La distribuzione della ricchezza dal basso
verso l’alto, grazie alle politiche di riforma del capitalismo, procede alla
grande, non solo in Italia, ma anche in Germania. Il 10 per cento delle famiglie
tedesche nel 1998 possedeva 45,1 per cento del patrimonio netto. Nel 2013
(ultimo dato disponibile) tale percentuale era al 51,9 per cento. Un aumento di
oltre il sei per cento. Quando quest’anno sarà pubblicato il V rapporto su
povertà e ricchezza da parte del Bundesministerium für Arbeit und
Soziales, non ci sarà da sorprendersi se tale percentuale di patrimonio
sarà ancora maggiore.
Va ricordato che il patrimonio fino a un
milione di euro, in Germania, è esentasse. Poi scatta un’inesorabile imposta del
cinque per cento. Un’infamia per i risparmiatori tedeschi, certo.
Nel 1998 il 50 per cento delle famiglie
tedesche più povere possedeva il 2,9 per cento del patrimonio netto. Nel 2013 si
era arrivati all’1 per cento del patrimonio. Ciò significa, secondo i miei
sofisticati calcoli statistici, che la loro percentuale di ricchezza si è
ridotta di due terzi. Inoltre, ed è un dato che sospetto essere assai
significativo dal punto di vista politico, circa il 47 per cento del patrimonio
netto è appannaggio del 40 per cento di quella parte di popolazione che in
termini sbrigativi possiamo inquadrare nella classe media. Si tratta dello
zoccolo sociale (cui va aggiunto il 10 per cento dei ricchi) che consente al
sistema politico e sociale tedesco di sentirsi al sicuro, nonostante la
tendenza.
Tuttavia le proiezioni statistiche, per quanto
importanti, non riescono a mostrare una realtà sociale molto più complessa,
laddove la disuguaglianza sociale in Germania è molto più pronunciata di quanto
appaia dai nudi numeri. E se ciò vale per i redditi più bassi, vale anche per
quelli molto più elevati: è difficile per gli statistici raccogliere dati
precisi su redditi da capitale. Anche in Germania.
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