriano abbia voluto
condurre un attacco con armi chimiche, peraltro dopo l'accordo internazionale
sul loro smaltimento e al di fuori di ogni logica militare e politica, significa
accettare e far propria la propaganda degli aggressori. La "pistola fumante",
come nel caso dell'attacco con armi chimiche dell'agosto 2013 nei pressi di
Damasco, appare invece efficacemente brandita dai ribelli armati e sostenuti da
Usa, paesi Nato, Israele e petromonarchie, che hanno ancora una volta chiamato a
soccorso i loro mandanti in un momento nel quale stanno ricevendo pesanti
sconfitte in buona parte del paese.
E a tal proposito, non poteva mancare, ancora una
volta, l'espresso consenso del governo italiano. "L'Italia
comprende le ragioni di un'azione militare Usa proporzionata nei tempi e nei
modi, quale risposta a un inaccettabile senso di impunità nonché quale segnale
di deterrenza verso i rischi di ulteriori impieghi di armi chimiche da parte di
Assad ", così ha
recitato il primo ministro Gentiloni, confermando l'alleanza stretta tra
imperialismo statunitense e imperialismo
italiano.
Non
possiamo non ricordare come l'Italia sia in prima fila nella campagna contro la
Siria, con la partecipazione al gruppo dei cosiddetti "Amici della Siria",
assieme a Usa, paesi Nato, Ue, e petromonarchie arabe, ovvero il cartello di
sponsor internazionali della ribellione armata che ha svolto la funzione di
guerra imperialista per procura contro il regime di Assad. Inoltre il nostro
paese partecipa alla missione della Nato denominata "Active Fence", sul confine
turco-siriano, per
supportare Ankara nelle politiche di aggressione contro il paese confinante.
Tale operazione prevede lo stanziamento della batteria missilistica italiana
Amster Samp/T, di centotrenta militari e ha un costo previsto
di
7 milioni di euro.
Come in tutte le campagne di
aggressione guidate dagli Usa, l'imperialismo italiano punta a garantirsi la
propria fetta. Così è già avvenuto, ad esempio, in Iraq, dove 1500 soldati
italiani sorvegliano il cantiere, appaltato alla ditta Trevi spa di Cesena,
della diga di Mosul, nella quale frattanto i bombardamenti della coalizione
contro lo Stato Islamico e le milizie governative stanno commettendo mattanze a
non finire.
L'ulteriore aggravamento della situazione
internazionale a partire dal bombardamento sulla Siria lanciato da Trump,
rafforza la necessità di costruire il movimento contro la guerra imperialista
nel nostro paese, rafforzando i percorsi di lotta che già esistono e facendone
avanzare le pratiche e i contenuti.
Le mobilitazioni contro le basi militari in
Sardegna, contro il Muos in Sicilia, l'appoggio alla Resistenza Palestinese e a
quella del Donbass, le iniziative contro l'industria degli armamenti e molti
altri percorsi reali nel nostro paese rappresentano degli esempi da
generalizzare, unire e rafforzare per una pratica reale che sia all'altezza
della grave fase che stiamo vivendo.
D'altronde, è la guerra che segna sempre di più il
nostro presente, i rapporti sociali esistenti e i rapporti di forza tra le
classi. Le recentissime normative del decreto Minniti sono una nuova tappa di un
"diritto di guerra" sul fronte interno, che unisce il controllo di categorie che
assumono a ruolo di nemici in quanto "capri espiatori" di una società in crisi
(i profughi, i sottoproletari, gli emarginati...) alla repressione vera e
propria contro il nemico costituito dai movimenti di lotta (vedi ad esempio le
norme sull'arresto in flagranza differita per "violenze" durante
manifestazioni).
In risposta alla guerra
imperialista che punta a informare la società, dobbiamo riuscire a portare il
contenuto dell'opposizione alla guerra imperialista in tutte le mobilitazioni
che si sviluppano nei territori, sui luoghi di lavoro, nelle città...saldando
così il movimento contro la guerre imperialista al più vasto fronte della lotta
di classe.
DALLA SIRIA ALLA COREA:
CON I POPOLI AGGREDITI E
RESISTENTI!
FUORI LE TRUPPE ITALIANE DAI FRONTI DI GUERRA
IMPERIALISTA!
LOTTIAMO CONTRO LE BASI
E LE INSTALLAZIONI MILITARI NEL NOSTRO
PAESE!
AVANTI NELLA COSTRUZIONE DEL MOVIMENTO
CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA!
Collettivo Tazebao
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