Intervista a Marco Piagentini, 46 anni, che nel
disastro ferroviario del 2009 ha perso moglie e due figli è rimasto ustionato
sul 98 per cento del corpo: "Basta parlare del nostro lutto. Parliamo di
sicurezza ferroviaria, non ne parla nessuno. Anzi, la politica promuove chi è
coinvolto. Napolitano prese un disegno da mio figlio e dopo pochi mesi dette il
cavalierato a Moretti"
“Basta con la
storia di Marco che ha perso due figli e la moglie.
Parliamo invece di sicurezza ferroviaria”. Marco Piagentini, 46
anni, è
l’uomo simbolo della strage di Viareggio del 29 giugno 2009: 32
morti per l’incendio provocato dal gpl uscito dalla cisterna di un treno
merci. Una notte di
inizio estate che si trasformò in una tragedia che ferì per sempre la città
della Versilia. Piagentini non
vuole raccontare di nuovo che Lorenzo, 2 anni, è morto bruciato vivo nell’auto, mentre un’onda di fuoco divorava anche Stefania, 39 anni, che teneva in braccio Luca, 4. Sono morti tutti e tre, moglie e due figli, mentre il primogenito Leonardo, oggi 15enne, è sopravvissuto, sepolto per 4 ore sotto le macerie della propria casa. Anche Marco ce l’ha fatta, dopo essere rimasto ustionato sul 98 per cento del corpo. Due anni nel reparto grandi ustionati a Padova, prima di tornare alla realtà. Ma, come ilfatto.it ha scritto più volte, anche il processo sulla strage di Viareggio è a rischio prescrizione: a dicembre rischiano di decadere sia il reato di incendio sia quello di lesione colpose. E la vita della famiglia Piagentini è stata sconvolta proprio a causa di un incendio. “E’ assurdo che esista la prescrizione quando un processo è già iniziato, dovrebbe bloccarsi alla pronuncia del rinvio a giudizio” dice Piagentini. Intanto il tribunale cerca di fare il massimo: il presidente del collegio dei giudici, Gerardo Boragine, ha deciso di fissare tre udienze a settimana per arrivare a sentenza prima di dicembre.
vuole raccontare di nuovo che Lorenzo, 2 anni, è morto bruciato vivo nell’auto, mentre un’onda di fuoco divorava anche Stefania, 39 anni, che teneva in braccio Luca, 4. Sono morti tutti e tre, moglie e due figli, mentre il primogenito Leonardo, oggi 15enne, è sopravvissuto, sepolto per 4 ore sotto le macerie della propria casa. Anche Marco ce l’ha fatta, dopo essere rimasto ustionato sul 98 per cento del corpo. Due anni nel reparto grandi ustionati a Padova, prima di tornare alla realtà. Ma, come ilfatto.it ha scritto più volte, anche il processo sulla strage di Viareggio è a rischio prescrizione: a dicembre rischiano di decadere sia il reato di incendio sia quello di lesione colpose. E la vita della famiglia Piagentini è stata sconvolta proprio a causa di un incendio. “E’ assurdo che esista la prescrizione quando un processo è già iniziato, dovrebbe bloccarsi alla pronuncia del rinvio a giudizio” dice Piagentini. Intanto il tribunale cerca di fare il massimo: il presidente del collegio dei giudici, Gerardo Boragine, ha deciso di fissare tre udienze a settimana per arrivare a sentenza prima di dicembre.
Marco Piagentini, sono passati quasi 7 anni.
Sembra ieri quando ricordo chi non c’è più. Quando guardo
all’iter processuale, invece, sembra un’eternità, non arriva mai la fine. Ma
finché non arriverà un giudizio definitivo sarà difficile ripartire.
Ti fa paura la prescrizione?
La prescrizione, in arrivo per il reato di incendio
colposo e lesioni colpose, è la cosa che ci fa più male. Pensiamo poi ai costi
della struttura, dei periti, degli ispettori, dei magistrati. Quanto è costato
questo processo all’Italia? Non possiamo accettare che finisca senza un nulla
di fatto.
Cosa pensi ogni mercoledì in aula?
Cerco di capire, ascolto. E in aula sento affermazioni
che mi feriscono, come cittadino. Ad
esempio che la sicurezza viene fatta consigliando “se il treno passa,
scansatevi”, testualmente, o che un treno è più sicuro se va più veloce perché così si riduce il tempo in
cui transita, o che a Viareggio hanno messo il limite di 50 chilometri orari
per il trasporto di merci pericolose per ricordare i morti. Per noi ha un altro
significato: equivale a dire che può succedere ancora, basta che non
risucceda a Viareggio.
Cosa è emerso dal processo finora?
