Il 27 luglio è stata prodotto nello stabilimento della Fiat-Sata di Melfi l'ultimo modello della Punto.
Con chiaramente accordo sindacale, buona parte degli operai e operaie è messa in contratto di solidarietà - con una riduzione dell'orario di lavoro (e quindi del salario) mediamente del 28% - e per gli operai considerati "infungibili" per la produzione dei modelli rimasti, Jeep e 500x, c'è la cassintegrazione.
Già ai primi di luglio si parlava per Melfi di 1640 esuberi.
L’uscita di produzione della Punto coincide col ridimensionamento definitivo del marchio Fiat, già annunciato da Marchionne ufficialmente il 1 giugno e con la fine della produzione di vetture economiche per spostarla soprattutto sui marchi premium, ad alta redditività (Jeep).
La stampa, mettendoci anche un velo di "nostalgia" da parte degli operai (che non guasta mai), in alcuni articoli fa la cronaca della produzione della Punto fatta per 25 anni.
Ma chiaramente tace su cosa ha significato per gli operai; cosa c'era dietro questa produzione, in una fabbrica, come la Sata di Melfi, in cui la Fiat ha costruito il suo nuovo sistema, dove vi è stata e vi è l'applicazione più scientifica del moderno sistema capitalista italiano di sfruttamento della forza-lavoro, di estorsione del plusvalore.
Cosa ha significato questo sistema per gli operai, lo hanno descritto, denunciato, gridato
negli anni tantissimi operai e operaie; in alcuni momenti in modo forte, collettivo che ha fatto paura a padroni, governo e Stato - come furono i meravigliosi 21 giorni del 2004, in altri momenti più in silenzio, in maniera individuale, o in piccoli settori di operai; e ora con una difficile, ancora minima, ma costante, irremovibile ripresa di autorganizzazione operaia e di iniziative di lotta, scioperi.
negli anni tantissimi operai e operaie; in alcuni momenti in modo forte, collettivo che ha fatto paura a padroni, governo e Stato - come furono i meravigliosi 21 giorni del 2004, in altri momenti più in silenzio, in maniera individuale, o in piccoli settori di operai; e ora con una difficile, ancora minima, ma costante, irremovibile ripresa di autorganizzazione operaia e di iniziative di lotta, scioperi.
"A Melfi si è passati dalla fabbrica modello Chaplin di 'Tempi moderni' che voleva solo le braccia degli operai, ad una fabbrica "modello Chaplin" che chiede anche il cervello,l'anima dell'operaio, ma che in sostanza vuole ridurre il "cervello" a dire solo "sì" allo sfruttamento selvaggio delle sue "braccia".
"Se la fabbrica fordista si fondava sul comando burocratico-gerarchico e sulla coercizione, la fabbrica snella si prefigge il coinvolgimento totale degli operai, della loro forza lavoro e della loro intelligenza, della stessa soggettività... Nella fabbrica snella non sono più possibili nicchie d'ombra e "retrobottega" in cui gli operai possono esercitare discrezionalità e autonomie fuori dal controllo padronale, giacchè il "just in time" e il miglioramento continuo, impongono ai lavoratori una pressione strutturale verso una reattività immediata e trasparente, non procrastinabile o semplicemente dilazionabile nel tempo...". (Dal libro 'Fiat le armi della critica di classe contro il fascismo padronale').
Prima o poi, ma è inevitabile, tornerà in maniera forte, ampia la "primavera di Melfi".
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