Sono ex dipendenti del servizio sicurezza. Il
giudice sospende l'udienza e dispone accertamenti sui tabulati telefonici tra un
avvocato difensore e i testimoniDue dei
principali testimoni d'accusa al processo per i morti d'amianto all'Olivetti
rivedono le dichiarazioni che avevano dato maggior vigore all'inchiesta mentre
si lavorava alle indagini. Sono Luisa Arras e Paolo Silvio Fornero, due ex
dipendenti di Olivetti, del servizio organizzazione sicurezza sul lavoro, che
ieri sono stati sentiti nel processo che si celebra davanti al giudice Elena
Stoppini e che ha 18 imputati a vario titolo di omicidio colposo e lesioni. "Si
sa che le aziende non vogliono fare emergere nero su bianco le anomalie - aveva
detto Luisa Arras davanti al pubblico ministero nel corso delle indagini - anche
da noi funzionava così, esami che davano esito allarmante venivano ripetuti e,
se restavano ancora sopra i livelli di legge, non venivano scritti nei report".
Ieri, invece, tra mille tentennamenti, la testimone ha disconosciuto quelle sue
dichiarazioni. "Mi fecero domande generiche - ha detto in aula dal banco dei
testimoni - non sapevo che stessimo parlando dell'amianto. E comunque quel
verbale non l'ho riletto perché ero esausta e le mie dichiarazioni sono state
travisate".
Ancor più eclatante la retromarcia di Fornero che fino a ieri era il
testimone di maggior peso nella vicenda del talco con la presenza di tremolite
impiegato come lubrificante nei processi di assemblaggio dei componenti
meccanici. Nell'estate del 2013, sentito dal pm, Fornero aveva dichiarato: "Ci
hanno messo cinque anni a intervenire per cambiare fornitura". Spiegava così che
alle prime avvisaglie di rischio, nel 1981, quando uno studio affidato al
Politecnico rilevò la presenza di particelle pericolose, il servizio per la
sicurezza segnalò all'ufficio acquisti l'urgenza di cambiare prodotto, ma dalla
documentazione ritrovata negli archivi è risultato che solo nel 1986 l'azienda
si decise a cambiare talco. Ieri, nella sua testimonianza di oltre quattro ore,
ha ritrattato completamente facendo tremare tutto l'impianto d'accusa dei pm
Laura Longo e Francesca Traverso.
Senonché, domanda dopo domanda, è
emerso un quadro sospetto tanto che il giudice ha sospeso per qualche minuto
l'udienza e ha poi deciso di disporre accertamenti sui tabulati telefonici. Il
timore è che Fornero possa essere stato condizionato dopo che l'avvocato Luca
Fiore, che difende la sua ex dirigente, Maria Luisa Ravera, lo ha convocato per
due incontri nell'ottobre scorso. Fiore, che ha citato Fornero anche tra i suoi
testi, avrebbe dovuto verbalizzare il contenuto del colloquio ed evitare gli
argomenti oggetto della testimonianza, ma agli atti ha solamente mostrato un
foglio di appunti.
Ancor più eclatante la retromarcia di Fornero che fino a ieri era il testimone di maggior peso nella vicenda del talco con la presenza di tremolite impiegato come lubrificante nei processi di assemblaggio dei componenti meccanici. Nell'estate del 2013, sentito dal pm, Fornero aveva dichiarato: "Ci hanno messo cinque anni a intervenire per cambiare fornitura". Spiegava così che alle prime avvisaglie di rischio, nel 1981, quando uno studio affidato al Politecnico rilevò la presenza di particelle pericolose, il servizio per la sicurezza segnalò all'ufficio acquisti l'urgenza di cambiare prodotto, ma dalla documentazione ritrovata negli archivi è risultato che solo nel 1986 l'azienda si decise a cambiare talco. Ieri, nella sua testimonianza di oltre quattro ore, ha ritrattato completamente facendo tremare tutto l'impianto d'accusa dei pm Laura Longo e Francesca Traverso.
