venerdì 12 marzo 2021

pc 12 marzo - Landini, il principale sostegno politico sociale al governo Draghi

Il principale sostenitore del governo Draghi è il sindacalismo confederale e la punta di lancia politica di questo sostegno è Maurizio Landini. Si può dire che sin dall’incarico a Draghi questo sostegno sia stato decisivo per compattare il fronte unito dei padroni, il fronte dei partiti e in particolare il PD e quello delle Regioni amministrate da aree politiche di riferimento del sindacalismo confederale, e il fronte delle articolazioni economiche del sistema del capitale, industria di Stato, cooperative, ecc.

La ricompensa a tutto questo è l’ingresso del sindacato nella stanza dei bottoni. La cogestione non è quella delle situazioni di fabbrica e dell’insieme del mondo del lavoro, già esistente, ma la cogestione complessiva della politica economica, sia quella in corso sia quella futura, centrata sull’asse Recovery fund, green, digitale, ecc. Come giustamente un giornale ha scritto, non si tratta della vecchia concertazione che era pressochè scontata qualunque fosse il governo che succedesse a Conte.

E’ importante che i comunisti e il sindacalismo di classe e combattivo comprendano bene questo passaggio che influenza piattaforme, forme di lotta e linee di classe e di massa.

La Base materiale di questa alleanza è nell’economia e nella politica.

Nell’economia, è legata al mix, varato a livello europeo ma in realtà mondiale, di temperamento dell’economia di mercato con un neo keynesianismo che evidentemente domanda una “sinistra interna” ai governi, qualunque sia la forma politica che i governi assumano. Senza scomodare le categorie storiche del fascismo, del socialfascismo, la sostanza è però lì.
Sul piano politico c’è un solo modo per sostituire il degrado dei partiti che in Italia appare estremamente accentuato - vedi il crack in corso di Pd e 5stelle – esso domanda una supplenza che può fornire fondamentalmente il sindacalismo confederale e in particolare la Cgil. E Landini sembra avere il background giusto per svolgere questa funzione. La Cisl è una succursale sindacale del mondo cattolico e i suoi dirigenti storicamente si piazzano nei grandi Enti o nei Ministeri. La Uil ha una base fortemente aziendalista incline al neocorporativismo in senso stretto che è buona, con qualche contraddizione, qualunque sia il regime politico che va a costituire il comitato d’affari della borghesia. E’ la Cgil di Landini che invece è altro, come abbiamo detto.

La prima conclusione è che è impossibile combattere il governo Draghi e l’attuale gestione della crisi da parte di Confindustria e grande finanza senza combattere apertamente la Cgil come puntello fondamentale di tutto questo.

Torneremo sull’argomento dopo che esaminiamo meglio Landini, non tanto quello fastidioso gracchiante parolaio della televisione ma quello delle interviste; consideriamo fondamentalmente quelle a due giornali Repubblica e La Stampa.

