Questo è evidente e sotto gli occhi di tutti. Ma è sbagliato, come si fa nel nostro campo, dare una valutazione esagerata del ruolo del governo Draghi, che non è il punto d’approdo della borghesia né l’ultimo governo possibile.
Ma purtroppo per lui le cose non vanno in questa direzione. I padroni dentro la crisi e pandemia, la contesa internazionale economico-politica strategica sul mercato mondiale e interimperialista, con l’obiettivo aperto di evitare la rivolta sociale che è sempre latente in questa fase di crisi e di garantirsi soprattutto un assetto dello Stato e della relazioni industriali che ne garantisca i pieni poteri e mano libera, non possono certo pensare che un governo di ‘unità nazionale’ di Draghi, con le fragili orde fameliche politiche ed economiche che lo sostengono, possa essere la scelta definitiva.
Un articolo del ‘Fatto quotidiano’ del 3 marzo parla del “Piano di Confindustria per il partito demoleghista”. Sì, noi pensiamo che questo sia l’obiettivo dei padroni rappresentati dalla Confindustria, che non sono tutti i padroni ma sicuramente i soci di maggioranza. E che, quindi, Draghi non possa che essere un governo di transizione che passando dal bagno elettorale predisponga le condizioni per un governo che noi, senza essere affezionati alle parole, pensiamo moderno fascista e/o socialfascista. Quindi un governo di guerra e non di pace. Un governo che, dietro i famosi patti: ’patto sociale’, ‘patto di fabbrica’, sia una vera camicia di forza di un blocco che imponga i diktat dei padroni, che avanzi in una riforma ancora più radicale di economia e istituzioni che garantisca un potere, sempre per usare la similitudine col fascismo, ventennale.
Noi per primi dobbiamo evitare semplificazioni, troppa “passione” per le frasi che noi stessi evochiamo, mantenendo saldi i piedi per terra dell’analisi concreta della situazione concreta, e tener conto che solo attraverso l’esperienza e la lotta reale le avanguardie proletarie e le masse arrivano alla comprensione, alla linea di combattimento, a cui noi lavoriamo.
secondo perché in Europa sono i Merkel, i Macron che sono al capolinea come perfino le future elezioni, che ne sono una pallida rappresentazione, dimostreranno.
La svolta europea della Lega e l’azione in Europa della Meloni non solo l’agitarsi nel bicchiere d’acqua del Letta di turno Pd, né la pantomima di Grillo del 2050; sono invece il riorganizzarsi della “seconda ondata”. E l’Italia è uno dei ventri molli di questa seconda ondata.
pc
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