Inedito
– Un documento rinvenuto recentemente presso l’archivio centrale dello
Stato getta nuova luce sugli appoggi internazionali ai gruppi della
estrema destra italiana degli anni 80
Le
continue indiscrezioni sul “lodo Moro” (il protocollo segreto messo a
punto nel 1973 dai Servizi di sicurezza italiani con le forze della
resistenza palestinese, Olp-Fplp, che trasformava l’Italia in una zona
franca dove le forze palestinesi si astenevano dal commettere azioni
armate in cambio del libero passaggio di loro esponenti e di armi e del
sostegno politico-diplomatico, italiano alla loro causa), e la campagna
della Destra sulla cosiddetta «pista palestinese» nella vicenda della
strage di Bologna, hanno fortemente condizionato l’opinione pubblica,
deformando la percezione attuale del contesto storico presente agli
inizi del decennio 80 del secolo scorso.
Una
semplificazione che ha ridotto l’estrema complessità della realtà
mediorientale all’interno della quale non operavano solo le forze
palestinesi e arabe ma avevano un peso ed un ruolo, certamente non meno
significativo se non forse più decisivo, altri Paesi la cui attività
resta ancora oggi sottovalutata e poco studiata.
Mi
riferisco, ad esempio, al ruolo giocato dallo stato d’Israele, un
attore della scena mediterranea che ha inciso non poco, stando anche ad
alcune inchieste condotte dalla magistratura, in alcuni momenti chiave
del nostro Paese, cercando di condizionare la politica energetica e
l’orientamento della politica estera italiana.
I neofascisti italiani e le milizie maronite
E’
nota da tempo la presenza, a partire dall’estate del 1980, di un
nutrito gruppo di
militanti dell’estrema destra triestina e romana, questi ultimi appartamenti ai Nar, tra le fila delle milizie cristiano-maronite in Libano.
Una testimonianza di Gabriele De Francisci, esponente dei Nar, raccolta da Nicola Rao in La fiamma e la celtica, Sperling & Kupfer, (p. 881), riferisce come dopo l’esplosione della bomba alla stazione di Bologna iniziò la diaspora nera: esponenti, tra cui alcuni dirigenti di Terza Posizione, ripararono in Gran Bretagna, molti altri – tra cui una pattuglia dei Nar – trovò rifugio in Libano.
militanti dell’estrema destra triestina e romana, questi ultimi appartamenti ai Nar, tra le fila delle milizie cristiano-maronite in Libano.
Una testimonianza di Gabriele De Francisci, esponente dei Nar, raccolta da Nicola Rao in La fiamma e la celtica, Sperling & Kupfer, (p. 881), riferisce come dopo l’esplosione della bomba alla stazione di Bologna iniziò la diaspora nera: esponenti, tra cui alcuni dirigenti di Terza Posizione, ripararono in Gran Bretagna, molti altri – tra cui una pattuglia dei Nar – trovò rifugio in Libano.
Il
soggiorno libanese era stato anticipato già nel 1979 dall’arrivo dei
triestini (Roberto Cetin, Grilz, Capriati, Lippi, Biloslavo, Gilberto
Paris Lippi, futuro vice-sindaco di Trieste, Ciro e Livio Lai).
Nel
settembre 1980, quando la retata della magistratura, seguita
all’attentato alla stazione di Bologna contro l’area di Terza Posizione,
fece tabula rasa della rete logistica romana e delle connivenze che
avevano facilitato la sopravvivenza dei Nar fino a quel momento, si
trasferirono anche i romani Walter Sordi, Pasquale Belsito, Stefano
Procopio e Alessandro Alibrandi, tutti latitanti o quasi.
Sempre nella testimonianza resa a Rao, De Francisci racconta che in quel frangente Alibrandi fu colpito «dall’efficenza
militare degli israeliani. Del resto lui e gli altri si addestravano
nei campi della Falange, ma gli istruttori erano israeliani. Lui era
innamorato di Tsahal, le forze armate con la stella di Davide, e della
sua spregiudicatezza».
La polizia sapeva
Ecco apparire, dunque, la prima ombra della presenza israeliana: istruttori militari di Tsahal addestrano latitanti della estrema destra già ricercati per rapine ed omicidi.
