Muore in ospedale 24enne del
Gambia: «È omicidio colposo»
di Andrea
Ruberto
Aveva solo
24 anni Ibrahim Manneh, il giovane del Gambia che si è spento nella notte di
domenica all’ospedale Loreto Mare. La storia delle sue ultime ore di vita viene
riportata sulla pagina dell’Ex Opg di Materdei, dove il ragazzo riceveva
assistenza legale. Il travaglio di Ibrahim ha avuto inizio lo scorso sabato
pomeriggio, quando ha accusato per la prima volta forti dolori all’addome. Il
giovane si è quindi recato all’ospedale Loreto Mare dove, dopo un’iniezione, è
stato rimandato a casa. I dolori si sono ripresentati però in forma più acuta a
distanza di poche ore. Sono giunti in suo aiuto il fratello e alcuni amici che
da quel momento, secondo il racconto degli attivisti dell’Ex Opg, hanno
assistito impotenti a una serie di comportamenti razzisti che hanno impedito di
salvare il giovane. Ibrahim, le cui condizioni erano visibilmente gravi,
sarebbe infatti stato respinto prima da una farmacia di turno e in seguito
allontanato dai carabinieri. Infine un tassista si sarebbe rifiutato di
accompagnarlo all’ospedale senza l’autorizzazione della polizia. Dopo aver
chiamato inutilmente l’ambulanza, il fratello e gli amici hanno deciso di
caricarsi sulle spalle il giovane, ormai in stato di incoscienza, fino alla
guardia medica. Qui il medico di turno, constatate le gravissime condizioni in
cui versava il ragazzo, ha chiamato un’ambulanza che lo ha portato d’urgenza
all’ospedale Loreto Mare. Ibrahim si è spento lì poco dopo, pare per una
perforazione all’addome, senza che fosse possibile operarlo perchè giunto
troppo tardi. I ragazzi dell’Ex Opg, insieme a familiari e amici, hanno deciso
di denunciare «l’omicidio colposo di Ibrahim, causato da una serie di assurde
ed evitabili cause. Chiediamo giustizia e verità per Ibrahim! Non si può morire
così, di razzismo, fra atroci dolori, pur avendo tutta la vita davanti».
pagina
facebook di Ex OPG occupato - je sò pazzo
Domenica
9 Luglio 2017
H 12: Ibrahim lamenta forti dolori all’addome e si reca al Loreto Mare dove, senza che sia fatta alcuna analisi e, in seguito a un’iniezione, viene rimandato a casa, sebbene le sue condizioni fossero
molto gravi.
Una volta a casa, si aggrava e sopraggiungono dei forti dolori articolari. Resta a casa per tutto il giorno, aspettando che le “cure” mediche riservategli facessero effetto.
H 22:30: le condizioni di Ibrahim peggiorano in
maniera definitiva e il ragazzo chiama in aiuto suo fratello e alcuni amici. E,
mentre loro fanno di tutto per aiutarlo, l’odissea che attraverserà prima di
morire è una lunga e cruenta storia di razzismo, pregiudizi e disumanità. I
ragazzi decidono di portarlo in farmacia, e così si rivolgono alla prima
farmacia di turno aperta a Piazza Garibaldi. Il farmacista non apre nemmeno la
porta, ma rendendosi conto della gravità della situazione, chiama ripetute
volte un’ambulanza che non giungerà mai. Ibrahim è riverso a terra e i suoi
amici chiedono aiuto ad una pattuglia dei Carabinieri che si trovava sul posto,
ma questi gli intimano di allontanarsi, sebbene fosse palese la gravità della
situazione: Ibrahim era a terra e chiedeva aiuto.
Dopo più di un’ora di attesa,
gli amici di Ibrahim, si rivolgono dunque a un tassista a Piazza Mancini, lo
stazionamento più vicino. Il tassista chiede dieci euro per la corsa fino
all’ospedale più vicino, i ragazzi rispondono che i soldi non sono un problema,
ma che è necessario sbrigarsi. Ma a quel punto il tassista si rifiuta di
accompagnarli perché «non ha l’autorizzazione della Polizia». Perché per
accompagnare un “negro” in ospedale bisogna avere l’autorizzazione delle forze
dell’ordine. I ragazzi si rivolgono dunque ad una seconda farmacia di turno in
zona: il farmacista, senza alcuna visita medica, gli suggerisce di acquistare
farmaci per un importo di 15 euro. In seguito all’assunzione di tali farmaci, i
ragazzi si recano a casa. Ibrahim comincia a vomitare.
H 24: veniamo contattati dagli amici di Ibrahim che ci
chiedono di essere aiutati, in seguito alle ripetute omissioni di soccorso che
fino a questo punto si sono succedute. A nostra volta, chiamiamo un’ambulanza,
chiedendo di recarsi presso l’abitazione del ragazzo. Dal 118 ci dicono che non
possono inviare il mezzo di soccorso “per un ragazzo che vomita” nonostante
fosse stato precisato che Ibrahim non era in condizioni di muoversi e recarsi
in ospedale. Ci forniscono così i contatti della Guardia Medica. Ci confermano
che non può essere inviata nessuna ambulanza per un caso simile e che il
ragazzo deve essere portato a Piazza Nazionale per poter essere visitato.
Così, di peso, i suoi amici trascinano il ragazzo, in stato di incoscienza, verso Piazza Nazionale. Nel tragitto, per una seconda volta, incontrano una volante dei Carabinieri, chiedono nuovamente aiuto, ma la volante li evita e rifiuta di soccorrerli. Una volta raggiunta la Guardia Medica, il medico di turno visita Ibrahim e immediatamente si rende conto delle gravissime condizioni in cui versa il ventiquattrenne. Viene così chiamata, ancora una volta, un’ambulanza che, a questo punto, arriva in maniera celere.
Così, di peso, i suoi amici trascinano il ragazzo, in stato di incoscienza, verso Piazza Nazionale. Nel tragitto, per una seconda volta, incontrano una volante dei Carabinieri, chiedono nuovamente aiuto, ma la volante li evita e rifiuta di soccorrerli. Una volta raggiunta la Guardia Medica, il medico di turno visita Ibrahim e immediatamente si rende conto delle gravissime condizioni in cui versa il ventiquattrenne. Viene così chiamata, ancora una volta, un’ambulanza che, a questo punto, arriva in maniera celere.
Lunedì10 luglio
H 2:30: Ibrahim arriva, infine, in ospedale. Viene
trasportato in sala operatoria. A questo punto, nessuno, neanche suo fratello
sa più niente di Ibrahim.
H 11: solo dopo un’intera notte passata ad attendere
notizie di suo fratello e senza averlo più visto, Bakary apprende della morte
di Ibrahim.
H 21:30: Nonostante fosse morto parecchie ore prima, a
causa, pare, di una perforazione all’addome, senza che si facesse nemmeno in
tempo ad operarlo (a quanto hanno dichiarato in serata i medici presenti nella
struttura), le persone a lui vicine non erano state informate su nulla. Perché
in sala operatoria, dove in mattinata avrebbero potuto salvarlo, Ibrahim ci è
arrivato troppo tardi.
A suo fratello e ad i suoi amici, fino alla sera, non era stato detto niente. E, adesso, ancora aspettano di sapere la verità, di sapere cosa sia successo dalle 2:30 in poi.
A suo fratello e ad i suoi amici, fino alla sera, non era stato detto niente. E, adesso, ancora aspettano di sapere la verità, di sapere cosa sia successo dalle 2:30 in poi.
H 22:30: Nel frattempo, insieme ai familiari e agli
amici, decidiamo di denunciare questa situazione vergognosa. Dopo aver scritto
il deposto e raccolto le testimonianze di quanti ieri notte sono stati vicini a
Ibrahim, decidiamo di depositarlo al posto di guardia dell’ospedale. Ma il
posto di guardia è stato dismesso, quindi ci rechiamo in Questura. Lì i funzionari
si rifiutano di accogliere la denuncia, sostenendo che deve essere depositata a
Loreto Mare.
H 23: Una volta che la notizia si è diffusa, nell’arco
della giornata, gli amici di Ibrahim sono accorsi sul posto. A causa della loro
presenza davanti al Loreto Mare, la direzione dell’ospedale decide di allertare
la Polizia. Arrivano immediatamente, questa volta, per intimidire i ragazzi e
intimarli ad andarsene.
Contestualmente, torniamo sul posto per poter sporgere denuncia presso il suddetto e fantomatico drappello giudiziario. I poliziotti accorsi sul luogo, con atteggiamento aggressivo, identificano il nostro avvocato e, testuali parole: «Dovete farli andare tutti quanti a casa, altrimenti interveniamo noi, poi non vogliamo sapere niente di video e reato di tortura». E aggiungono: «La denuncia deve essere depositata presso la Questura Centrale, li abbiamo informati, vi stanno aspettando».
Nonostante fossero presenti dieci poliziotti e potessero accogliere in loco la denuncia sul luogo, non è stato possibile farlo. L’omicidio colposo di Ibrahim, causato da una serie di assurde ed evitabili cause, è stato denunciato così presso la Questura, allungando i tempi di una già macchinosa giustizia, in una situazione in cui la giustizia è stata già vilipesa e offesa e che è costata la vita di un ragazzo di 24 anni.
Contestualmente, torniamo sul posto per poter sporgere denuncia presso il suddetto e fantomatico drappello giudiziario. I poliziotti accorsi sul luogo, con atteggiamento aggressivo, identificano il nostro avvocato e, testuali parole: «Dovete farli andare tutti quanti a casa, altrimenti interveniamo noi, poi non vogliamo sapere niente di video e reato di tortura». E aggiungono: «La denuncia deve essere depositata presso la Questura Centrale, li abbiamo informati, vi stanno aspettando».
Nonostante fossero presenti dieci poliziotti e potessero accogliere in loco la denuncia sul luogo, non è stato possibile farlo. L’omicidio colposo di Ibrahim, causato da una serie di assurde ed evitabili cause, è stato denunciato così presso la Questura, allungando i tempi di una già macchinosa giustizia, in una situazione in cui la giustizia è stata già vilipesa e offesa e che è costata la vita di un ragazzo di 24 anni.
Chiediamo giustizia e verità per Ibrahim!
Non si può morire così, di razzismo, fra atroci
dolori, pur avendo tutta la vita davanti.
Nessun commento:
Posta un commento