lunedì 8 marzo 2021

pc 8 marzo - Lo sciopero delle donne lavoratrici nell'indizione di SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE e SI.COBAS

 Indizione slai cobas sc

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe, comunica con la presente nota la proclamazione dello sciopero generale che si svolgerà a livello nazionale e per l'intera giornata del 08 Marzo 2021 in tutti i settori lavorativi pubblici, privati e cooperativi e riguarderà tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori a sostegno delle lotta delle lavoratrici/donne, con contratti a tempo indeterminato, a tempo determinato, con contratti precari e atipici.

La motivazione dello sciopero che si proclama, in collegamento con la giornata internazionale delle donne dell’8 marzo, riguarda il grave peggioramento della condizione generale di vita delle donne a partire dalla condizione di lavoro nel nostro paese ma che investe tutti gli altri ambiti, sociale, familiare, culturale, una condizione di lavoro/non lavoro, salute e sicurezza, salario/non salario, peso del lavoro di cura per mancanza di servizi pubblici e gratuiti, della tragica violenza sulle donne/femminicidi… ulteriormente aggravata dalla fase pandemica/Covid.

PIATTAFORMA DELLE DONNE/LAVORATRICI

Giornata nazionale di sciopero generale 8 marzo 2021

- Lavoro per tutte le donne - NO al ritorno a casa – per il covid sono le prime ad essere licenziate. Lavoro per le donne significa anche indipendenza economica dall’uomo, dalla famiglia; massicce assunzioni nella sanità e scuola;

- Legge straordinaria per l’assunzione delle lavoratrici che hanno perso il lavoro per il lockdown; nessun sgravio, incentivo alle aziende senza divieto di licenziamento e obbligo di riassunzione a TI;

- No ad interventi: smart working – bonus casalinghe, ecc. - che vogliono conciliare famiglia e lavoro, aggravando il doppio lavoro delle donne;

- Contro la precarietà: trasformazione a tempo indeterminato dei contratti precari; internalizzazione dei servizi essenziali negli appalti pubblici; nei part time orario non inferiore a 30 ore settimanali;

- Salario garantito per tutte le donne;

- Pari salario per pari lavoro; - abbassamento età pensionabile, come riconoscimento del doppio lavoro;

- NO a discriminazioni legate allo stato familiare, maternità, razza, orientamento sessuale, nelle assunzioni, licenziamenti, e nella vita lavorativa;

- Aumento delle pause, riduzione dei ritmi e dei carichi di lavoro nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro (in particolare ora per l’uso continuo di mascherine);

- Riduzione orario di lavoro a parità di paga contro licenziamenti e per la difesa della salute (fabbriche, agricoltura, ecc);

- Condizioni di lavoro e ambienti di lavoro (compreso servizi igienici – vicini alla postazione lavorativa) a tutela della salute, anche riproduttiva, delle donne e della dignità delle lavoratrici; garantire misure sanitarie anticovid e distanziamento

- In agricoltura parità salariale contrattuale con gli uomini; divieto di pagamento per trasporto, caporale, sanzionando, colpendo le aziende; case alle lavoratrici migranti;

- No all’uso di prodotti tossici; strutture mediche vicino ai luoghi di lavoro;

- Contro gli abusi e violenze sessuali – delegate nei campi delle lavoratrici;

- Permessi di soggiorno, documenti, diritto di residenza, cittadinanza, case, NO Cpr/centri lager; uguali diritti lavorativi, salariali e normativi per le immigrate; abrogazione totale dei decreti sicurezza;

- Nessuna persecuzione delle prostitute, diritto di tutte ai servizi sociali, sanitari, al salario garantito;

- Libertà, accesso a misure alternative per le donne/proletarie detenute, come tutela del diritto alla salute/anti covid, alla genitorialità, e come difesa dalle violenze, abusi sessuali in carcere che colpiscono immigrate, soggettività trans, ecc.;

- Socializzazione dei servizi domestici essenziali;

- Accesso gratuito ai servizi sanitari, aumento di asili e servizi di assistenza anziani gratuiti;

- Diritto di aborto libero, gratuito e assistito, in tutte le strutture pubbliche, abolizione dell’obiezione di coscienza; contraccettivi gratuiti - potenziamento della ricerca per contraccettivi sicuri per la salute.

