FARE
DELLA LOTTA AL FEMMINICIDIO, ALLA VIOLENZA E OPPRESSIONE LEVA PODEROSA PER LA RIVOLUZIONE!
Come
sottolineano le cronache,nell'arco delle ultime 24 ore sono state
uccise quattro donne, per mano di ex mariti o fidanzati, mentre una
è in fin di vita.
A
Montepulciano (Si), un operaio di 56 anni, alla vigilia
dell'udienza per la separazione, ha ucciso a coltellate l'ex moglie,
una romena di 42 anni.
A Roma
un 79enne ha fatto fuori la moglie di 81 anni con una busta di
plastica in testa, e poi si è tolto la vita.
A
Bari, Donata De Bello di 48 anni, è stata ammazzata a coltellate
dal compagno, Marco Basile di 32 anni.
Ieri,
il quarto femminicidio, a Dragoni (Caserta), dove Maria Tino, di
49 anni è stata freddata con tre colpi di pistola dal compagno che
volava lasciare.
Infine,
a Cagliari, un giovane di 25 anni ha picchiato la fidanzata al
termine di una lite e, credendola morta si è gettato da un
cavalcavia. La ragazza invece è rimasta viva ed è ricoverata
in ospedale, in coma farmacologico.
Ma il
10 luglio scorso vi era stato un altro femminicidio all’interno
del focolare domestico. A Bari, Anita
Betata Rzepecka, 30 anni, è
stata uccisa di botte dal marito. Il movente: non aveva lavato i
piatti.
E
ancor prima, il 28 giugno c.a., Maria Grazia Russo, 48 anni, è
stata ammazzata con un colpo di arma da fuoco dal proprio consorte,un
agente della polizia penitenziaria della provincia di Cosenza,
che poi si è suicidato.
che poi si è suicidato.
Il 22
giugno era stato il turno della dottoressa Ester Pasqualoni, 53
anni,di Teramo, sgozzata da un uomo che la perseguitava da tempo e
che la donna aveva già denunciato due volte, ma senza risultato, le
sue denunce erano state archiviate.
Altresì,
altre due donne erano state uccise nei giorni precedenti: il 12
giugno, una giovane di 28 anni, Erika Preti, trovata morta in
Sardegna, mentre era in vacanza col fidanzato, sospettato dagli
inquirenti di essere l’omicida; il 14 giugno, Diana, 52 anni, di
Busto Arsizio, massacrata dal marito con 15 coltellate.
Queste
morti si aggiungono a tutte quelle avvenute dall’inizio
dell’anno,che pare siano già una quarantina, e a quelle del 2016,
che sono state 120.
Purtroppo
è oramai sotto gli occhi di tutti il fatto che si tratti di
un’immane e tragica normalità, inconfutabilmente legata al
ritorno e all’incancrenirsi di concezioni oscurantiste,
maschiliste, fasciste, frutto di un crescente imbarbarimento
ideologico, culturale, sociale ed umano di questo sistema reazionario
e misogino, che vuole riportare indietro le donne, ricacciandole in
un MODERNO MEDIOEVO, in una realtà fatta di subordinazione e
schiavitù familiare, oltreché lavorativa e sociale.
Ed è
più che mai evidente che la cultura e la pratica dello stupro, della
violenza di ogni genere e del massacro delle donne siano divenute
sempre più un’idea dominante/strutturale,e che perciò
attraversano/impregnano tutte le classi sociali, compresa quella
proletaria, operando concretamente una trasformazione pure soggettiva,
soprattutto del genere maschile, abbrutendolo sempre più, fino a
considerare il femminicidio un atto naturale e dovuto.
Pure
Eures e Istat -che mettono in rilievo che dal 2000 ad oggi sono circa
oltre 2.800 le donne uccise, di cui il 72% in famiglia,e che finora
in Italia sono circa 7 milioni quelle che nel corso della propria
vita hanno subito ogni tipo di violenza maschile- non possono fare a
meno di
parlare di “strage delle donne” e di crimini effettuati peraltro
con grande efferatezza, dove l’arma più usata è il coltello, con
il quale, nel 40% dei casi le vittime vengono colpite ripetutamente,
con furia e rabbia assassina, fino a renderle esanime.