La presenza tra le milizie maronite libanesi dei neofascisti italiani
era nota alle forze di polizia italiane, in una relazione della
questura di Bologna, inserita nell’istruttoria per la strage del 2
agosto 1980, si spiega come «il nucleo più agguerrito del Fdg triestino si è recato a più riprese in Libano» usando come tramite le comunità dei cristiano maroniti in Italia che «alla
perenne ricerca di combattenti per la loro causa contro i palestinesi
(…) fornirebbero indicazioni e documenti a chi faccia richiesta di
recarsi in Libano – previo accertamento sulla effettiva militanza di
destra» dei volontari (l’accertamento, spiegano gli inquirenti, veniva effettuato «tramite controlli con il Msi-Dn o qualche organizzazione parallela», quindi funzionando da «centrali di smistamento e reclutamento» per chi volesse recarsi in Libano, ed indirizzati all’ambasciata libanese di Atene per il visto d’ingresso, in Claudio Tonel, Dossier sul neofascismo a Trieste, Dedolibri 1991, p. 157.
Peraltro, Alessandro Alibrandi, che restò in Libano fino al giugno 1981, non mancò di rassicurare i propri famigliari: «numerose telefonate sono intercettate, anche se i controlli subiscono frequenti, immotivate interruzioni», Ugo Mari Tassinari, Fascisteria, Sperling & Kupfer, p. 177.
Le protezioni israeliane di Alibrandi
Fin
qui abbiamo riassunto una storia già nota. Ma c’è un fatto nuovo che
riapre la questione proponendo nuovi scenari tutti da indagare: una nota
del Sisde del 25 giugno 1981, che porta in calce la firma di Vincenzo
Parisi, presente tra le carte rese accessibili dalla Direttiva Renzi (vedi in basso la documentazione completa),
riporta le informazioni pervenute da una fonte non ancora sperimentata
(il servizio scrive di «non valutabile attendibilità») che «si è recentemente recata in Israele».
La
precisazione è importante poiché lascia intendere che la fonte in
questione non era araba o libanese, ma con molta probabilità israeliana o
comunque di posizione a questa vicina, in ogni caso in grado di
muoversi liberamente all’interno del territorio israeliano, che «effettuando anche un viaggio ai confini libanesi»
ha consentito l’acquisizione di una serie di informazioni: una piantina
del Libano meridionale dove sarebbero ubicati alcuni campi di
addestramento di Fedayn nei quali sarebbero presenti anche stranieri: la
fonte parla di italiani, tedeschi, francesi, spagnoli e sudamericani. E
fin qui, ancora una volta, nulla di particolarmente nuovo.
Più avanti, invece, la fonte riferisce un’informazione assolutamente inedita:
«Gli
elementi di destra, combattenti a fianco dei cristiano-maroniti
eventualmente feriti in Libano, sarebbero trasportati all’ospedale
militare israeliano di Nahariya, dove sarebbe stato ricoverato anche il
noto Alessandro Alibrandi; il medico militare che curerebbe questi
feriti avrebbe studiato in Italia e si chiamerebbe Lukacs».(1)
Questa
informazione, se trovasse conferma, avrebbe senza dubbio un valore
dirompente: è impensabile credere, per la grande qualità informativa
dell’intelligence israeliana, che la reale identità di Alibrandi non
fosse nota al momento del suo ingresso in territorio israeliano per
essere curato in un ospedale militare.
Non
abbiamo trovato traccia delle modalità di lavorazione di questa
notizia, e dunque non possiamo permetterci per il momento considerazioni
più assertive, salvo sottolineare la presenza di santuari, questi sì
invalicabili, indicibili e imperscrutabili a differenza d’altri di cui
si vocifera in continuazione.
Note
1. Direttiva Renzi (2014)/ Ministero dell’Interno/ Direzione centrale della polizia di prevenzione/ stazione di Bologna 1980/ Procedimento penale 344/80 [1980-1988]/ Corrispondenza varia. Accertamenti e istruttoria 1980-1986]/ Organizzazione lotta per la Palestina (OLP) (1980-1982)/ 2: Campi di addestramento Alibrandi (1980-1981)/ 2: Trasmissione appunto pervenuto al Sisde (1981 giugno 26) / 1: Appunto con cartina del libano meridionale indicante i campi di addestramento di Fedayn (1981 giugno 25)
1. Direttiva Renzi (2014)/ Ministero dell’Interno/ Direzione centrale della polizia di prevenzione/ stazione di Bologna 1980/ Procedimento penale 344/80 [1980-1988]/ Corrispondenza varia. Accertamenti e istruttoria 1980-1986]/ Organizzazione lotta per la Palestina (OLP) (1980-1982)/ 2: Campi di addestramento Alibrandi (1980-1981)/ 2: Trasmissione appunto pervenuto al Sisde (1981 giugno 26) / 1: Appunto con cartina del libano meridionale indicante i campi di addestramento di Fedayn (1981 giugno 25)
* da Insorgenze
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