- Allontanamento dai luoghi di lavoro per capi, padroni, ecc. responsabili di molestie, ricatti, violenze sessuali, atteggiamenti razzisti, sessisti - tutela delle lavoratrici denuncianti;

- Divieto di permanenza in casa di uomini violenti;

- Case rifugio, centri antiviolenza, consultori laici - gestiti e controllati dalle donne;

- Procedura d’urgenza nei processi per stupro, stalking, molestie sessuali e femminicidi e accettazione delle parti civili di organizzazioni di donne, con patrocinio gratuito per le donne; nessuna repressione, riconoscimento del diritto delle donne all'autodifesa per aver reagito alla violenza maschile.

- Abolizione nella pubblicità, nei mass media, nei testi scolastici, ecc. di ogni contenuto offensivo, sessista discriminatorio, fascista, razzista, contro le donne; repressione degli atti machisti e dei luoghi di loro ritrovi.

indizione SI COBAS

A un anno dall’esplosione dell’emergenza sanitaria, le condizioni di vita e salariali delle lavoratrici e dei lavoratori stanno ulteriormente peggiorando, e a pagare il prezzo della crisi sono soprattutto le donne.

I recenti dati Istat sono impietosi: dei 101.000 posti di lavoro persi in Italia nel dicembre 2020 a dispetto del cosiddetto “blocco dei licenziamenti”, oltre il 98% riguarda le donne; su base annua il 70% dei nuovi disoccupati sono donne.

Se si considera poi che prima della pandemia solo il 49,5% delle donne era occupata si comprende bene quale sia l’entità della macelleria sociale che, soprattutto in questa componente della classe lavoratrice, sta intervenendo per effetto della crisi e dell’uso della pandemia che il padronato nel suo insieme sta esercitando.

Se il passato e il presente non fossero bastati, il futuro che si disegna per le donne è il ritorno alle madri-fattrici, ricacciate in seno alla famiglia, sfruttate all’occorrenza per le esigenze capitalistiche in gran massa nei lavori più precarizzati quando non a nero, a maggior ragione se immigrata, in una catena di sfruttamento che sempre più spesso nega la sua stessa esistenza in vita se si ribella alla “vocazione sociale” che le è imposta, all’uso e abuso della sua capacità di autodeterminazione in una sorta di “appropriazione “sociale” del suo corpo in quanto riproduttore di braccia utili alla stessa capacità di produzione del profitto.

Il tutto promosso dalla cosiddetta “ala femminista” della sinistra istituzionale e non che, a soluzione della questione, promuove non a caso lo smart working in fase pandemica per conciliare vita lavorativa e funzione riproduttiva e di cura, nulla mettendo in discussione dello sfruttamento femminile.

La funzione riproduttiva e di cura detta il calendario degli interventi padronali sul corpo stesso delle donne, limitandone e controllandone autodeterminazione e scelte conseguenti.

Oltre alla mercificazione tutta a senso unico e alle restrizioni poste dai mancati investimenti sul welfare in scuole, asili e ospedali, i diritti di divorzio e aborto conquistati dalla lotta delle donne come parte integrante delle lotte operaie dell’epoca, sono da tempo e oggi più che mai messi in discussione: la mancanza di autonomia economica e i sempre maggiori ostacoli posti all’aborto dalla percentuale impressionate degli obiettori di coscienza (che in alcune regioni sfiora l’80%), in un contesto in cui solo nel 60% degli ospedali del territorio nazionale l’aborto viene praticato, riduce di fatto ai minimi termini l’agibilità stessa dell’esercizio di un diritto.

E neanche serve la scienza a illuminarci sulla pillola abortiva, la RU486 che viene ospedalizzata e limitata con motivazioni al limite del fantasioso, tutto ad uso esclusivamente politico, quello del controllo sociale del corpo delle donne ad uso capitalistico.

I cimiteri dei feti promossi da diverse giunte comunali o regionali sono l’icona macabra della “colpevolizzazione sociale” delle donne che esercitano il proprio diritto di autodeterminazione.

I grandi movimenti delle donne in Polonia e in Argentina sul diritto di aborto parlano all’intera classe lavoratrice internazionale su quanto sia esiziale la difesa e l’affermazione di questo elementare diritto di autodeterminazione per le donne lavoratrici e della loro possibilità di emancipazione come agente moltiplicatore dei conflitti sociali in atto.

L’8 marzo va ben oltre la specificità di “genere”: gli attacchi alle donne sono parte integrante e inscindibile dalla più generale offensiva capitalistica contro i lavoratori e l’intera classe sfruttata, contro il diritto di sciopero e le agibilità sindacali sui luoghi di lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento