Editoriale 1
Il G20 di Amburgo ha
sancito il nuovo disordine mondiale conclamato, tutti contro tutti.
Alleanze asimmetriche per tema e scenari. Nella sostanza un crac.
Non possiamo che
rallegrarci di tutto questo. “Grande è il disordine sotto il
cielo. La situazione è eccellente!”
Se il G7 a Taormina era
stato l'embrione, il G20 ne è stato la concretizzazione.
Tenendo conto che intanto
alla mini opposizione di Taormina è seguita la grande esplosione dei
giorni di Amburgo, non possiamo che dirci soddisfatti.
Ma se questo è il quadro,
i particolari di questo quadro meritano approfondimento.
Il fascio imperialista
Trump è rimasto isolato su ambiente e commercio, ma proprio su
questi ha portato a casa dei risultati. Sull'ambiente, dietro
l'apparenza della compattezza sugli accordi di Parigi
è emerso un panorama molto frastagliato. Diversi paesi e regimi hanno parlato un doppio linguaggio, uno nei rapporti con gli Usa un altro nelle riunioni plenarie. E questo è andato a vantaggio di Trump. Invece, sul commercio, alle frasi fatte sul 'protezionismo' hanno corrisposto degli slittamenti progressivi nel dare opportunità agli Usa, ma anche a tutti gli altri, di usare quest'arma dentro la guerra commerciale; e a quanto pare sarà proprio la “guerra dell'acciaio” a sancire il passaggio.
è emerso un panorama molto frastagliato. Diversi paesi e regimi hanno parlato un doppio linguaggio, uno nei rapporti con gli Usa un altro nelle riunioni plenarie. E questo è andato a vantaggio di Trump. Invece, sul commercio, alle frasi fatte sul 'protezionismo' hanno corrisposto degli slittamenti progressivi nel dare opportunità agli Usa, ma anche a tutti gli altri, di usare quest'arma dentro la guerra commerciale; e a quanto pare sarà proprio la “guerra dell'acciaio” a sancire il passaggio.
Ma se questi sono stati i
due temi su cui si è giocata la faccia pubblica del Vertice, è
nella faccia privata che invece è emerso tutto il turbinio delle
contraddizioni interimperialiste.
Il principale evento è
stato l'incontro Putin-Trump. Un incontro tra compari fascio
imperialisti, piuttosto inquietante. I due hanno praticamente ammesso
di essere stati una “squadra” in occasione delle elezioni di
Trump (Obama è sembrato lontano anni luce). Ma lo scopo della
“squadra” sembra più quello di autotutelarsi che di unirsi per
dominare il mondo, diventato troppo stretto per due superpotenze,
entrambe in fase calante, la cui arroganza è figlia della debolezza
crescente.
L'imperialismo americano è
in rotta su tutti i campi, il fragore della superbomba non copre la
crisi economica che lo attraversa, il “zero tituli” in tutto lo
scenario mondiale, l'insubordinazione diffusa di quelli che
dovrebbero essere alleati e lacchè, e nessun problema dei popoli
oppressi è in via di essere domato. Che succede in Afghanistan, cosa
in Siria e in Iraq, cos'altro in America Latina, e chi è all'attacco
e chi in difesa nella crisi nord coreana e nel pacifico? Trump è il
presidente della crisi dell'imperialismo. Il grottesco tycoon una ne
fa, due ne sbaglia, perfino in termini di stile, la grande stampa
americana parla di immagine da “repubblica delle banane”.
L'orribile fascio imperialista è davvero l'immagine rovesciata della
potenza della superpotenza, la crisi dell'imperialismo Usa è la
manifestazione più evidente della crisi del sistema imperialista nel
suo insieme.
Questo vuol dire però
molto. Quando una bestia è ferita e morente, è feroce e devastante,
e quindi ogni tensione può effettivamente deflaglare in conflitto
mondiale, e all'interno il fascismo è reale.
Chi non vede questi
aspetti, anche nel nostro campo, sottovaluta la profondità della
crisi dell'imperialismo americano e lo dipinge come “gigante”,
“autogovernato”, venato di “autoritarsmo”; né fa una sosta
di non voluta apologia, che può essere disarmante per le masse e i
popoli.
Concentrare la guerra
contro l'imperialismo Usa è unire i popoli nel colpire al cuore la
bestia ferita.
La Merkel, con l'aria da
“buona massaia che gestisce il pranzo dei ladroni”, vede che
l'ora per emergere è forse arrivata. Il gigante economico e il nano
politico militare che è la Germania del lungo ciclo del post
nazismo, trova nel contesto del nuovo disordine mondiale la
possibilità di essere un solido punto di riferimento, godente non
solo della forza economica ma di una stabilità interna che le
permette la strada dei piccoli passi ma determinati. E' la Germania
che vuole l'Europa compatta e complementare; è la Germania che
mentre occupa l'Est dell'Europa è pronta ad approfittare delle
contraddizioni dell'odierna Russia; è la Germania che sfrutta a suo
favore la crisi dei migranti per trasformare la crisi in opportunità
e in un tassello del sistema di alleanze; è la Germania che fa di
tutto questo un volano per trasformare l'esercito in impressionante
macchina bellica, e su questo disciplinare e trattare il problema
della potenza atomica.
Certo l'imperialismo
tedesco domina un magma, attraversato dalla crisi, governa pedine e
alleati che hanno una profonda instabilità politica, la cui
manifestazione più evidente è l'astensionismo di massa che
trasforma i governi, vedi Macron, in oligarchie reali prive di una
base di consenso generale.
E' la Germania
che lancia la nuova 'campagna d'Africa' - su cui torneremo in altra
occasione.
Francamente,
invece, il G20 ridimensiona la Cina. Certo, anche per scelta tattica
della sua classe dominante che ha preferito in questo G20 stare a
guardare il dipanarsi delle contraddizioni, per auto presentarsi come
la potenziale “altra America”, l'America buona della difesa degli
accordi sull'ambiente,
del libero commercio; ma francamente Xi come un Obama giallo non è
credibile.
La crisi
coreana e la guerra del pacifico sono pesantemente sul tappeto, e in
quell'area non c'è un solo punto che non sia dinamicamente connesso
al bi-sogno di una di nuova ripartizione.
L'India e il
Giappone occupano la scena, ma il salto che pretendono
politico-militare non ha serie basi strutturali, visto il carattere
organico di dipendenza militare del Giappone e l'ascesa castrata
dell'India.
Il G20 ha
sciorinato i suoi panni, ma non può più lavare i panni sporchi in
famiglia, perchè la grande famiglia esiste solo nella difesa strenua
dell'imperialismo e nell'oppressione dei proletari e dei popoli del
mondo, ma ormai è in una fase di implosione. In questo senso è un
G20 che può essere “storico”, non per quello che a deciso e fa,
ma proprio per l'evidenza che non può decidere e fare e che è sul
campo che si gioca la partita.
Questo campo è
l'”inferno” dei popoli, e giustamente il movimento di opposizione
ha agito con volontà e determinazione di trasformare questo in
inferno per loro. E i primi fuochi di guerriglia di Amburgo hanno
nelle contraddizioni odierne una potenzialità di un incendio
generale.
Costruire
organizzazione - partiti comunisti della rivoluzione, costruire il
fronte unito, costruire gli eserciti del popolo è necessario e
possibile.
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