Senonché, domanda dopo domanda, è emerso un quadro sospetto tanto che il giudice ha sospeso per qualche minuto l'udienza e ha poi deciso di disporre accertamenti sui tabulati telefonici. Il timore è che Fornero possa essere stato condizionato dopo che l'avvocato Luca Fiore, che difende la sua ex dirigente, Maria Luisa Ravera, lo ha convocato per due incontri nell'ottobre scorso. Fiore, che ha citato Fornero anche tra i suoi testi, avrebbe dovuto verbalizzare il contenuto del colloquio ed evitare gli argomenti oggetto della testimonianza, ma agli atti ha solamente mostrato un foglio di appunti.
“Dall’81 il talco contaminato non si usava più in azienda”
Ivrea: doppio colpo di scena al processo
per l’amianto Olivetti. Due testimoni ritrattano in aula le dichiarazioni rese
in procura
L’esame del teste: Paolo Fornero parla nell’aula
magna del liceo Gramsci, dove si sta celebrando il processo ai 18 manager
Olivetti accusati di omicidio colposo e lesioni colpose
16/02/2016
IVREA
Doppio colpo di scena, ieri, al processo sulle morti da
esposizione all’amianto alla Olivetti. Due testimoni chiave dell’accusa fanno
retromarcia, smentendo in aula le dichiarazioni che avevano rilasciato alla
Procura di Ivrea nel corso delle indagini. Così il processo che deve far
luce sulla morte per mesotelioma pleurico di 12 ex dipendenti (e di 2 casi di
lavoratori tuttora ammalati) e che ha portato alla sbarra 18 persone tra ex
manager ed ex dirigenti, compresi Carlo e Franco De Benedetti e l’ex ministro
Corrado Passera, subisce un duro contraccolpo. E adesso? Toccherà al giudice del
Tribunale, Elena Stoppini, decidere sulla genuinità dei due testimoni.
Il talco contaminato
È in particolare Paolo Silvio Fornero, 74 anni, un passato dal ’61 al ’96
alla Olivetti ed ex coordinatore del Servizio organizzazione sicurezza sul
lavoro e poi al Sesl, i due enti interni all’azienda che avevano il compito di
monitorare lo stato di salute degli ambienti, a mischiare le carte in tavola.
Era stato lui, nell’agosto 2013, a dire al sostituto
procuratore Lorenzo Boscagli (ora pm a Prato) del talco contaminato da tremolite
d’amianto. Che quel materiale fosse pericoloso lo dice una nota del Politecnico
di Torino, datata febbraio 1981.
Nel 2013 a Fornero viene mostrato un appunto del 30 aprile 1986 in cui lui
annota: «La giacenza attuale viene smaltita come rifiuto» e ai magistrati
Fornero giustifica così quella soluzione tardiva: «Noi del Servizio ecologia
avevamo rilevato la presenza dell’amianto nell’81. Ci hanno messo 5 anni a
decidere». Ieri, in aula, lui dichiara tutt’altro. «Il talco contaminato non è
vero che fu sostituito nel 1986, ma fu cambiato nel 1981».
L’influenza dell’avvocato
Di fronte alle contestazioni del pm, Laura Longo, il
testimone si contraddice più volte, tenta di spiegare. Non convince
affatto. Il pm chiede a Fornero se delle dichiarazioni rilasciate nel
2013 e messe a verbale ne avesse parlato successivamente con qualcuno. Fornero
nega. Poi, incalzato anche dal giudice, ammette di averne parlato ad ottobre
dello scorso anno con un avvocato. «Con chi?» chiede il pm. Con il legale che
difende Maria Luisa Ravera, all’epoca a capo del Servizio ecologia, referente di
Fornero e ora tra i 18 imputati. L’avvocato ad ottobre lo interroga e inserisce
Fornero anche nella propria lista testimoni. È nelle sue facoltà. Ma la domanda
è: fino a che punto si è spinto? Può aver influito sulle dichiarazioni rese in
aula dal testimone? Fornero spiega di essersi recato, dopo l’interrogatorio con
il legale di Ravera, da Silvana Cerutti, l’ispettore dello Spresal che ha
portato avanti le indagini: «Volevo dirle che ne avevo parlato con l’avvocato,
volevo parlare con lei della questione del talco».
