Condividiamo questa denuncia, che è un grido anche sulla necessità di una mobilitazione in ogni città e a livello nazionale. Per questo, dopo questo intervento, riportiamo l'appello che viene da Taranto, per una manifestazione ai primi di marzo.
"...Alla tragedia che si sta compiendo sotto i nostri occhi, i governi rispondono con nuove misure di chiusura e mettendo in campo un apparato internazionale di guerra sempre più esplicito e ampio.
Alla frontiera tra Turchia e Siria decine di migliaia di persone si affollano in cerca di salvezza dalle bombe russe e dall’accerchiamento del dittatore Bashar Al Assad.
L’Europa, Angela Merkel in testa, chiede a Erdogan di fermarle e di farsi carico di quelle che riescono a passare. La Turchia ospita già 2,5 milioni di profughi, dovrebbe prenderne altri e fare da cane da guardia dell’Ue in cambio dei tre miliardi d’euro promessi. Nessun cenno alla questione kurda in questa trattativa, ai diritti umani calpestati in Turchia, tanto meno alla responsabilità di dare una risposta alle persone, e sono la quasi totalità, in fuga da morte certa. Intanto la Turchia usa l’esercito per bloccare i profughi e respingerli verso le zone di guerra.
Nel mar Egeo ogni giorno muoiono decine di persone. Più di 400 dall’inizio dell’anno. L’Ue chiede alla Grecia di respingerne di più e di fermarne di più entro i propri confini. Minaccia il governo greco di estromissione dallo spazio di libera circolazione se non riesce a fermare i flussi di profughi verso il nord Europa... Ai greci si chiede di pattugliare l’Egeo facendo quello che i razzisti di casa nostra propongono da anni: respingere le persone in mare per dissuaderle dal partire.
Decide di entrare in campo la Nato, tra gli applausi del governo italiano, per dare man forte a quella che è oramai una guerra contro i profughi.
All’Italia, come alla Grecia, viene chiesto di accelerare l’apertura degli hot spot, sempre con
l’obiettivo di impedire ai profughi sopravvissuti di arrivare nelle nostre città. Il discriminatorio sistema hot spot costruito intorno all’ipotesi di una politica di rimpatrio forzato di massa...
Aumentano i costi, per gli enti locali, di un’accoglienza negata e non integrata, aumenta il lavoro della magistratura che deve farsi carico di tutti i ricorsi per il negato accesso alla procedura d’asilo.
La Commissione europea risponde a queste violazioni del diritto avviando un dialogo con la maggior parte dei Paesi dai quali provengono i richiedenti asilo che raggiungono le nostre coste: si sta lavorando ad accordi con Gambia, Ghana, Senegal, Costa d’Avorio, Pakistan e Afghanistan. La risposta ancora una volta va nella direzione sbagliata, irresponsabile e criminale: permettere i rimpatri forzati nei Paesi da cui le persone fuggono, quasi sempre retti da dittature. La strategia: provare a fermarli lontano dai nostri confini, con ogni mezzo, soprattutto con l’esercito.
Se riescono comunque a passare, provare a fermarli ai confini dell’Ue. Respingerli indietro con strumenti di guerra: le navi di Frontex e i mezzi della Nato. Quelli rimasti, decimarli con il sistema degli hot spot e provare a rimandarli in uno dei paesi cosiddetti “sicuri”, inseriti in una lista che i governi europei stanno cercando di rendere operativa.
Eppure i 400 morti del 2016, 10 al giorno, vanno attribuiti alla diretta responsabilità dei governi europei, che continuano a pianificare azioni volte solo a impedire ai profughi di mettersi in salvo.
L’Europa della solidarietà e dei diritti deve scendere in piazza. Di fronte a questo scempio non possiamo più stare a guardare.
"...Alla tragedia che si sta compiendo sotto i nostri occhi, i governi rispondono con nuove misure di chiusura e mettendo in campo un apparato internazionale di guerra sempre più esplicito e ampio.
Alla frontiera tra Turchia e Siria decine di migliaia di persone si affollano in cerca di salvezza dalle bombe russe e dall’accerchiamento del dittatore Bashar Al Assad.
L’Europa, Angela Merkel in testa, chiede a Erdogan di fermarle e di farsi carico di quelle che riescono a passare. La Turchia ospita già 2,5 milioni di profughi, dovrebbe prenderne altri e fare da cane da guardia dell’Ue in cambio dei tre miliardi d’euro promessi. Nessun cenno alla questione kurda in questa trattativa, ai diritti umani calpestati in Turchia, tanto meno alla responsabilità di dare una risposta alle persone, e sono la quasi totalità, in fuga da morte certa. Intanto la Turchia usa l’esercito per bloccare i profughi e respingerli verso le zone di guerra.
Nel mar Egeo ogni giorno muoiono decine di persone. Più di 400 dall’inizio dell’anno. L’Ue chiede alla Grecia di respingerne di più e di fermarne di più entro i propri confini. Minaccia il governo greco di estromissione dallo spazio di libera circolazione se non riesce a fermare i flussi di profughi verso il nord Europa... Ai greci si chiede di pattugliare l’Egeo facendo quello che i razzisti di casa nostra propongono da anni: respingere le persone in mare per dissuaderle dal partire.