In quasi tutte e 85 le udienze si è parlato di
sicurezza ferroviaria. Possibile che in tv o sui giornali, salvo alcuni, non si
parli della strage di Viareggio in questo senso, ma solo di Marco e Daniela che
hanno perso i figli?
Perché molti media non parlano di sicurezza ferroviaria,
secondo te?
Si sta parlando di un potere forte, Ferrovie, che la
politica stessa ha spesso promosso e quindi assolto. Penso
all’allora presidente Giorgio Napolitano, al quale mio figlio Leonardo, in
ospedale, regalò un disegno, e che dopo pochi mesi ha dato il cavalierato a
Mauro Moretti, allora indagato come ad di Ferrovie, oggi imputato. E da imputato è stato messo a capo
di Finmeccanica, aumentandogli lo stipendio, mentre al suo posto è andato un
altro imputato nel processo Viareggio, Michele Mario Elia. Un altro imputato,
Giulio Margarita, si è trovato a fare il vicedirettore dell’Agenzia Nazionale
per la Sicurezza Ferroviaria. Per me queste promozioni sono assoluzioni e uno
Stato non può permettersele, non lo Stato che vuole trovare la verità e i
responsabili. A Viareggio nessun evento incredibile ha fatto deragliare la
cisterna. A Viareggio ci sono state delle responsabilità umane. Penso a
Napolitano, al quale mio figlio Leonardo regalò un disegno e che dopo pochi
mesi ha dato il cavalierato a Moretti
Lo capì subito Mario Monicelli. Il regista viareggino
parlò di “incuria” come causa principale della strage, in occasione del primo
anniversario (5 mesi prima di morire).
Purtroppo non ho avuto la possibilità di incontrarlo, perché sono arrivato dopo due anni da quando è successo, per tutto il recupero fisico e mentale che ho dovuto fare. Sono parole forti, dette con un’intelligenza e un acume che, se li avessero i nostri politici, forse non si sarebbe arrivati a Viareggio. Ci fa piacere che la compagna di Mario, Chiara Rapaccini, continui a farci sentire la sua vicinanza. E’ sua la locandina del cortometraggio sulla strage Ovunque Proteggi.
Purtroppo non ho avuto la possibilità di incontrarlo, perché sono arrivato dopo due anni da quando è successo, per tutto il recupero fisico e mentale che ho dovuto fare. Sono parole forti, dette con un’intelligenza e un acume che, se li avessero i nostri politici, forse non si sarebbe arrivati a Viareggio. Ci fa piacere che la compagna di Mario, Chiara Rapaccini, continui a farci sentire la sua vicinanza. E’ sua la locandina del cortometraggio sulla strage Ovunque Proteggi.
Lo Stato italiano ai tuoi occhi come è diventato?
Quello che quando ti vede ti dà le pacche sulle spalle
e ti dice che hai ragione, ma poi non fa nulla per migliorare la sicurezza in
questo Paese, non parlo solo di Viareggio ma di tutte le altre stragi italiane,
da San Giuliano di Puglia al Moby Prince. Lo Stato, a qualsiasi livello e di
qualsiasi colore, finora si è fatto riconoscere nei comportamenti, non in
quello che dice.
Prendi ancora il treno?
No, io il treno non lo prendo più. Abitavo vicino al
treno in una casa singola. Il treno è stata la mia passione fin da piccolino e
anche i miei bimbi quando vedevano il treno erano contentissimi. Andavamo a
vederlo passare sulla passerella che non c’è più. E’ un mezzo di
trasporto che serve tantissimo. Ma chi deve gestire questi mezzi, che tra
l’altro sono di Ferrovie dello Stato, dello Stato italiano, di tutti noi, li
gestisce come un fatto privato, di interesse, creando i presupposti per quello
che è capitato a Viareggio.
Con l’associazione Il Mondo che Vorrei portate avanti
tante iniziative, è così?
Abbiamo fatto un libro, uno spettacolo teatrale, una mostra itinerante e ora un cortometraggio. Incontriamo gli studenti, gli operai, altri familiari, come all’Aquila, e gli raccontiamo la nostra storia, per dare un messaggio civile. I numeri li vediamo a Viareggio il 29 giugno, per l’anniversario: dopo sei anni, l’anno scorso ci sono state oltre 8mila persone. E questo ci dà la forza di continuare.
Abbiamo fatto un libro, uno spettacolo teatrale, una mostra itinerante e ora un cortometraggio. Incontriamo gli studenti, gli operai, altri familiari, come all’Aquila, e gli raccontiamo la nostra storia, per dare un messaggio civile. I numeri li vediamo a Viareggio il 29 giugno, per l’anniversario: dopo sei anni, l’anno scorso ci sono state oltre 8mila persone. E questo ci dà la forza di continuare.
La foto inserita nel pezzo è un fotogramma del
cortometraggio Ovunque
proteggi di Massimo Bondielli
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