mercoledì 14 ottobre 2015

pc 14 ottobre - La Nato prepara la guerra con le manovre Trident Juncture 2015


 
Trident Juncture 2015, la Nato prepara altre guerre 
Tommaso Di Francesco e Manlio Dinucci 

Prende il via oggi in Italia, Spagna e Portogallo, dopo due anni di preparazione, la Trident Juncture 2015 (TJ15), una delle più grandi esercitazioni Nato. Vi partecipano oltre 230  unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di 28 paesi alleati e 7 partner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra, anzitutto cacciabombardieri a duplice capacità convenzionale e nucleare. La prima fase (3-16 ottobre) testerà la capacità strategica e operativa dei comandi Nato; la seconda (21 ottobre-6 novembre) si svolgerà «dal vivo» con l’impiego delle unità militari.

La TJ15, annuncia un comunicato ufficiale, «dimostrerà il nuovo accresciuto livello di ambizione della Nato nel condurre la moderna guerra congiunta». Dimostrerà in particolare «la capacità della Forza di risposta della Nato nel pianificare, preparare, dispiegare e sostenere forze nelle operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza».

Quale sia il raggio d’azione della «Grande Nato», che dal Nord Atlantico è arrivata sulle montagne afghane e mira oltre, lo dimostra il fatto che alla Trident Juncture 2015 partecipa l’Australia. Significativo è che vi prenda parte anche l’Ucraina, paese che la Nato sta ormai incorporando, dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia (demolita con la guerra nel 1999). Gli altri paesi non-Nato partecipanti alla TJ15 sono Austria, Svezia, Finlandia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia.

Nell’esercitazione, la Nato coinvolge alcune organizzazioni e agenzie internazionali (come la Croce Rossa e la Usaid). Si scopre così una «Nato umanitaria», impegnata nel «mantenimento della pace»: il segretario generale Stoltenberg, il 28 settembre a New York, ha assicurato che «la Nato è pronta ad appoggiare le Nazioni Unite per rendere le sue operazioni di peacekeeping più sicure ed efficaci».  

Partecipa alla prima fase della TJ15 anche l’Unione europea. Il coinvolgimento della Ue nella grande esercitazione di guerra della Nato riporta in primo piano la questione politica di fondo. L’art. 42 del Trattato sull’Unione europea stabilisce che «la politica dell’Unione rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico». Poiché sono membri della Alleanza 22 dei 28 paesi della Ue, è evidente il predominio della Nato. Inoltre, il protocollo n. 10 sulla cooperazione istituita dall’art. 42 sottolinea che la Nato «resta il fondamento della difesa collettiva» della Ue, e che «un ruolo più forte dell'Unione in materia di sicurezza e di difesa contribuirà alla vitalità di un'Alleanza atlantica rinnovata». Rinnovata sì, ma rigidamente ancorata alla vecchia gerarchia: il Comandante supremo alleato in Europa è sempre nominato dal presidente degli Stati uniti e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave.

Tramite la Nato, al cui interno i governi dell’Est sono legati più a Washington che a Bruxelles, gli Usa influiscono non solo sulla politica estera e militare della Ue, ma complessivamente sui suoi indirizzi politici ed  economici. Sono così riusciti a trasformare l’Europa in prima linea di una nuova guerra fredda, che si sta allargando alla regione Asia/Pacifico, continuando allo spesso tempo a usarla come ponte di lancio delle operazioni militari Usa/Nato in Medioriente e Africa. Con la  collaborazione delle oligarchie politiche ed economiche europee che, pur in concorrenza con quelle statunitensi e anche l’una con l’altra, convergono (pur a differenti livelli) quando si tratta di difendere l’«ordine economico mondiale» dominato dall’Occidente, oggi messo in discussione dai Brics e altri paesi emergenti.

In tale quadro l’Italia continua a distinguersi per la sua subalternità agli Stati uniti e quindi per la sua «fedeltà atlantica». Riguardo alla Trident Juncture 2015, comunica il governo, «sin dal 2013 l'Italia aveva anticipato all'Alleanza una prima offerta di assetti, basi e poligoni»: il centro di Poggio Renatico (Ferrara), il primo divenuto operativo del nuovo Sistema di comando e controllo aereo Nato, che potrà lanciare operazioni di guerra aerea in un’area di oltre 10 milioni di km quadrati, dall’Europa orientale all’Asia e all’Africa; e, per il dispiegamento delle forze aeree, «le basi di Trapani, Decimomannu, Pratica di Mare, Pisa, Amendola e Sigonella». Partecipano alla TJ15 anche le navi impegnate nell’esercitazione «Mare Aperto» e unità dell’esercito inviate a Capo Teulada (Sardegna), in Spagna e Portogallo.

