Cara di Mineo
Il business dei profughi fantasma “Badge-truffa al Cara di
Mineo”
Centinaia di migliaia di euro sottratti allo Stato in
quattro anni per pagare la permanenza di persone già fuggite dal centro o
assenti all’appello. Lo ha scoperto la Procura di Caltagirone. E ad Agrigento 7
indagati: lucravano sull’accoglienza
MINEO. Louay è uno di quelli che, nel Cara degli scandali,
c’è stato meno di 48 ore. Come tutti i siriani, gli eritrei e i somali mandati
qui dopo essere stati soccorsi nel Canale di Sicilia, non si è fatto prendere
le impronte né identificare. Di chiedere l’asilo in Italia non aveva alcuna
intenzione.
La reale entità della truffa del badge è ancora in fase di
quantificazione, ma il meccanismo è chiarissimo. Quando i migranti vengono
condotti al Cara viene loro consegnato un badge che dà diritto ad usufruire di
tutti i servizi del centro: dalla mensa all’emporio all’ambulatorio. E che,
naturalmente, serve agli ospiti per entrare ed uscire dal centro. Quando non
viene utilizzato per tre giorni di fila, il badge va in allarme, segnalando
l’assenza dal Cara del migrante in questione. Dopo ulteriori due giorni di
inattività, il tesserino magnetico viene automaticamente disattivato. E se, per
i primi tre giorni di “assenza” i 35 euro di diaria sono comunque dovuti al
gestore, passate le 72 ore, nulla più sarebbe dovuto. Ed è proprio qui che si
innesta la truffa. Perché le assenze che vengono automaticamente registrate dal
sistema computerizzato del Cara non sarebbero state segnalate alla Prefettura
che, dunque, dal 2011 ad oggi avrebbe continuato a pagare diarie non dovute per
giorni, settimane, mesi per migliaia di migranti fantasma.
L’inchiesta condotta dal procuratore Verzera sta poi
vagliando un’ulteriore ipotesi: che possa esserci stato anche un fiorente
“mercato” parallelo di badge attivi lasciati dai migranti fuggiti e gestiti dai
terminali delle organizzazioni di trafficanti molto attivi nel centro. Come ha
svelato alcuni mesi fa un’inchiesta della Dda di Palermo, le cellule siciliane
dei trafficanti libici sarebbero state in grado di far entrare abusivamente nel
Cara di Mineo centinaia di loro “clienti”, ospitandoli lì a spese dello Stato
in attesa di organizzare per loro (ovviamente dietro un ulteriore pagamento)
l’ultima tappa del loro viaggio con destinazione Nord Europa.
Il nuovo filone di indagine, del quale il procuratore
Verzera ha già informato la commissione antimafia, la commissione d’inchiesta
sull’accoglienza ai migranti e quella sulle libertà civili della Ue, arriva nel
momento in cui il Cara di Mineo (pesantemente coinvolto nell’inchiesta romana
su Mafia capitale) ha subito un improvviso ridimensionamento: dal dipartimento
per le libertà civili e l’immigrazione diretto dal prefetto Mario Morcone, che
in questi anni ha destinato a Mineo più di 4000 persone contemporaneamente, è
arrivato l’ordine di dirottare altrove i migranti. E adesso il numero degli
ospiti è sceso sotto quota 2.000, con la conseguente riduzione della forza
lavoro. Dei circa 700 lavoratori del centro (a cui si sommano le migliaia
dell’indotto e dei centri Sprar del circondario) più di 150 hanno ricevuto
preavviso di licenziamento.
Anche altre Procure accendono i riflettori su truffe
analoghe. Ad Agrigento i pm Vella e Delpini, coordinati dal procuratore Renato
Di Natale, hanno mandato la Guardia di finanza a perquisire gli uffici della
Omnia Academy, un’associazione che gestisce comunità di accoglienza di migranti
in quattordici comuni e che ha visto lievitare il suo volume d’affari in un
solo anno da un milione e mezzo a cinque milioni di euro. Sette gli indagati
per truffa ai danni dello Stato e falso.
la Repubblica • 15 ott 15
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