L’intervista ultima è quella sulla Stampa dopo l’incontro Draghi/confederali, salutato da questi ultimi quasi con una ola di tipo calcistico.
Chiaramente Landini dà voce a questo sostegno. Ogni riga è più che un elogio; ogni banalità di Draghi viene trasformata in un concetto di alto profilo.
L’intervento del governo sul Pubblico Impiego? “E’ il segnale che la Pubblica Amministrazione può diventare motore di sviluppo, creatrice di buona occupazione”.
La pandemia rivalutata in lavoro pubblico? Landini va oltre, rivaluta il lavoro in generale. 
Sono in arrivo contratti per i pubblici dipendenti? Landini li accetta già a scatola chiusa e ha già le motivazioni per farli ingoiare ai lavoratori statali. Anzi, a sancire che si tratta di un contratto pubblico fondato sul privato, quindi obiettivamente peggiorativo, Landini alla domanda “tutte richieste che trasferirete anche al settore privato?”, risponde “certo, in molti contratti di categoria ci sono già”, quindi è il privato che si trasferisce nel pubblico. Il contratto pubblico regolamenterà ciò che i contratti privati stanno già facendo.
Perfino il giornalista appare stupito e dice “ma, Brunetta non era lo spauracchio dei dipendenti pubblici?” E Landini con ineffabile faccia tosta risponde “nelle trattative conta il merito non il pregiudizio, e c’è una vera svolta “il ministro ha avviato da subito il rapporto con il sindacato… investe sul lavoro pubblico, dà qualità a tutta la PA”. Il “nano malefico”, quindi, diventa il “gigante buono”.
Landini continua con l’apologia del governo e della persona di Draghi e lo fa diventare colui che “assumerà i giovani, darà tanta formazione per lavoratrici e lavoratori”, e ha già coniato uno slogan per lui: “uno assunto per ogni pensionato”.
Si chiede il giornalista, e ce lo chiederemmo anche noi, “è arrivata l’ora dei prepensionamenti?” neanche per il c… “bisogna mettere mani alla riforma delle pensioni, ma – dice Landini – per attutire l’effetto della fine di ‘quota 100’”.
Passa poi subito all’apologia dello smart working, della serie: se la pandemia non ci fosse bisognerebbe inventarla. Landini parla dei due modi di lavorare che ci saranno: il remoto e in ufficio, che poi vuol dire nuova precarietà, meno diritti e prestazioni misurate secondo criteri individualizzati che si tradurranno nella “grande fregatura”. Landini alimenta questa visione “dovrà essere un lavoro di squadra – chiamiamolo “cottimo collettivo” che è meglio, diciamo noi – ogni dipendente dovrebbe avere maggiore autonomia”, vale a dire: riduzione della prestazione collettiva a prestazione individuale.
Poi, nell’affrontare il problema di Alitalia di cui ci si prepara a sostenerne lo smantellamento con migliaia di esuberi, Landini non può aggiungere parole dato che tutto su Alitalia è stato già detto.
Sull’Ilva c’è in sì preventivo all’intesa già raggiunta tra governo Conte ed ArcelorMittal, su cui pesa, come si sa, la mannaia giudiziaria – ed è più questo il problema che ha Landini e non gli effetti del piano che nella sostanza comporta esuberi, cassa integrazione permanente, fumosi spacchettamenti della fabbrica dentro il rinnovamento green coi fondi europei.

A fronte di questo consenso al governo così esplicito, giustamente il giornalista tira le somme chiedendo a Landini se questo governo è peggiore o migliore del precedente. E qui abbiamo un elogio postumo di Conte “con il governo Conte abbiamo fatto cose importanti, i protocolli sulla sicurezza in fabbrica, il blocco dei licenziamenti, l’avvio della riduzione delle tasse sulle buste paga e anche i famosi 200miliardi che arriveranno dall’Europa”. Ma chiaramente è un elogio funebre. Landini non ha il coraggio di dire che con Draghi la conseguenza naturale è la fine dei protocolli sulla sicurezza, del blocco dei licenziamenti e dello stop ad ogni riduzione delle tasse sui lavoratori; e certo non in cambio della patrimoniale ma di tanti soldi a padroni e finanza e di riduzione delle tasse lungo la strada della flat tax, naturale sbocco dell’ingresso di Salvini/Lega nel governo.

Anche l’altra domanda del giornalista è molto opportuna ed utile a questo punto dell’intervista. La riportiamo tutta “Quando guidava la Fiom si diceva che lei stesse per fondare un partito, il ‘partito del lavoro’. Visto come vanno le cose nel Pd, a sinistra c’è chi rimpiange quel progetto. Lei?”.
Abbiamo già risposto noi per Landini nella prima parte dell’articolo, il soggetto interessato non può che ripetere la favola che usò già ai tempi della sua improvvida “alleanza nazionale” che non era un partito “perché lui fa il mestiere di sindacalista”. Diciamo noi che in realtà è più di un partito, perché la sua azione e la sua linea portano in dote un super partito per il più grande sindacato. E in nome della rappresentanza del lavoro Landini dà copertura anticipata al nuovo arrivo di Letta e alla caterva di nuovi soci fondatori del centrosinistra della nuova unità nazionale retta oggi da Draghi.

A una intervista abbastanza esplicita, certo non si può rispondere solo con male parole ma facendosi carico del surplus di analisi di un dibattito già aperto nel movimento sindacale di classe e nel movimento operaio. A partire però da un punto che abbiamo indicato già nel corso di questa nota: è giusto auspicare una protesta della base sindacale di Landini, e saremmo i primi ad esserne contenti, ma quello che è certo è che non ha senso un’opposizione interna al sindacato di Landini, significherebbe non comprenderne il passaggio, come alcuni rottami della sinistra Cgil fanno.

Esiste un solo sindacalismo di classe e di massa, che è fuori e contro il socio maggioritario del governo Draghi. E questa è la trincea di combattimento su cui i lavoratori che lottano, anche se hanno ancora la tessera sindacale della Cgil, potranno trovare lo strumento necessario per rispondere alla guerra dei padroni e dei loro governi.

pc

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