Da quindici giorni ormai
gli operai dell'ex petrolchimico di Gela sono in lotta per le strade
della città, e si susseguono blocchi stradali da ogni parte.
Gli operai con il
sostegno di tutta la città stanno dimostrando di non voler accettare
ulteriori prese in giro come la cassa integrazione per tre mesi,
fino ad aprile, “concessa” dal governo ma risultato delle lotte
di questi giorni. Al goveno e al Ministero serve come sempre prendere
tempo! Ma gli operai non ci stanno. Vogliono delle soluzioni ora. Non
è possibile aspettare ancora la riunione del 18 febbraio a
Palermo, quella in cui si dovrebbero sbloccare le procedure dei
permessi di tipo ambientale e addirittura l'altra riunione del 24
febbraio presso il Ministero dello Sviluppo Economico a Roma
(questo nome è una barzelletta, ma quale sviluppo economico?).
La forza dimostrata dagli
operai sta raccogliendo consensi tra altri operai, come gli operai
chimici scesi anch'essi in piazza ieri tutto il giorno a bloccare
strade, e anche in altri settori come quello dell'agricoltura.
La vertenza è durissima,
tanto che i consiglieri del Pd, per recuperare un po' di credibilità,
hanno deciso di sospendersi dal partito fino a quando il governo non
troverà una soluzione.
Questa soluzione per
adesso sembra molto lontana perchè di fatto è tutto fermo, non solo
perché
l'Eni, nonostante l'accordo, ha detto che se non ci saranno le autorizzazioni ambientali non inizierà i lavori, ma perché dei famosi 2,2 miliardi previsti per l'investimento solo una piccola parte riguarda in realtà i lavori di riconversione e inoltre, per dirla tutta, questo piano di riconversione è molto fumoso, dato che prevede la produzione di combustibile ecologico ricavato dalla lavorazione dell'olio di palma. Quest'olio dovrebbe arrivare dall'Indonesia visto che in Sicilia non c'è questo tipo di produzione agricola. Una cosa, se davvero dovesse partire, molto complicata e con ripercussioni forti per gli operai.
l'Eni, nonostante l'accordo, ha detto che se non ci saranno le autorizzazioni ambientali non inizierà i lavori, ma perché dei famosi 2,2 miliardi previsti per l'investimento solo una piccola parte riguarda in realtà i lavori di riconversione e inoltre, per dirla tutta, questo piano di riconversione è molto fumoso, dato che prevede la produzione di combustibile ecologico ricavato dalla lavorazione dell'olio di palma. Quest'olio dovrebbe arrivare dall'Indonesia visto che in Sicilia non c'è questo tipo di produzione agricola. Una cosa, se davvero dovesse partire, molto complicata e con ripercussioni forti per gli operai.
In questo senso è molto
concreto il prete che si è schierato apertamente con gli operai
invitando e partecipando alla lotta perfino dal pulpito della chiesa.
Il parroco, che è confessore di Crocetta, si dice molto deluso
dal presidente della Regione (ricordiamo che Gela è la sua città
e Crocetta è pure pensionato Eni!), perché al contrario del
presidente della Regione Toscana non è riuscito a salvare questi
operai e perché “aveva promesso di lottare come l'ultimo samurai,
ma qui a fare i samurai sono rimasti soltanto gli operai.”
Ma il parroco si esprime
anche nel merito della vertenza e dice che “Bisognava firmare
l'accordo con l'Eni soltanto quando fosse stato sul tavolo il
progetto esecutivo. Solo allora si poteva fermare l'impianto”,
e sul progetto di riconversione dice che “è un passo indietro.
Parliamoci chiaro: si perdono almeno 700 posti di lavoro”. E
ancora, alla domanda del giornalista: “Ma si può ancora investire
sul petrolio? Forse una svolta 'verde' è necessaria”, il parroco
risponde: “Si poteva mantenere la raffineria non bruciandoil coke
ma utilizzando risorse alternative”.
Si tratta di una bella
serie di accuse non solo al governo nazionale e regionale ma anche ai
sindacalisti che adesso si preparano a nuove iniziative: stanno
mandando 100mila cartoline di protesta a Renzi chiedendogli di
“cambiare verso”...!!!
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