(Dal blog tarantocontro)
In questi giorni avvocati di Assessori regionali, di Vendola, di Florido, ecc. stanno arrampicandosi sugli specchi per "dimostrare" che i loro clienti erano totalmente innocenti ed estranei ad ogni reato sul fronte ambientale/inquinamento commesso dai Riva; anzi, Vendola, avrebbe trasformato la Puglia da una situazione di "medioevo ambientale" ad "una primavera per la tutela dell’ambiente»,
Stanno, per questo, facendo anche uso di pezzi di intercettazioni telefoniche, per dare ad essi una lettura totalmente opposta a quella data dall'inchiesta.
Ma ciò che si sta sentendo non fa che confermare in pieno il clima permanente di anni e anni di complicità tra Istituzioni e Riva. Potranno anche cadere alcuni pezzi di prova - d'altra parte sminuzzare le intercettazioni è il modo più facile per dare un significato diversi ad una frase - ma ciò che non può cadere e viene ampiamente confermato dai contenuti, toni delle telefonate (per esempio tra Archinà e dirigenti della Regione, chi doveva dare o non dare autorizzazioni) è il clima amichevole, confidenziale, di collaborazione/accondiscendenza, anche di subordinazione verso i
diktat dei Riva - Archinà ogni giorno e a qualsiasi ora stava in Regione, come in Provincia - "giustificato" perchè ci si trovava di fronte ad una grandissima fabbrica.Questo è il più grande e costante reato! Al di là, ripetiamo, che la singola frase sia stata interpretata in un modo piuttosto che in un altro.
L'altra cosa che emerge dalle stesse intercettazioni è la "dittatura" dei Riva, di Emilio Riva, verso i suoi "uomini". Lo stesso Archinà veniva trattato da "pezza da piedi" se non eseguiva subito gli ordini dei Riva.
Riportiamo dalla stampa locale alcune parti di articoli:
Da Tarantobuonasera - I rapporti Ilva-Vendola-Arpa hanno tenuto banco anche nell’udienza di ieri del
processo “Ambiente svenduto”... hanno discusso i difensori dell’avvocato amministrativista dei Riva, Francesco Perli.
Secondo
l’accusa, in concorso con Vendola, Archinà, Fabio Riva e Luigi
Capogrosso, il legale avrebbe esercitato pressioni sull’Arpa e, in
particolare sul direttore generale Giorgio Assennato e sul direttore
scientifico Massimo Blonda, per indurli ad ammorbidire la relazione
sulle emissioni inquinanti dell’Ilva e consentire così al gruppo Riva di
continuare a produrre ai massimi livelli inquinando...
La difesa ha
criticato aspramente la ricostruzione accusatoria fornendo una lettura
alternativa... “L’avvocato Perli... non esercitava nessuna pressione.
Perli – ha affermato l’avvocato Rapetti – è l’uomo della legalità che
non vuole compromessi e sceglie le vie legali”... L’insofferenza di
Perli verso l’operato dell’Arpa nella frase “ma quando se ne va questo
Assennato”, secondo i suoi difensori, non si riferisce all’auspicio di
una possibile rimozione del professor Assennato ma di una modifica del
suo operato con riferimento alle rilevazioni dell’Agenzia regionale per
l’ambiente...
Così come anche altre frasi, hanno spiegato i legali,
hanno un significato diverso da quello attribuito dagli inquirenti.
Nella fattispecie, “Assennato si è responsabilizzato, non vuol dire si è
ammorbidito ma che ha preso visione delle contestazioni delle sue
inesattezze...”...
Della Valle non ha risparmiato critiche alla
ricostruzione dell’accusa: “Qui non siamo di fronte ad un processo
indiziario ma di fronte ad un dogma che si vuole imporre...
Rivolgendosi
ai giudici popolari ha detto “vi invito a diffidare di quello che viene
detto dall’accusa, perchè non è il proverbiale filo di Arianna ma la
corda dell’impiccagione. State attenti non vi porta al giardino della
verità ma dell’impiccagione. In una città che è la culla della Magna
Grecia sembra che questa civiltà giuridica sia stata spazzata via da un
vento qualunquista che vuol colpire e distruggere tutti, a comimciare
dagli industriali qualificati... Nel mirino dell’accusa sono finiti
anche i rapporti del legale con alcuni funzionari del Ministero
dell’Ambiente per l’iter di approvazione dell’Aia. “...Essere informati
sullo stato della procedura non è un reato...”.
Dalla Gazzetta del Mezzogiorno - I pubblici ministeri hanno chiesto per Vendola la condanna a 5 anni di reclusione, è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni su Assennato per far "ammorbidire» la posizione della stessa Agenzia regionale per l'ambiente nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. «Con Vendola, siamo passati da una sorta di medioevo ambientale ad una nuova stagione... una primavera pugliese per la tutela dell’ambiente», ha detto Muscatiello citando le leggi regionali sulla diossina e sul benzoapirene, la Valutazione di danno sanitario, l’istituzione del Registro tumori ed una serie di altre azioni dell’allora governo regionale della Puglia...».
Nessun commento:
Posta un commento