Contro lo stato di polizia, contro le infiltrazioni poliziesche, il caso inglese
G8, agente inglese infiltrato a Genova. Un poliziotto tra le fila dei black bloc
Rod Richardson fotografato a Genova
GEnova - C’è una foto, nei giorni del G8 di Genova del 2001, che lo riprende davanti a una barricata. Rod Richardson posa fiero davanti all’obiettivo, coperto da un caschetto, una mascherina da saldatore e una maschera antigas. Fisico asciutto e muscoloso, maglietta scura, pantaloni da lavoro comodi, un fazzoletto al collo per i lacrimogeni. Sembra un perfetto “black bloc”. A sedici anni dal vertice è la polizia inglese, incalzata da una commissione parlamentare d’inchiesta di Londra, a svelare la verità: Rod Richardson era un poliziotto infiltrato, che assunse l’identità di un bimbo morto
e visse sotto copertura tra i movimenti anarchici inglesi per almeno quattro anni.
L’identità del bimbo morto
È la prima volta in sedici anni
che arriva una conferma ufficiale a quanto gli attivisti del Genoa Social Forum
hanno sempre denunciato: erano presenti anche «provocatori» mischiati tra i
manifestanti del blocco nero, tra i quali appartenenti a forze dell’ordine. Cosa
ha fatto durante gli scontri del G8 e che ruolo ha avuto Rod Richardson? Chi lo
coordinava e quale era il suo ruolo? Ha effettuato solo un’attività di
intelligence o si è spinto anche a commettere reati? La polizia italiana era
stata informata dai colleghi inglesi?
La rivelazione è il risultato di anni di lavoro della commissione guidata dal
magistrato inglese Sir Christopher Pitchford, il cui mandato è di fare luce
sull’uso disinvolto (in alcuni casi c’è il sospetto di veri e propri abusi)
degli agenti undercover infiltrati
dalla polizia britannica, e in particolare dalla special political unity,
una sorta di corrispettivo della Digos italiana. Nell’istruttoria sta venendo
fuori un po’ di tutto. Perquisizioni e monitoraggi illegittimi di movimenti
politici, agenti che non si capisce esattamente a chi rispondessero e quali
funzioni svolgessero, fino ad arrivare a drammi sentimentali: c’è chi, sotto
nome falso, ha intrattenuto relazioni sentimentali e sessuali, o chi ha fatto un
figlio e poi è “scomparso”. Il sospetto dei magistrati, che investe in qualche
modo anche Genova, è anche un altro: che libertà di azione avevano gli agenti
sotto copertura? Hanno commesso reati o hanno agito da provocatori? Hanno
coordinato o organizzato azioni violente? E, in tutto questo, a chi riferivano e
quale era la loro missione?A queste domande la polizia metropolitana di Londra ha rifiutato di rispondere. Così come la commissione si è vista negare l’accesso alla vera identità di Richardson. Il quotidiano inglese The Guardian ha però rintracciato la madre del vero Rod Richardson, nato il 5 gennaio del 1973 e morto lo stesso giorno al St George Hospital di Tooting, per problemi respiratori o forse perché rimasto soffocato dal latte (questa è sempre stata la convinzione dei genitori): «Riteniamo che un ufficiale di polizia abbia rubato l’identità del bimbo - ha testimoniato l’avvocato della famiglia Jules Carey davanti alla commissione - e che sia stato impiegato sotto copertura almeno dal 2000 al 2003». Dopo quell’anno infatti parte per un viaggio in Australia e, dopo aver scritto ad alcuni amici che si stabilirà lì perché la compagna ha trovato un lavoro all’università, nessuno ne sente più parlare.
A certificare il suo passaggio da Genova nei giorni del 2001 ci sono svariate testimonianze e alcune fotografie, fornite da alcuni ex compagni di lotta, sotto choc dopo la rivelazione dell’identità del finto attivista. Una delle immagini ritrae il poliziotto davanti a un’auto in fiamme in corso Italia, una delle micce che scatenò successivamente le cariche della polizia, talvolta indiscriminate e indirizzate a parti pacifiche del corteo, mentre i manifestanti del blocco nero, sgattaiolavano per le vie della città in cerca di altri obiettivi. In un’altra foto Richardson appare bardato con le coperture delle tute bianche, in una zona che presumibilmente potrebbe essere compresa tra via Tolemaide e corso Torino. Alcuni ex attivisti hanno raccontato come “Rodders”, soprannome con cui era conosciuto tra nella galassia del «movimento anticapitalista», fosse un «bravo ragazzo», particolarmente «sprezzante nel violare la legge e affrontare i poliziotti» negli scontri di piazza. Impossibile o quasi sospettare che fosse un agente: un amico ha ricordato ai media britannici di una serata al karaoke in cui si scatenò cantando “Firestarter” dei Prodigy.
Nessun commento:
Posta un commento