Gli incontri sindacali a Taranto nella
scorsa settimana e a Roma oggi stanno facendo chiarezza su ciò che i
padroni e il governo vogliono fare per l'Ilva.
Innanzitutto, una gestione flessibile
dei prossimi mesi che comporterà ulteriore “solidarietà”, che
sarà gestita come sempre secondo i numeri dell'azienda, con “figli
e figliastri2 tra i lavoratori, tra chi non ne farà per niente e
potrà conservare il salario per intero e chi invece se lo vedrà
falcidiato.
Il piano di fermi è fatto all'interno
del mantenimento dei picchi produttivi attuali e, di conseguenza,
vuol dire, per chi sta in fabbrica, più lavoro, più sfruttamento,
con meno operai.
I sindacati hanno già dato l'Ok a
questo piano, l'Usb compresa anche se non lo fa sapere come è
avvenuto peraltro sempre per i contratti di solidarietà. A che
servono questi contratti di solidarietà, nella congiuntura l'abbiamo
già detto, in prospettiva a testare il numero degli esuberi.
E qui veniamo al Tavolo romano. Dove si
discute di cordate e si tratta col governo da che parte stare:
ArcelorMittal (Marcegaglia), o Erdemir-Turchi (Arvedi), con una barca
di soldi dello Stato attraverso la Cassa depositi e prestiti.
“Se non è zuppa è pan bagnato”.
Il problema non è scegliersi il padrone e legarsi alle sue promesse.
Anche Riva quando si prese l'Ilva promise che l'avrebbe risanata e
messa a norma, come è andata a finire poi lo vediamo tutti.
“Se non è zuppa è pan bagnato”
significa volumi produttivi che prevedono il taglio almeno di un 30%
degli operai, considerando anche l'appalto.
E' inutile dire, poi, che ci resterà
avrà livelli di sfruttamento indiani o turchi, nel senso vero della
parola. E Marcegaglia e Arvedi chiuderanno i loro stabilimenti per
buttarsi sull'affare dell'Ilva.
Chiaramente sono progetti che si
realizzeranno a medio periodo e, intanto, nello stabilimento in mano
ai commissari andrà sempre peggio.
Noi chiediamo un'assemblea generale e
non le finte assemblee di reparto. Vogliamo che tutti gli operai
sentano una sola cosa dai sindacalisti e possano far sentire la loro
voce e imporre i loro interessi di difendere lavoro, salute e
sicurezza, salari, diritti.
Ma tutti non vogliono fare l'assemblea
generale, l'Usb compresa. Gli piace amministrare gli orticelli
piuttosto che misurarsi con tutti i lavoratori.
Fim e Uilm gestiscono l'esistente,
minacciano scioperi e mobilitazioni se...se...se, il cui ultimo
sciopero abbiamo visto a che è servito...
La Fiom abbaia alla luna, si butta
sulle piccole cose e ha fiducia nel governo e nello Stato.
L'USB annuncia un piano di assemblee,
la proposta di uno sciopero, una marcia dall'Ilva all'Eni, una
raccolta di firme, per mandare prima gli operai in pensione.
Propone cioè ora quello che avrebbe
dovuto fare prima, da circa 2 anni e che lo Slai cobas aveva proposto
con il “Decreto operaio”.
Ma, intanto, che cosa ha fatto. Nessuna
reale opposizione ai decreti, la ripresa del lavoro e la revoca dello
sciopero quando vi è stato il sequestro dell'Afo2, per la morte di
Alessandro Morricella; l'incontro con Renzi, con foto ricordo, quando
è venuto con una toccata e fuga a Taranto; per non parlare il “culo
e camicia” con Emiliano, altro trombone. Lo sciopero lo ha fatto
l'Usb ma insieme alla Confindustria.
Il 10° decreto affossa
ambientalizzazione e bonifiche e concede immunità ai nuovi padroni
(gli attuali commissari ce l'hanno già).
Esso, però, offre l'occasione per
unire operai e popolazione e pretendere lavoro, salute e sicurezza.
E' questa la strada che dobbiamo
scegliere. Questa strada si può percorrere solo con il blocco
generale della fabbrica e della città.
Le marcette, gli scioperi per
incontrare il prefetto e il giro degli ospedali, non permettono di
ottenere nulla; è una linea che serve, nonostante le buone
intenzione, ad accompagnare i morti e il morto (Ilva).
ASSEMBLEA GENERALE SUBITO!
APRIRE LA FABBRICA ALLA CITTA'!
BLOCCARE UNITI, OPERAI E CITTADINI,
FABBRICA E CITTA'!
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