Decide di entrare in campo la Nato, tra gli applausi del governo italiano, per dare man forte a quella che è oramai una guerra contro i profughi.
All’Italia, come alla Grecia, viene chiesto di accelerare l’apertura degli hot spot, sempre con
l’obiettivo di impedire ai profughi sopravvissuti di arrivare nelle nostre città. Il discriminatorio sistema hot spot costruito intorno all’ipotesi di una politica di rimpatrio forzato di massa...
Aumentano i costi, per gli enti locali, di un’accoglienza negata e non integrata, aumenta il lavoro della magistratura che deve farsi carico di tutti i ricorsi per il negato accesso alla procedura d’asilo.
La Commissione europea risponde a queste violazioni del diritto avviando un dialogo con la maggior parte dei Paesi dai quali provengono i richiedenti asilo che raggiungono le nostre coste: si sta lavorando ad accordi con Gambia, Ghana, Senegal, Costa d’Avorio, Pakistan e Afghanistan. La risposta ancora una volta va nella direzione sbagliata, irresponsabile e criminale: permettere i rimpatri forzati nei Paesi da cui le persone fuggono, quasi sempre retti da dittature. La strategia: provare a fermarli lontano dai nostri confini, con ogni mezzo, soprattutto con l’esercito.
Se riescono comunque a passare, provare a fermarli ai confini dell’Ue. Respingerli indietro con strumenti di guerra: le navi di Frontex e i mezzi della Nato. Quelli rimasti, decimarli con il sistema degli hot spot e provare a rimandarli in uno dei paesi cosiddetti “sicuri”, inseriti in una lista che i governi europei stanno cercando di rendere operativa.
Eppure i 400 morti del 2016, 10 al giorno, vanno attribuiti alla diretta responsabilità dei governi europei, che continuano a pianificare azioni volte solo a impedire ai profughi di mettersi in salvo.
L’Europa della solidarietà e dei diritti deve scendere in piazza. Di fronte a questo scempio non possiamo più stare a guardare.
* vicepresidente nazionale Arci
L'APPELLO DA TARANTO DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE
Dopo la Sicilia, Taranto sarà la prossima sede degli hotspot, mentre già nel silenzio sono in atto pratiche di respingimenti dei migranti che anticipano quelle degli hotspot.
Questo è un fatto molto grave, che deve trovare al più presto a Taranto un'opposizione e una mobilitazione dei migranti, degli antirazzisti, degli antimperialisti e tutti i sinceri democratici, associazioni che vogliono effettivamente assistere e non speculare sui migranti.
La creazione dell'hotspot a Taranto trasformerebbe una situazione di accoglienza, convivenza in una situazione di creazione ad arte, per i soli interessi economico-politici dell'imperialismo italiano, in collusione e/o contesa, con gli altri paesi imperialisti europei, di forti contrasti, repressione, caccia all'immigrato, con l'inevitabile crezione di un humus razzista. I migranti sarebbero ricacciati, rinchiusi come criminali nei nuovi o riaperti CIE prima di essere rispediti nei paesi da cui sono scappati; mentre coloro che sono già sul nostro territorio da mesi e anche anni (es. i migranti del Bel Sit) e in attesa del diritto di asilo, sarebbero trasformati da un giorno all'altro in "clandestini", con tutta la vergognosa situazione sociale che ne deriva, e senza più l'attuale assistenza nei centri di accoglienza.
Contro questo, prima che si avvii la creazione a Taranto dell'Hotspot è necessario mobilitarci.
Rispetto a questa necessaria mobilitazione i migranti sono la prima fila e non "l'ultima", con una falsa e sbagliata idea di "protezione".
Abbiamo visto anche nei mesi scorsi che la lotta in prima persona dei migranti del Bel sit, una bella, forte, orgogliosa lotta che ha fatto conoscere a parte della città chi sono i migranti al di là di pregiudizi stupidi e fomentati, è stata la via giusta e decisiva per ottenere il documento di identità. I migranti, con l'aiuto e l'organizzazione dello Slai cobas per il sindacato di classe si sono uniti, si sono autorganizzati, hanno deciso tutti i passaggi della lotta, E HANNO VINTO!
Oggi in scala più grande occorre riprendere questo tipo di mobilitazione. I migranti non devono delegare, nè hanno bisogno di "italiani che li proteggono", ma hanno bisogno di antirazzisti, antimperialisti, associazioni, sindacati di base che li sostengano, che stiano al loro fianco, che si mettano in gioco contro lo Stato, il governo, la polizia. Altrimenti con tutte le buone intenzioni, gratta gratta dietro "il compagno", l"antirazzista", il "democratico" italiano appare un'altra forma sia pur nobile di sottile razzismo imperialista, da cui nessuno si può dire "vaccinato".
Chiaramente una mobilitazione oggi, sulla questione hotspot a Taranto richiede una unità più larga dei migranti, possibilmente della maggioranza dei migranti esistenti in città e provincia nelle varie strutture di accoglienza, e le associazioni sincere devono favorire questa unità. MA OCCORRE COMINCIARE, altrimenti può essere troppo tardi.
Proponiamo, in conclusione, di costruire per marzo una manifestazione, sulle parole d'ordini: "NO HOTSPOT", "RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO D'ASILO A TUTTI I MIGRANTI, INDIPENDENTEMENTE DALLA NAZIONALITA'".
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