Nel pomeriggio di lunedì
23 luglio è andata in scena l’ennesima tragedia sul lavoro: a
Palermo, un operaio albanese, precipitato da un altezza di oltre 6
metri, si è schiantato su un tavolo di vetro che, andato in
frantumi, ha reciso l’arteria femorale dello sventurato, il quale
è deceduto nel giro di pochi minuti.
Ormai le morti sul lavoro
rischiano di non fare più notizia, visto che l’opinione pubblica
sembra essersi assuefatta ad uno sterminio che praticamente si
ripete con orrenda costanza giornaliera, consegnando alla fine di
ogni anno un vero e proprio bollettino di guerra, con una media
prossima ad un morto al giorno.
Stavolta, però, c’è
un elemento nuovo che tiene desta l’attenzione della
platea:Edmondo Fejzullai, 58 anni, ha perso la vita mentre
effettuava dei lavori di manutenzione e ristrutturazione all’interno
del tribunale di Palermo. Già, proprio così: l’ennesima morte
bianca si è verificata nel luogo che per sua
destinazione è deputato alla tutela ed all’applicazione dei diritti dei cittadini.
destinazione è deputato alla tutela ed all’applicazione dei diritti dei cittadini.
Le indagini sono in
corso, e richiedono i dovuti e necessari tempi tecnici. Ma già
emerge spettrale la classica ipotesi di reato: il mancato rispetto
delle norme sulla sicurezza sul lavoro. I lavori che all’interno
del tribunale di Palermo vanno ormai avanti da parecchi mesi, non
sembrano essere stati eseguiti nel pieno rispetto delle regole
antinfortunistiche: ci giungono infatti testimonianze dirette di
cittadini che hanno visto operai lavorare su ponteggi mobili senza
caschetto di protezione o senza le dovute cinghie di ancoraggio. Lo
si ribadisce: ancora non è chiara la dinamica; ma vi sono fondati
sospetti che inducono a pensare che qualche manchevolezza vi sia
stata, perché resta un mistero (per ora) come abbia fatto Edmondo a
precipitare dal soffitto di un’aula del tribunale mentre
installava una telecamera, tetto che, se nei corridoi è più o meno
alto quattro metri, lì dove è avvenuta la tragedia sfiora i dieci
metri!
Purtroppo, all’ipotesi
classica del mancato rispetto delle norme di sicurezza, si aggiunge
un’altra pista inquietante quale possibile concausa del decesso: i
soccorsi non adeguati. Infatti, l’ambulanza che è giunta sul
posto alle 17:41, 16 minuti dopo la chiamata di soccorso, era
sfornita di medico, e, nonostante il mezzo di soccorso sia arrivato
al Civico alle ore 18:02, ed il ferito sia stato sottoposto
immediatamente ad un’operazione di sutura, ciò non è bastato a
salvargli la vita.
L’Autorità Giudiziaria
si spera possa fare luce sull’accaduto il più velocemente
possibile, attribuendo a chi di competenza le eventuali
responsabilità. Ma ancora una volta ci si chiede come mai non siano
obbligatori la presenza di una struttura medica adeguata su posti di
lavoro che per loro natura comportino rischi gravi per l’incolumità
del lavoratore (magari anche solo per i siti che impieghino un certo
numero di dipendenti), ed il costante monitoraggio di un ispettore
del lavoro che accerti il rispetto delle normative sulla sicurezza
mediante ampi poteri ispettivi e sanzionatori (mentre oggi,
paradossalmente, si
assiste ad un ridimensionamento sia del numero degli accertatori che
del loro raggio d’azione); misure, queste, che avrebbero
certamente evitato parecchie morti bianche.
Di contro, è ormai
provato che le misure sanzionatorie (civili e penali) previste in
caso di violazione delle norme antinfortunistiche sono inidonee allo
scopo, in quanto, nella maggior parte dei casi, irrisorie e prive di
quella forza necessaria a spingere il padrone di turno a garantire
l’incolumità del proprio dipendente.
V. Catastimeni
Pubblicato da rete
sicurezza lavoro sicilia a 07:09
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