Nel
resto dei casi, prosegue l’istat, le donne vengono uccise con
martelli, pistole, accette, picconi, rastrelli, o strangolate e/o
bruciate vive. Nella maggior parte di essi il movente è il senso di
possessione e gelosia patologica nei confronti della donna ritenuta
di proprietà, ma non mancano i femminicidi alla cui base dei dissidi
familiari ci sono motivi economici.
Infatti,
è nelle famiglie proletarie, che sono quelle colpite massicciamente
dagli effetti nefasti della crisi del sistema capitalistico e dalle
profonde frustrazioni da esso generate, che avvengono i peggiori
crimini contro le donne.
Ad
alimentare la violenza sulle donne sono anche le numerose e
aberranti sentenze che giustificano, assolvono e promuovono gli
stupri e che, invece, attaccano le donne violentate, perché, secondo
questi porci giudici, le vittime se la sono cercata, perché portano
la minigonna o i pantaloni attillati, o perché non hanno gridato
abbastanza durante lo stupro, o perché sono “libertine”, osano
uscire di notte ecc.
Per
non parlare delle criminali sentenze che condannano a pene irrisorie
gli assassini, fino ad arrivare finanche a giustificarli, così come
è avvenuto anche con la recente ed inaudita sentenza di condanna a
soli 6 anni e tre mesi, con arresti domiciliari, di Pietro De Mattia,
l’uomo che nel 2015 uccise a martellate la propria consorte,
Antonina Cirasola di 55 anni. Per il giudice “ci fu provocazione”
da parte della moglie, e pertanto ha ritenuto normale che il coniuge
la massacrasse.
Il
tutto alla faccia della legge del 2013 sull’inasprimento delle pene
verso gli stupratori e gli assassini.
Ciò
che conferma ulteriormente l’istigazione alla violenza sulle donne
da parte di questo sistema, dei suoi governi e delle sue
istituzioni, è pure la recente depenalizzazione del reato di
stalking, che può essere estinto semplicemente pagando una multa,
come previsto dalla riforma del codice penale approvata lo scorso 14
giugno.
Anche
questo accadimento risulta essere di una gravità assoluta, se si
pensa anche al fatto che la legge potrà essere estesa a tutti gli
altri reati contro le donne,che prevedono una pena di 4 anni. Altro
che convenzione di Instanbul.
Ciò
denota maggiormente la natura oltre che fascista e misogina, anche
massimamente ipocrita dello stato, che prima esorta le donne a
denunciare, e poi archivia, depenalizza e assolve stolker, stupratori
e assassini.
A
fronte della recrudescenza della violenza sulle donne e della sua
effettiva legalizzazione – violenza, ribadiamo,prodotta ed
alimentata a piene mani dal sistema, intento ad impedire
l’autodeterminazione e la libertà dell’altra metà del cielo,
cancellandone del tutto i diritti (lavoro, aborto, servizi ecc.)
conquistati con lunghi e duri anni di lotta - non basta la giusta
denuncia, e men che meno le vuote parole, le chiacchiere delle
femministe istituzionali e del femminismo borghese e piccolo
borghese, di cui anche “Non una di meno” è espressione.
Femminismo
intento esclusivamente a conservare i propri privilegi, continuando a
ritagliarsi un posto al sole in questa barbara società e, pertanto,
lontano anni luce dai bisogni reali delle donne proletarie, oltreché
reazionario, perché cerca di illudere quest’ultime su un possibile
cambiamento del loro “destino” all’interno di questa stessa
società che sfrutta, opprime,schiavizza, stupra e uccide ancor più
le donne.
E non
è di certo un caso che queste femministe non solo non hanno
partecipato, ma hanno addirittura cercato di boicottare gli scioperi delle donne
proletarie, promossi dallo SLAI Cobas sc e dal MFPR in questi ultimi
4 anni.