Il governo nega il coinvolgimento del Joint Force Command di Napoli (con uno staff di 800 militari al quartier generale di Lago Patria), in quanto la TJ15 è guidata dal Joint Force Command di Brunssum (Olanda). Sconfessato dalla stessa Nato: il comando Nato di Napoli – diretto dall’ammiraglio Usa Ferguson  che è anche comandante delle Forze navali Usa in Europa, delle Forze navali Usa del Comando Africa e delle Forze Nato in Kosovo – svolge nel 2015 il ruolo di comando operativo della «Forza di risposta» (40mila effettivi) che viene testata nella Trident Juncture. Nel 2016 il comando passerà a Brunssum, alternandosi annualmente con Napoli.

Dulcis in fundo, la Nato annuncia che ha «invitato quest’anno alla Trident Juncture, per la prima volta, un gran numero di industrie della difesa perché, partecipando all’esercitazione, trovino soluzioni tecnologiche per accelerare l’innovazione militare». La Trident Juncture 2015, il cui costo è segreto ma sicuramente ammonta a miliardi di dollari, prepara così altre enormi spese per l’acquisto di armamenti. Il tutto pagato con denaro pubblico, ossia direttamente e indirettamente dai cittadini.

(il manifesto, 3 ottobre 2015)
Missione Nato in «East Cerasia» 
Manlio Dinucci
  

«Nella East Cerasia (Cerasia dell’Est), un paese ha invaso un paese vicino più piccolo e minaccia di invaderne un altro. Le implicazioni della crisi sono globali. La Nato lancia una missione internazionale di assistenza e appoggio per proteggere gli Stati minacciati»: questo è lo scenario che viene «simulato» dall’esercitazione Trident Juncture 2015 (TJ15).

I nomi, spiega la Nato, sono «fittizi». Non ci vuole però molta immaginazione per capire che la «Cerasia dell’Est» è l’Europa dell’Est e «il paese invasore» è la Russia, accusata dalla Nato di aver invaso l’Ucraina e di minacciare altri Stati dell’Est. Quella in corso in Italia, Spagna e Portogallo è dunque una prova reale di guerra sul fronte orientale.

Nella fase iniziale (3-16 ottobre), nel centro di Poggio Renatico (Ferrara), il primo operativo del nuovo Sistema di comando e controllo aereo Nato, 400 militari di 15 paesi «simulano gli eventi da affrontare». Quindi, dal 21 ottobre al 6 novembre, si svolge la Livex, l’esercitazione «dal vivo» con oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze speciali di 28 paesi alleati e 7 partner (tra cui l’Ucraina), comprendenti 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra.

Nella TJ15, le operazioni terrestri sono controllate dal Landcom, il Comando delle forze terrestri Nato con quartier generale a Izmir (Turchia), agli ordini del generale Usa Nicholson, che ha inviato sul campo oltre 250 membri del suo staff. Quelle marittime, dal Marcom, il Comando delle forze navali Nato con quartier generale a Northwood (Gran Bretagna), agli ordini dell’ammiraglio britannico Hudson. Quelle aeree, dallo Aircom, il Comando delle forze aeree Nato con quartier generale a Ramstein (Germania), agli ordini del generale Usa Gorenc che è anche comandante delle forze aeree Usa in Europa e di quelle per l’Africa. 

La TJ15 serve a testare la capacità della «Forza di risposta» (40mila uomini), in particolare della sua «Forza di punta ad altissima prontezza operativa» proiettabile in 48 ore fuori dall’area Nato sia verso Est che verso Sud, il cui comando operativo viene esercitato nel 2015 dal Joint Force Command di Lago Patria (Napoli), agli ordini dell’ammiraglio Usa Ferguson che è anche comandante delle Forze navali Usa in Europa e di quelle per l’Africa.

L’Italia, comunica il governo, ha fornito per l’esercitazione «assetti, basi e poligoni». Particolarmente importanti le basi e i poligoni per le forze aeree, che la Nato così elenca: Pisa e Grosseto in Toscana, Pratica di Mare nel Lazio, Amendola in Puglia, Decimomannu e Teulada in Sardegna, Sigonella e Trapani in Sicilia, cui si aggiunge la portaerei Cavour come base galleggiante.

Alla vigilia della Livex, il 19 ottobre, si svolgerà all’aeroporto di Trapani Birgi la cerimonia di apertura, con la partecipazione di alcuni dei massimi rappresentanti militari italiani e Nato, seguita da una conferenza stampa e dal sorvolo degli aerei da guerra (Eurofighter 2000, F-16, Amx e altri), italiani, polacchi, greci e canadesi, più un aereo.radar Awacs rischierato a Trapani dalla base Nato di Geilenkirchen (Germania).

 Niente cerimonie, invece, alla base di Decimomannu, usata anche da aerei sloveni, e al poligono di Teulada dove si eserciteranno anche forze terrestri. L’esercitazione Livex «dal vivo», con bombe e missili che esplodendo spargeranno nell’ambiente uranio impoverito, altri metalli pesanti e sostanze chimiche tossiche, seminerà altra morte provocando tumori e malformazioni genetiche. Pagando con denaro pubblico, ricavato dai tagli alle spese sociali, le spese vive della Livex.

(il manifesto, 13 ottobre 2015)


Nessun commento:

Posta un commento