L’allarme l’ha lanciato Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil: in Commissione Lavoro alla Camera è arrivato un disegno di legge delega che contiene un punto gravissimo. In pratica, la pensione di reversibilità, quasi sempre appannaggio delle donne, verrà considerata una prestazione assistenziale e non previdenziale. E che significa questo? Tantissimo, purtroppo. Lungi dall’essere un diritto individuale, come di fatto dovrebbe essere, la pensione di reversibilità sarà legata all’Isee, cioè al reddito familiare. Solo in apparenza si tratta di una rivoluzione meritocratica. In pratica, è un modo per demolire un diritto individuale e rendere la pensione, frutto di contributi versati, inaccessibile per centinaia di migliaia di donne (e uomini).
Il nuovo ddl di riordino delle prestazioni assistenziali prevede limiti severissimi per ottenere la pensione di reversibilità.
Lo Stato batte cassa sulle spalle delle vedove: a lanciare l’allarme è il segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti, in base al contenuto del disegno di legge sul riordino delle prestazioni assistenziali, attualmente in Commissione Lavoro alla Camera, già approvato dal Consiglio dei Ministri. Il ddl, infatti, ha due disposizioni che, se mantenute così come sono, causeranno un vero e proprio terremoto sociale:
– in primo luogo, qualsiasi trattamento di assistenza sarà legato all’Isee della famiglia;
– in secondo luogo, la pensione di reversibilità diverrà una prestazione assistenziale, e non più previdenziale.
In parole povere, questo significa che potranno avere la reversibilità solo coloro che non possiedono nulla, o quasi, perché basta avere qualche risparmio in banca, o la convivenza con una persona con un minimo di reddito, per far alzare l’indice Isee.
NOTA - Per un approfondimento leggi “Reversibilità e assegno sociale solo a chi ha Isee basso“.
Indice Isee
L’indicatore Isee, in pratica, serve a misurare la ricchezza di una famiglia: la misura, però, non si basa solo sui redditi percepiti, ma anche sul patrimonio di ogni componente del nucleo familiare.
È sufficiente, cioè, che un familiare possieda una casa o un terreno, anche se non frutta un euro, perché si sfori la soglia Isee utile per percepire i trattamenti assistenziali; così come un conto corrente bancario, o un libretto postale, possono far andare oltre la soglia, anche se si tratta dei risparmi di una vita di lavoro e sacrifici.
Entrano, poi, nel nucleo Isee, non solo tutti coloro che fanno parte dello stesso stato di famiglia (in generale tutti i residenti nella stessa abitazione, a meno che non si richiedano al Comune degli stati di famiglia separati, ma non vi devono essere legami di parentela o affettivi), ma anche altri soggetti non conviventi, come i genitori di figli minorenni, anche se non coniugati, ed il figlio studente universitario.
Insomma, ci vuole davvero molto poco per superare i rigidi limiti imposti dal Governo, anche se non si possiedono redditi.
Pensione di reversibilità. Tali limiti saranno validi anche per percepire la pensione di reversibilità (cioè la pensione ai superstiti, che può essere di reversibilità o indiretta), in quanto il ddl la qualifica come prestazione assistenziale.
Tale qualifica, però, appare ingiusta, poiché la reversibilità è un trattamento che si basa sui contributi versati nell’arco della vita lavorativa del deceduto: in questo modo si porrebbe in essere un furto legalizzato da parte dello Stato, che incamererebbe i contributi previdenziali versati dai lavoratori, senza devolverli agli eredi aventi diritto. Peraltro, già da tempo sono previsti dei limiti di reddito per percepire il trattamento.
Non tranquillizza il fatto che le prestazioni già in essere non saranno toccate, ma soltanto quelle concesse dall’entrata in vigore della norma: in questo modo, al contrario, si andranno a colpire proprio i più bisognosi, in quanto le future pensioni saranno sempre più magre.
Si spera dunque in una marcia indietro sul ddl, che almeno tenga conto del reddito effettivo dei beneficiari, e non del patrimonio.
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