L’operazione in una palazzina di Alitalia a Sesto San Giovanni su richiesta del sindaco forzista. Metà italiani, metà stranieri regolari. Alcuni erano stati mandati lì dai Servizi sociali di Milano.
MILANO
Alla fine con il cerino in mano rimangono 25 bambini che
nessuno sa bene dove mettere o mandare e che gli agenti in assetto antisommossa
hanno preferito far rientrare nei locali che avevano appena sgomberato, giusto
per non lasciarli in strada.
Alle dieci del mattino in piazza Don Mapelli, a Sesto San Giovanni, il primo
sgombero voluto del governo giallo verde e deciso direttamente dal ministro
Matteo Salvini con una circolare firmata appena tre giorni fa, si conclude con
un bel po’ di amaro in bocca e una sessantina di famiglie che
non sanno più dove andare o cosa fare e per questo se ne tornano piano piano da dove erano venute: un’altra casa occupata in via Oglio, a Milano.
non sanno più dove andare o cosa fare e per questo se ne tornano piano piano da dove erano venute: un’altra casa occupata in via Oglio, a Milano.
Tanti sono italiani, altri sono stranieri e comunque tutti
sono regolari, mandano i bambini a scuola e vivono nel nostro Paese da anni.
Qualcuno piange, qualcuno impreca, nessuno fortunatamente si è fatto male. Solo
una donna, madre di 5 figli, è svenuta per un collasso e la tensione. Non sono
squatter o abusivi aiutati dai racket quelli che mestamente lasciano una
palazzina di Alitalia abbandonata da anni, ma famiglie intere di gente povera
che ottiene il triste record del primo sgombero del ministro Salvini chiamato
sabato scorso dal sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano, un duro di
Forza Italia, allarmatissimo per «le illegalità delle occupazioni».
«Io una casa l’avevo, pagavo l’affitto ogni mese. Solo che
quando abbiamo firmato il contratto c’era anche una fregatura e l’abbiamo
persa. Per quattro notti abbiamo dormito per terra al Parco Trenno». Poi,
racconta Antonio, tre bambini dai 6 ai 15 anni, una vita di lavoretti qua e là,
hanno incontrato quelli del gruppo «Aldo dice 26x1», un collettivo che ha dato
vita qualche anno fa a un esperimento di “residence sociale”: in pratica una
casa occupata ma non del tutto irregolare (luce e gas per esempio si pagavano)
e che in alcuni casi ha dato perfino rifugio a dei senzatetto su richiesta del
Comune di Milano. Antonio e i suoi sono andati a vivere lì finché venerdì
scorso la variopinta comunità ha deciso di disoccupare a Milano e occupare a
Sesto. Che non è più da un pezzo la “Stalingrado d’Italia”, ma un feudo di
centrodestra leghista.
«Io una casa l’avevo, pagavo l’affitto ogni mese. Solo che quando abbiamo firmato il contratto c’era anche una fregatura e l’abbiamo persa. Per quattro notti abbiamo dormito per terra al Parco Trenno». Poi, racconta Antonio, tre bambini dai 6 ai 15 anni, una vita di lavoretti qua e là, hanno incontrato quelli del gruppo «Aldo dice 26x1», un collettivo che ha dato vita qualche anno fa a un esperimento di “residence sociale”: in pratica una casa occupata ma non del tutto irregolare (luce e gas per esempio si pagavano) e che in alcuni casi ha dato perfino rifugio a dei senzatetto su richiesta del Comune di Milano. Antonio e i suoi sono andati a vivere lì finché venerdì scorso la variopinta comunità ha deciso di disoccupare a Milano e occupare a Sesto. Che non è più da un pezzo la “Stalingrado d’Italia”, ma un feudo di centrodestra leghista.
Antonio e famiglia, figlio disabile compreso, appena
spuntato il sole hanno rimpacchettato le loro quattro cose e sono usciti tra
grida, fischietti e un centinaio di poliziotti da uno stabile vuoto da anni e senza
alcuna prospettiva di riqualificazione. All’inizio sono usciti anche tutti gli
altri bambini, ma poi i più piccoli sono stati fatti rientrare perché nessuno
sapeva bene dove metterli. E dire che al “residence sociale” Antonio e la sua
famiglia erano stati indirizzati addirittura dai servizi sociali del Comune di
Milano che adesso si sono ripresi questi “sfollati urbani”, piazzandoli di
nuovo in via Oglio, 8 piani e 102 appartamenti di una certa dignità, rimessi a
posto dagli stessi occupanti che entro pochissimi giorni però dovranno comunque
andarsene: i nuovi proprietari dell’edificio hanno deciso di farci un
pensionato universitario.
Franco, una moglie e due figli, una quantità indefinita di
case prese e lasciate abusivamente, allarga le braccia: «Siamo stati
sfortunati, abbiamo occupato a Sesto poco prima che Salvini firmasse la
circolare contro gli sgomberi. Ci chiamano delinquenti ma noi siamo solo
persone che non vogliono che i propri figli finiscano in mezzo alla
strada».
«In questi anni il Comune ha trovato soluzioni soprattutto
per le famiglie di tre persone. Ma per i nuclei familiari più grandi è più
complicato. Così si sono appoggiati ad “Aldo dice”», spiega Bruno Cattoli,
segretario dell’Unione inquilini di Milano, che da anni segue da vicino le
vicissitudini del residence. «Le 62 famiglie sono per metà italiane e per metà
straniere, in Italia da anni. Altre, poi, erano persino proprietarie di casa ma
poi, vuoi per una vicenda vuoi per un’altra, l’hanno persa».
È il caso di Maya e sua figlia 17enne Ines, italo-sudamericane.
«Avevo comprato casa con mia sorella - racconta - però poi mi sono separata e
mia sorella se n’è andata a fare la badante. Pur lavorando non riuscivo più a
pagare il mutuo. Un giorno siamo tornate a casa e abbiamo trovato la porta
murata». Era l’ottobre scorso e Maya, con sua figlia, non sapevano dove andare.
Poi sono approdate in via Oglio, quindi a Sesto e ora il futuro che le attende
è la strada.
http://www.lastampa.it/2018/09/05/italia/il-primo-sgombero-dellera-salvini-grida-collassi-e-famiglie-in-strada-nello-stabile-anche-bambini-HBr9JvdtrzqJq1NMl83M7M/pagina.html
***Milano, dopo lo sgombero le famiglie di “Aldo dice 26X1” occupano la torre Ligresti
Il blitz nella notte a Sesto San Giovanni.
L’annuncio sulla pagina Facebook del residence sociale: «È la nostra voglia di
vivere bene ciò che è abbandonato e inutilizzato»
Non si arrendono le
famiglie di «Aldo dice 26X1» che nella notte, a neanche 24 ore dallo sgombero
di Sesto San Giovanni, hanno occupato la torre di via Stephenson, uno dei
palazzi di Ligresti. Ad annunciarlo proprio il residence sociale sulla propria
pagina Facebook: «“Aldo dice 26x1” ha liberato la torre Ligresti numero 3. È la
nostra voglia di vivere bene ciò che è abbandonato e inutilizzato».
La torre Ligresti, alla
periferia nord-ovest di Milano, si trova in via Stephenson, tra via Polonia e
via Val Formazza. La zona, una decina di anni fa, doveva diventare una specie
di centro direzionale ispirato a “La Défense” parigina, con torri residenziali
e uffici. Ma il progetto non si è mai realizzato appieno. Le tre torri Ligresti
sono state costruite alla fine degli anni Ottanta: la terza, come altri edifici
della zona, in questi anni è rimasta vuota e abbandonata.
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