Scioperi
che hanno
rimarcato l’intreccio della lotta di genere e di classe, mettendo
in discussione tutto e tutti: il sistema, la società,lo stato, i
governi della borghesia, i padroni, la Chiesa, i partiti
istituzionali, i sindacati di regime, il femminismo borghese e
piccolo borghese, i rapporti sociali, familiari e le relazioni
uomo/donna.
Scioperi
che hanno visto, di volta in volta, la discesa in piazza di migliaia
di donne, dal sud al nord del Paese, dalla operaie di fabbrica alle
lavoratrici della sanità, della scuola, dei comuni,delle università,
delle coop. sociali, oltreché delle precarie, delle disoccupate,
delle studentesse e delle giovani.
Senza
alcun dubbio, si è trattato di iniziative che hanno segnato una
tappa importante e storica per le donne, e non solo, e che hanno
tracciato maggiormente una linea di demarcazione con il femminismo
borghese e piccolo borghese, indicando e ponendo, con estrema
chiarezza, la necessità di trasformare l’esistente, e perciò di
rovesciare e abolire lo stato di cose presente, che è la vera causa
del femminicidio, dell’oppressione e della violenza sessuale,
familiare e sistemica sulle donne, così come della guerra quotidiana
e del peggioramento dell’insieme delle loro condizioni di vita e di
lavoro.
Ciò
contrariamente all’ideologia e prassi del suddetto femminismo che,
nella sostanza,sostiene che l’oppressione delle donne e la violenza
che ne scaturisce sono originate da una cultura maschilista e
patriarcale, e che perciò, basta cambiare la testa degli uomini, per
porvi fine.
Ovviamente
queste donne negano volutamente la matrice storica della doppia
oppressione,della disuguaglianza delle donne e della violenza da esse
sistematicamente subita. Esse negano che la posizione sociale e il
ruolo della donna all’interno
della famiglia e della società è, come dice Marx, conseguenza di un
lungo sviluppo economico-sociale che ha portato alla proprietà
privata, alla famiglia, allo stato e al modo di produzione
capitalistico; modo di produzione
che, a tutt’oggi, è la base dell’ oppressione e della
subalternità delle donne. E che, perciò,di conseguenza, anche
il
ruolo della donna è un prodotto sociale e la trasformazione di
questo ruolo può nascere solo dalla trasformazione della società.
Queste
donne, invece, opportunisticamente scambiano l’effetto con la
causa,di conseguenza sostengono che la questione culturale sia il
problema principale. Di qui la lotta essenzialmente alle idee, alla
sovrastruttura, negando l’intreccio della lotta di genere con
quella di classe e pertanto, la necessità della rivoluzione,
dell’abbattimento del sistema, che, come anzidetto, è la base
materiale della società, che produce la cultura maschilista,
dell’oppressione e della soppressione delle donne.
Il
femminismo proletario e rivoluzionario è pienamente cosciente che
bisogna cambiare cielo e terra…, e che insieme alla rivoluzione
occorre la rivoluzione nella rivoluzione, per distruggere non solo i
rapporti materiali, ma anche l’ideologia dominante, borghese ( che
produce ed alimenta l’odio di classe e di genere contro le donne),
per poter cambiare realmente anche le teste degli uomini, i rapporti
umani e le relazioni familiari e uomo- donna.
Questa
è l’unica verità. Il resto continua ad essere solo chiacchiere al
vento, funzionali al sistema, per mantenere lo status quo e
condannare le donne al nefasto destino che questa putrida e
medioevale società ha deciso per loro.
Le
lavoratrici dello SLAI Cobas sc e del MFPR, con la loro lotta a 360
gradi contro sistema, stato, governi, padroni, sindacati
istituzionali, Chiesa; lotta a cui chiamano soprattutto le donne
proletarie e le giovani ribelli, che sono quelle doppiamente colpite,
che subiscono gli effetti più barbari di questa società,
continueranno a tenere alta la “scintilla rivoluzionaria” accesa
con lo storico SCIOPERO DELLE DONNE del 2013.
MA
QUALI RIFORME, MA CHE EDUCAZIONE, LE DONNE HANNO BISOGNO DELLA
RIVOLUZIONE!
Pa,
14.07.2017
Lavoratrici
SLAI Cobas sc. Policlinico Palermo.
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