giovedì 4 febbraio 2016

pc 4 febbraio - La guerra del petrolio, una guerra fondamentale per l'imperialismo



In uno dei tanti articoli che si stanno occupando di capire cosa succede nel mercato mondiale alla materia prima più importante del sistema di produzione capitalistico, cioè il petrolio, la frase guerra del petrolio viene messa tra virgolette. Il giornalista è come se si vergognasse di definirla così, visto che la retorica politica ed economica di tutti i paesi “civili” è fatta di tante parole come “pace”, “democrazia”, “sviluppo”, “crescita”…

All’interno dello schema da “guerra permanente” in cui si trova il capitalismo, che questa del petrolio sia una guerra sono costretti a dirlo gli stessi “analisti” economici e politici, e nell’articolo del Sole 24 ore del 21 gennaio scorso le cose vengono dette piuttosto chiaramente. “Ognuno fa la guerra come può”, così inizia il suo pezzo il giornalista “gli Usa e l’Occidente con i caccia, i jihidisti con il terrorismo, i Paesi petroliferi con l’oro nero.” Certo, gli Stati Uniti e l’Occidente fanno la guerra con i caccia, ma per il petrolio! I jihadisti con il terrorismo, ma la fanno immersi della più grande area petrolifera del mondo! E i cosiddetti paesi petroliferi non la fanno solo con il petrolio!

E andiamo al dunque: perché il prezzo del petrolio è crollato da circa 140 dollari al barile a meno di 30? 
Secondo l’analista “Il crollo dei prezzi è uno degli aspetti della guerra del Medio Oriente lanciata nel 2014 dai sauditi con la sovrapproduzione di oro nero per contrastare la concorrenza di produttori americani, canadesi e russi ma soprattutto per asfissiare l’economia dell’Iran, alleato di Bashar Assad, portabandiera del fronte sciita e storico rivale nel Golfo.”
Quindi in questa guerra generale per il petrolio l’Arabia Saudita, il più grande paese produttore di petrolio del mondo, sembra giocare il ruolo principale. 

1. Attacca l’Iran, anch’esso grande paese produttore di petrolio, e suo nemico storico, e così lo dice il giornalista: “Riad aveva intuito da tempo che Teheran andava verso un accordo sul nucleare per farsi togliere l’embargo: affossare le quotazioni del greggio è la peggiore sanzione che poteva imporre a un altro Paese petrolifero, concorrente sul mercato e nemico sui campi di battaglia.”

2. Prova a battere la concorrenza dei produttori americani, canadesi e russi.

Uno dei motivi della rabbia dell’Arabia Saudita contro i “produttori americani e canadesi” è che così facendo gli Stati Uniti e il Canada, con le nuove tecniche di estrazione del petrolio, sono diventati paesi di fatto autosufficienti. L’Arabia Saudita è arrabbiata soprattutto con gli Stati Uniti che da sempre sostengono con armi e acquisto di petrolio le monarchie di questo paese, tanto che “I sauditi acquistano circa 80 miliardi di dollari di armi l’anno, in buona parte dagli Usa…”. Contro i russi, la cui produzione di petrolio è fondamentale per tutta l’economia e la sopravvivenza di tutto il sistema, invece, perché questi sostengono militarmente la Siria, di cui l’Arabia Saudita è nemica mortale.

“Quando durerà la guerra del petrolio?” si chiede il giornalista, che prova a disegnare alcuni scenari: “Per resistere i sauditi contano, oltre che sulle loro riserve di 650 miliardi di dollari, sui bassi costi di produzione intorno ai 2-3 dollari al barile, inferiori a quelli iraniani che secondo una recente dichiarazione ufficiale estraggono il loro petrolio a 5 dollari.” (Costo di produzione di 2-3 dollari al barile! Mentre il prezzo degli ultimi tempi era arrivato appunto a 140! Per questo dicevamo in un altro articolo che se il prezzo è tenuto alto artificialmente, perché i paesi produttori si mettono d’accordo. E infatti quando non sono d’accordo il prezzo scende!)
Scenari davvero catastrofici e cinici quando dice per esempio che il prezzo potrà risalire solo “se la guerra si allarga alle rotte del petrolio nel Golfo.”

Su questi e sugli aspetti più prettamente “economici” torneremo con altri articoli. Qui vogliamo concludere con una “illusione” tutta borghese espressa dal giornalista quando dice che “il crollo del greggio è il simbolo di un sistema fuori controllo dove l’irrazionalità prevale persino sugli interessi.” L’“irrazionalità” di questo sistema di guerra permanente in tutti i campi è la sua propria razionalità!

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