In un clima da contesa
epocale, tutta nel chiusa del Palazzo però, il governo Renzi ha
imposto e fatto approvare un pezzo della riforma costituzionale che
porta alla cancellazione del Senato così come lo è stato fino ad
adesso.
Il governo Renzi, che in
questo caso è stato comunque un governo Verdini-Berlusconi, ha
spianata l'opposizione interna del PD che come sempre per ragioni di
poltrone non voleva altro che farsi spianare, e sotto la regia del
risuscitato Napolitano ha portato a casa il risultato.
E' inutile quindi assumere
i contenuti e i particolari della nuova riforma di cui sono pieni la
stampa borghese; contenuti e particolari buoni per confondere la
sostanza della questione piuttosto che chiarirla.
Il Senato diviene un grottesco istituto fatto di 100 consiglieri regionali e sindaci che permette a costoro di godere dell'immunità parlamentare di cui avranno senz'altro bisogno, visto che, è evidente, i consiglieri regionali sono la parte più manifestatamente corrotta dei partiti e dell'attuale classe dirigente.
Il Senato diviene un grottesco istituto fatto di 100 consiglieri regionali e sindaci che permette a costoro di godere dell'immunità parlamentare di cui avranno senz'altro bisogno, visto che, è evidente, i consiglieri regionali sono la parte più manifestatamente corrotta dei partiti e dell'attuale classe dirigente.
Peraltro una spudorata
logica di scambio, se si pensa che la riforma contiene una riduzione
dei poteri della Regione a cui proprio i consiglieri regionali
avrebbero dovuto opporsi.
Ma, ripetiamo, questa non
è la questione principale, e meno che mai lo è il sistema
elettorale, una sorta di complicata farsa totalmente in mano alle
segreterie dei partiti.
Se dovessimo basarci su
questo, questa riforma è l'ennesima porcata ininfluente nella
sostanza politica e importante solo per alimentare il degrado del
ceto politico dominante.
Ma, in realtà, il cuore
della riforma, salutata da Confindustria e poteri economici del paese
come un “bel giorno per l'Italia”, è la marcia verso la
dittatura aperta, moderno fascista. E' il meccanismo che permette al
governo di accelerare e sottrarre al controllo parlamentare le sue
leggi e i suoi provvedimenti.
Il bicameralismo è stato
sempre una forma per ridurre il potere dei governi è aumentare il
peso dei parlamenti eletti, un cemento importante della divisione dei
poteri dell'a democrazia borghese. Per questo esso è stato sempre
bersaglio delle forze di estrema destra, dei sostenitori del
presidenzialismo, del governo forte e dello Stato forte.
E' bene ricordare che con
queste posizioni reazionarie ha dialogato e le ha supportato il morto
recente Ingrao che proprio dalle file del Pci nel periodo in cui era
presidente della Camera si mosse in direzione dell'unicameralismo e
del decisionismo di Stato che sempre in regime capitalista è
posizione reazionaria, di rafforzamento della dittatura del capitale.
E' evidente, quindi, che
noi non possiamo che essere d'accordo con chi ha definito la riforma
una sorta di “colpo di Stato parlamentare”, con chi ha parlato di
fascismo e con il titolo de Il Manifesto che parla di “legge che
dissolve l'identità della Repubblica nata dalla Resistenza”.
Ma chi fa queste
affermazioni, quali conseguenze poi trae? Quali indicazioni dà per
rispondere a questo passaggio.
La riforma del Senato è
un tassello della marcia moderno fascista che ha come cemento
necessario la dittatura personale sancita da una legge elettorale,
chiaramente liberticida e da una riforma presidenzialista, passaggi
inevitabili futuri.
Visto così quello che
succede nel Palazzo dovrebbe e avrebbe dovuto interessare, purtroppo,
la classe operaia e le masse popolari del nostro paese, che sono il
bersaglio grosso ed effettivo delle attuali trasformazioni
reazionarie dello Stato, saldamente unite al jobs act, all'attacco al
diritto di sciopero, allo Stato di polizia, alla partecipazione e
all'interventismo nella guerra imperialiste, al clima culturale di
rimozione della democrazia nata dalla Resistenza.
Alla politica della
borghesia, del suo Stato, dei suoi governi si risponde con la
politica operaia e popolare e non c'è lotta sociale che tenga, che
possa sostituire la necessità della politica proletaria che alla
marcia reazionaria risponda con la marcia rivoluzionaria.
Politica proletaria che
domanda la costruzione del partito per condurla, partito proletario e
rivoluzionario che opponga al moderno fascismo la nuova Resistenza,
come guerra di popolo. Partito proletario indispensabile per
costruire il fronte unito delle masse, della forze sociali e
politiche che non sono d'accordo con Renzi, col moderno fascismo, col
sistema dominante. Partito, fronte unito e forza combattente. Perchè
anche questa riforma è l'esercizio di una violenza sulla
Costituzione, sulla democrazia e i diritti delle masse, che può
essere contrastata e spazzata via solo dai proletari e dalle masse
combattenti.
proletari comunisti - PCm Italia
16 ottobre 2015
Nessun commento:
Posta un commento