Gli altri dubbi
Ci sono, poi, le dichiarazioni di Luisa Arras, anche lei al Sesl, ma faceva
analisi alle strutture. A Boscagli, nel 2013, riferì in verbali che «quando
c’erano valori che non andavano bene o si ripeteva l’esame o non si citava il
dato». Di fronte alle domande in aula, ieri, Arras smentisce
tutto. Sostiene di «aver sottoscritto i verbali ma di non averli riletti».
«Quando fui sentita - spiega - mi riferivo ad analisi ambientali in
generale».
Ivrea: doppio colpo di scena al processo
per l’amianto Olivetti. Due testimoni ritrattano in aula le dichiarazioni rese
in procura
L’esame del teste: Paolo Fornero parla nell’aula
magna del liceo Gramsci, dove si sta celebrando il processo ai 18 manager
Olivetti accusati di omicidio colposo e lesioni colpose
16/02/2016
IVREA
Il talco contaminato
È in particolare Paolo Silvio Fornero, 74 anni, un passato dal ’61 al ’96 alla Olivetti ed ex coordinatore del Servizio organizzazione sicurezza sul lavoro e poi al Sesl, i due enti interni all’azienda che avevano il compito di monitorare lo stato di salute degli ambienti, a mischiare le carte in tavola. Era stato lui, nell’agosto 2013, a dire al sostituto procuratore Lorenzo Boscagli (ora pm a Prato) del talco contaminato da tremolite d’amianto. Che quel materiale fosse pericoloso lo dice una nota del Politecnico di Torino, datata febbraio 1981.
Nel 2013 a Fornero viene mostrato un appunto del 30 aprile 1986 in cui lui annota: «La giacenza attuale viene smaltita come rifiuto» e ai magistrati Fornero giustifica così quella soluzione tardiva: «Noi del Servizio ecologia avevamo rilevato la presenza dell’amianto nell’81. Ci hanno messo 5 anni a decidere». Ieri, in aula, lui dichiara tutt’altro. «Il talco contaminato non è vero che fu sostituito nel 1986, ma fu cambiato nel 1981».
L’influenza dell’avvocato
Di fronte alle contestazioni del pm, Laura Longo, il testimone si contraddice più volte, tenta di spiegare. Non convince affatto. Il pm chiede a Fornero se delle dichiarazioni rilasciate nel 2013 e messe a verbale ne avesse parlato successivamente con qualcuno. Fornero nega. Poi, incalzato anche dal giudice, ammette di averne parlato ad ottobre dello scorso anno con un avvocato. «Con chi?» chiede il pm. Con il legale che difende Maria Luisa Ravera, all’epoca a capo del Servizio ecologia, referente di Fornero e ora tra i 18 imputati. L’avvocato ad ottobre lo interroga e inserisce Fornero anche nella propria lista testimoni. È nelle sue facoltà. Ma la domanda è: fino a che punto si è spinto? Può aver influito sulle dichiarazioni rese in aula dal testimone? Fornero spiega di essersi recato, dopo l’interrogatorio con il legale di Ravera, da Silvana Cerutti, l’ispettore dello Spresal che ha portato avanti le indagini: «Volevo dirle che ne avevo parlato con l’avvocato, volevo parlare con lei della questione del talco».
Gli altri dubbi
Ci sono, poi, le dichiarazioni di Luisa Arras, anche lei al Sesl, ma faceva analisi alle strutture. A Boscagli, nel 2013, riferì in verbali che «quando c’erano valori che non andavano bene o si ripeteva l’esame o non si citava il dato». Di fronte alle domande in aula, ieri, Arras smentisce tutto. Sostiene di «aver sottoscritto i verbali ma di non averli riletti». «Quando fui sentita - spiega - mi riferivo ad analisi ambientali in generale».
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