In uno dei tanti articoli che si
stanno occupando di capire cosa succede nel mercato mondiale alla materia prima
più importante del sistema di produzione capitalistico, cioè il petrolio, la
frase guerra del petrolio viene messa tra virgolette. Il giornalista è come se
si vergognasse di definirla così, visto che la retorica politica ed economica
di tutti i paesi “civili” è fatta di tante parole come “pace”, “democrazia”, “sviluppo”,
“crescita”…
All’interno dello schema da “guerra
permanente” in cui si trova il capitalismo, che questa del petrolio sia una
guerra sono costretti a dirlo gli stessi “analisti” economici e politici, e
nell’articolo del Sole 24 ore del 21 gennaio scorso le cose vengono dette
piuttosto chiaramente. “Ognuno fa la guerra come può”, così inizia il suo pezzo
il giornalista “gli Usa e l’Occidente con i caccia, i jihidisti con il
terrorismo, i Paesi petroliferi con l’oro nero.” Certo, gli Stati Uniti e l’Occidente
fanno la guerra con i caccia, ma per il petrolio! I jihadisti con il
terrorismo, ma la fanno immersi della più grande area petrolifera del mondo! E i
cosiddetti paesi petroliferi non la fanno solo con il petrolio!
E andiamo al dunque: perché il
prezzo del petrolio è crollato da circa 140 dollari al barile a meno di 30?
Secondo l’analista “Il crollo dei
prezzi è uno degli aspetti della guerra del Medio Oriente lanciata nel 2014 dai
sauditi con la sovrapproduzione di oro nero per contrastare la concorrenza di
produttori americani, canadesi e russi ma soprattutto per asfissiare l’economia
dell’Iran, alleato di Bashar Assad, portabandiera del fronte sciita e storico
rivale nel Golfo.”
Quindi in questa guerra generale
per il petrolio l’Arabia Saudita, il più grande paese produttore di petrolio
del mondo, sembra giocare il ruolo principale.
1. Attacca l’Iran, anch’esso grande
paese produttore di petrolio, e suo nemico storico, e così lo dice il giornalista:
“Riad aveva intuito da tempo che Teheran andava verso un accordo sul nucleare
per farsi togliere l’embargo: affossare le quotazioni del greggio è la peggiore
sanzione che poteva imporre a un altro Paese petrolifero, concorrente sul
mercato e nemico sui campi di battaglia.”
2. Prova a battere la concorrenza
dei produttori americani, canadesi e russi.
Uno dei motivi della rabbia dell’Arabia
Saudita contro i “produttori americani e canadesi” è che così facendo gli Stati
Uniti e il Canada, con le nuove tecniche di estrazione del petrolio, sono
diventati paesi di fatto autosufficienti. L’Arabia Saudita è arrabbiata
soprattutto con gli Stati Uniti che da sempre sostengono con armi e acquisto di
petrolio le monarchie di questo paese, tanto che “I sauditi acquistano circa 80
miliardi di dollari di armi l’anno, in buona parte dagli Usa…”. Contro i russi,
la cui produzione di petrolio è fondamentale per tutta l’economia e la
sopravvivenza di tutto il sistema, invece, perché questi sostengono
militarmente la Siria, di cui l’Arabia Saudita è nemica mortale.
“Quando durerà la guerra del
petrolio?” si chiede il giornalista, che prova a disegnare alcuni scenari: “Per
resistere i sauditi contano, oltre che sulle loro riserve di 650 miliardi di dollari, sui bassi costi di produzione intorno ai 2-3 dollari al barile,
inferiori a quelli iraniani che secondo una recente dichiarazione ufficiale
estraggono il loro petrolio a 5 dollari.” (Costo
di produzione di 2-3 dollari al barile! Mentre il prezzo degli ultimi tempi
era arrivato appunto a 140! Per questo
dicevamo in un altro articolo che se il prezzo è tenuto alto artificialmente,
perché i paesi produttori si mettono d’accordo. E infatti quando non sono d’accordo
il prezzo scende!)
Scenari davvero catastrofici e
cinici quando dice per esempio che il prezzo potrà risalire solo “se la guerra
si allarga alle rotte del petrolio nel Golfo.”
Su questi e sugli aspetti più
prettamente “economici” torneremo con altri articoli. Qui vogliamo concludere
con una “illusione” tutta borghese espressa dal giornalista quando dice che “il
crollo del greggio è il simbolo di un sistema fuori controllo dove
l’irrazionalità prevale persino sugli interessi.” L’“irrazionalità” di questo
sistema di guerra permanente in tutti i campi è la sua propria razionalità!
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