Il libro “Ilva la
tempesta perfetta” è stato presentato alla libreria Comunardi di
Torino il 16 giugno di questo mese ad un pubblico molto attento di
avvocati, tecnici, professori, operai ed ex operai, attivisti
sindacali e di movimento, giovani attivi nei movimenti sul
territorio.
La presentazione aveva
obiettivi che andavano oltre il libro, quelli di interessare la
realtà torinese alla vicenda ben viva in queste settimane e al maxi
processo che a Taranto è ricominciato il mese scorso e vede tre
avvocati torinesi ben conosciuti (Avv. Bonetto, Vitale, Pellegrin)
protagonisti come legali di un centinaio di operai, lavoratori e
cittadini autorganizzati e di associazioni attive sulla vicenda quali
lo Slai cobas sc di Taranto e Medicina democratica.
Infine, la presentazione è
avvenuta in un momento in cui a Torino si sono appena consumate le
vicende giudiziarie di analoga importanza che hanno riguardato la ThyssenKrupp e l'Eternit.
vicende giudiziarie di analoga importanza che hanno riguardato la ThyssenKrupp e l'Eternit.
Nell'intervento
introduttivo è stato raccontato come la vicenda Ilva sia esplosa ma
anche implosa. Diverse forze, soprattutto nei due anni caldi
2012/2013 hanno agito (e agiscono) con vari interessi, ognuna
portando una propria posizione, contribuendo alla “tempesta
perfetta”.
Nei due anni in cui è esplosa una
rivolta che metteva in discussione non solo gli effetti ma anche le
cause.
Dal 2012 tutti i governi che si sono
succeduti hanno fatto decreti. L'ultimo il 10° è una sorta di
compendio dei precedenti – l'inchiesta aveva parlato di 60 gg per
la messa a norma, il 10° decreto proroga al 2019, introducendo
l'immunità per i nuovi padroni, una sorta di “scudo giudiziario”.
Si tratta - è stato detto - di una
guerra di bassa intensità, in cui sono in gioco gli interessi della
grandi multinazionali dell'acciaio.
Ma c'è da dire che mentre perfino al
G7 in Giappone si è parlato dell'Ilva, in Italia, a livello
nazionale, nelle aree di movimento, del sindacalismo di base, non se
ne parla o se ne parla solo come “vicenda di dolore”.
Il dramma epocale è anche questo. Non
è solo quello di una fabbrica capitalista, cartina di tornasole
dell'attacco alla salute e al lavoro, ma anche il dramma che non vi è
consapevolezza della partita in gioco, della valenza nazionale della
questione Ilva.
Il libro racconta di questa mancata
trasformazione di una grande vicenda in opportunità.
Il libro mostra come non è vero la
vulgata secondo cui gli operai non hanno lottato per la salute. Anche
a Taranto negli anni 70/80 vi è stato un grande movimento di lotta
operaia che ha affrontato i temi della salute, sicurezza, ambiente e
fatto anche piattaforme dettagliate. In questa fabbrica gli operai
hanno sempre lottato, resistito, ma hanno perso. Perchè non c'era il
sindacato di classe, il partito comunista.
Come non è vera l'altra vulgata
secondo cui gli operai nell'attuale vicenda stanno tutti con
l'azienda. Si tratta di luoghi comuni per caratterizzare l'apparenza
dello scontro non la verità dei fatti.
Parte degli ambientalisti hanno fatto
una guerra agli operai, ma prima che scoppiasse la vicenda
dell'inchiesta avevano lasciato soli gli operai, sia quando morivano,
sia quando lottavano. Oggi poi si sostiene una filosofia idealistica
del mondo della fabbrica, della società, che trasforma vicende reali
in categorie astratte
La stessa inchiesta rende invisibili
gli operai, si parla di impianti come se operassero senza persone.
Queste correnti hanno prodotto un
secondo “disastro”, quello soggettivo.
L'Ilva non è una fabbrica di Taranto
ma il paradigma di una realtà che mostra che: nocivo è il capitale
non la fabbrica. E il libro radiografa un sistema che si chiama
sistema del capitale.
Sono seguiti gli
interventi degli avvocati.
L'Avv. Bonetto ha detto che il libro
“Ilva la tempesta perfetta” dovrebbe essere letto e diffuso
“quasi obbligatoriamente”.
Nessuno sa nulla di questa vicenda,
alcuni pensano che l'Ilva sia chiusa. Vi sono situazioni di cui si
parla ogni giorno mentre dell'Ilva non si parla mai, o appena si
parla, si fa un decreto (Renzi come un Richelieu).
L'importanza
di questo libro è che costringe ad affrontare i problemi reali.
Quindi
è tornato sul processo: Già negli anni passati il Procuratore
Sebastio di Taranto faceva inchieste, faceva lettere al Ministero, ma
in tutti questi anni non ha mai ricevuto una risposta; per questo
processo “ambiente svenduto” la Procura ha dovuto scavalcare
polizia e carabinieri.
Il
processo Ilva è l'unico processo che è tornato indietro.
Il
processo è una cristallizzazione di una certa verità. In questo
processo c'è ogni cosa.
L'Eternit
aveva cessato di produrre nel 1987 e qualsiasi cosa facesse non
avrebbe cambiato nulla. Con l'Ilva c'è una fabbrica in piedi.
Non
credo – ha detto infine – che si possa guardare a Taranto come ad
una contrapposizione tra chi vuole il lavoro e chi lotta per la
salute. Taranto è una città operaia e la maggiorparte delle persone
fa una vita da operaio e grosso modo la pensa come gli operai.
L'Avv.
Pellegrin – di cui abbiamo già pubblicato uno scritto critico
sull'istanza di trasferimento da Taranto del processo fatta dagli
avvocati di Riva – sempre riferendosi alla vicenda del
“trasferimento”, ha detto che paradossalmente quando gli avvocati
degli imputati al processo parlano non utilizzano luoghi comuni ma i
fatti descritti nel libro “Ilva la tempesta perfetta”: partendo
dal fatto che “la fabbrica permea l'intera città di Taranto”.
L'istanza chiede il trasferimento del processo in nome della “difesa
delle giustizia”, dicendo che, altrimenti: “qui crolla l'intero
sistema...”
Nello
stesso tempo Pellegrin ha detto come sia necessaria la partecipazione
operaia e popolare, delle parti civili al processo: chi al processo
non vuole “disturbare il manovratore” o dice: “evitiamo di
mettere tutto in discussione”, ha già così egli stesso “portato
via il processo”
Infine,
ha concluso affermando che una discussione che voglia essere reale
sulla questione Ilva/Taranto, che non si eserciti in maniera
idealistica sulle “soluzioni alternative”, deve partire da un
fatto semplice: il capitalismo, per buono o cattivo che sia, resta
sempre capitalismo.
Dopo queste corpose
introduzioni e tenendo conto dei limiti di tempo, si sono susseguiti
degli interventi volti a indicare proposte, forme di coinvolgimento
dei lavoratori e della pubblica opinione e, infine, alla ricerca di
contributi tecnico-scientifici e artistici che possano dar forza alla
battaglia sociale e legale verso una soluzione della vicenda Ilva e
Taranto che permetta effettivamente di difendere lavoro e salute e di
ottenere anche in Tribunale giustizia e risarcimenti per il disastro
ambientale che gli operai e i cittadini di Taranto hanno pagato e
pagano duramente sull'altare del profitto capitalista.
Particolarmente
interessante è stato l'impegno assunto da alcuni degli intervenuti
per proporre il dibattito sul libro e sulla vicenda Ilva-Taranto nel
movimento No Tav e nelle altre realtà torinesi.
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